22.9.15

Mickey Mouse. Perché il simbolo Usa fu un topo e non un coniglio (Mariuccia Ciotta)

Il mondo sarebbe stato diverso se nel 1928 l’Universal non avesse deciso di schierarsi con il produttore Charles Mintz contro Walt Disney. E non gli avesse tolto per contratto il primo divo di carta: Oswald, the Jucky rabbit.
Il «paese delle meraviglie», dove abita Alice e tutto l’immaginario, non sarebbe stato popolato da un animaletto ritenuto dai più disgustoso. Ma al contrario avrebbe eletto a simbolo di simpatia e lealtà una creatura morbida e batuffolosa, priva di malizia e senz’altro di coraggio, di spocchia e di ogni altro carattere «virile» e patriottico.
L’America si sarebbe identificata con un coniglio.
Non che un topo sia più degno di rappresantare una grande nazione, ma certo può vantare doti - per esempio la velocità e l’intuizione (Mickey Mouse è un detective) - negate dalla natura all'altro roditore.
E ci mancò poco. Oswald, il coniglio fortunato esordì nell’aprile del 1927 come padre estremamente prolifico nel cartoon Poor papa. Ma la Universal Film Exchanges di New York espresse subito il suo disappunto a Walt Disney (che si era già fatta una buona fama con la serie delle «Alice comedies», mix di cartoon e attori in carne e ossa): Oswald mancava di gioventù e romanticismo, anzi era vecchio, grasso e trasandato. Insomma, un conigliaccio alle prese con una prole affamata immagine sconsigliabile alla vigilia del crollo di Wall Street.

Oswald, primo eroe di carta
Disney accettò la critica: “voglio dare a Oswald una personalità piùprecisa – dichiarò - e creare un personaggio veramente simpatico … saremo in grado (era Ub Iwerks il disegnatore e l’animatore) di realizzare una serie bomba. Gli abbiamo tolto le bretelle e cambiato notevolmente la faccia...».
Oswald era il suo primo eroe e con lui Walt doveva misurarsi per farne l’idolo del grande schermo. Così il «povero papà» diventò più morbido, più rotondo, più allegro. Aveva testa e corpo perfettamente circolari. «Indossava» un cappuccio nero come Mefistofele, l’attaccatura dei «capelli» formava tre punte, una sulla fronte e due sui lati del viso. Aveva occhi oblunghi, neri come il naso a patata, guanti bianchi, un paio di braghette corte con due grandi bottoni e ai piedi due scarponcini bombati.
La descrizione come si vede corrisponde perfettamente a quella di Topolino, senonché Oswald era un coniglio e portava fieramente in testa due lunghe orecchie mobili.
Il lavoro cominciato da Disney e Iwerks ottenne subito un buon risultato. Le riviste del settore accorsero Oswald con entusiasmo. Film Daily scrisse che Trolley Troubles era uno schianto. Motion Picture News trovò Great Guns “pieno zeppo di humour” e predisse un trionfo per tutta la serie. Moving Picture World sosteneva che «oltre a portare una nota nuova nel mondo dei cartoons rappresentando un coniglio, queste creazioni di Disney sono intelligenti, vive, divertenti...». Oswald, con i suoi «gesti ed espressioni umane, dovrebbe incontrare il favore di ogni tipo di pubblico».
E così fu, il pubblico gradì le gesta dello scatenato roditore antropomorfo che, non più padre affranto, ne combinava di tutti i colori sul ritmo della comicità slaptick.

Un coniglio fortunato
Ora nessuno lo ricorda più, ma Oswald, morto in età acerba per colpa di un Topo, raggiunge l’apice della popolarità e fu uno dei protagonisti del primo merchandising. Tutte le ditte per prodotti destinati all’infanzia lo vollero come marchio. Apparve per la prima volta su un candito ricoperto di cioccolato della Vogan Candy Corporation di Portland. L’involucro recava la scritta: «Occhio a Oswald della Universal Pictures». La Philadelphia Badge Company lanciò sul mercato un distintivo con la sua effige e la Universal Tag e Novelty Company mise in commercio una scatola di stampini per la riproduzione di Oswald.
Disney assunse nuovi disegnatori, e Ub Iwerks e gli altri animatori cominciarono a sfornare un cartoon ogni due settimane.
Walt e il fratello Roy ingrandirono gli Studi e comprarono due appezzamenti di terreno in Lyric Avenue. Oswald segnò così il primo decisivo passo della fortuna Disney.
Ma il business prese il sopravvento e ai rinnovo del contrarre per i diritti sul cartoon, nel febbraio 1928, Charles Mintz, appoggiato dalla Universal, dopo aver «rubato a Disney gran parte dei disegnatori, dettò le sue regole: o Walt accettava di lavorare alle sue dipendenze o gli avrebbe tolto Oswald.
Fu così che il coniglio restò orfano e si avviò verso una triste fine, cosa che conferma, se mai ce ne fosse ancora bisogno, che Disney, nonostante fosse un «mediocre disegnatore», era un genio, anzi un dio, l’unico a saper infondere il soffio vitale a creature inanimate. La Universal se ne liberò presto a favore del nuovo venuto.
Tutte le leggende che seguirono sulla nascita di Topolino affondano nella morte di Oswald. Disperato per aver perso il suo coniglio, Walt nel viaggio di ritorno da New York a Los Angeles, immaginò un nuovo personaggio che assomigliasse al caro defunto. Bastò tagliargli le orecchie e aggiungere una codina sottile in fondo alle braghette. Si disse che Walt si era ispirato a un vero topolino che giocava intorno al suo tavolo da disegno di Kansas City, ma sono frottole.
Mickey Mouse erala reincarnazione di Oswald e ne ereditò persino una serie di gag.
Mickey Mouse (doveva chiamarsi Mortimer ma a Lily, moglie di Walt, non piaceva, lo trovava troppo solenne per un «animale») con la voce in falsetto del suo creatore (Oswald invece era muto) fu presentato in anteprima il 15 maggio 1928 sullo schermo di un cinema del Sunset Boulevard. Titolo dello short: Piane Crazy. Ma la prima uscita pubblica di Topolino avvenne a New York con Steamboat Willie, corredato da una pista sonora sincronizzata. In scena anche Minnie, che, insieme al suo fidanzato, trasforma un battello in una pittoresca orchestra, dove basta tirare la coda a una capra o battere con un martello sui denti di una mucca per ottenere le più dolci melodie. Mickey che ha ancora un musetto appuntito ed è piuttosto insolente (poi diventerà un vero signore metropolitano) lasciò tutti senza fiato.
E quando gli Studi proposero un altro cartoon, l’inquietante The Skeleton Dance, la danza degli scheletri, la Universal fu perentoria: «Questa roba non la vogliono. Vogliono altri topi».
Tutto il mondo voleva altri topi. Nel 1929, anno non felice per gli States, Mickey era l’idolo nazionale. Era l’America. E lo slogan, che circolò tra i consumatori e i fans delle centinaia di club intitolati al suo nome, gridava: «Cosa? Niente Topolino?».

Mickey uomo massa
Solo ai recensori tedeschi (era il 1931) la sostituzione del coniglio col topo non riuscì gradita: «Far calzare elmetti militari tedeschi a un esercito di gatti in guerra con un'armata di topi offende la dignità nazionale», scrissero.
Topolino era l’incarnazione dell’«uomo massa», era riproducibile all'infinito, era il popolo americano contro l’arroganza aristocratica del vecchio continente. Disney aveva compiuto un miracolo eleggendo il povero, ma furbo Charlot a eroe nazionale: «Abbiamo ideato un topolino - spiegava - che ha qualcosa dello spirito di Chaplin, un soldo di cacio che cerca sempre di dare il meglio di se stesso».
Chiunque può diventare Topolino, un essere nato miserabile, ma capace di combattere cattivi colossali come Gamba di legno. E dotato di un alto senso morale, per cui ogni spettatore, topo tra i topi, si poneva la stessa domanda di Disney davanti al tavolo da disegno: «Topolino lo farebbe?».
«Curiosità, fiducia, coraggio, costanza: le quattro doti che fanno avverare i sogni» (Disney) ecco perché il topo cessò di essere un topo e, come Pinocchio, diventò un ragazzo.
Che poi tutto sia dovuto a un coniglio, sacrificatosi per amor di patria, lascia da pensare. In fondo in fondo quel Mickey Mouse, criticato da alcuni (europei!) perché troppo infallibile e sicuro di sé, ha una cuore da coniglio. Il cuore umido e delicato di chi deve stare sempre in guardia (non a caso Oswald fu commissionato da Carl Laemmle, ebreo e fondatore della Universal) contro giganteschi Golia.

“La talpa il manifesto” Uomini o ratti? Vita da topi – 19 luglio 1990

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