28.9.15

Mostro per sempre (“micropolis”)

Dall'ultimo "micropolis" un commento redazionale su un fatto di cronaca e sul livello (scarso) di gran parte del ceto politico-amministrativo. (S.L.L.)
Luigi Chiatti durante il processo
Il 4 settembre 2015 Luigi Chiatti ha finito di scontare la pena assegnatagli per gli omicidi commessi, tra il 1992 e il 1993, di Simone Allegretti e Lorenzo Paolucci, 4 e 13 anni. Chi ha vissuto quei momenti non può dimenticare l'angoscia, la rabbia il senso di sgomento per delle morti così insensate. Uno sgomento che brucia anche a distanza di tanto tempo e che, ora come allora, riguarda anche la personalità dell'assassino: il geometra Luigi Chiatti, da allora per tutti il mostro di Foligno, che al processo dichiarava "Se libero ucciderò ancora". Nel luglio scorso il giudice di sorveglianza, sulla base di una perizia psichiatrica che valutava Chiatti ancora "socialmente pericoloso", aveva respinto l'istanza di scarcerazione dei suoi legali e confermato il dispositivo della sentenza originaria che prevedeva l'internamento per ulteriori tre anni in apposita struttura psichiatrica.
Nel frattempo però una legge del maggio 2014 ha stabilito la definitiva chiusura degli Ospedali psichiatrici giudiziari, che dovrebbero essere sostituiti dalle Rems (Residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza). La fine dell'orrore giuridico dei manicomi criminali dovrebbe coronare la pluridecennale lotta contro la segregazione del disagio mentale, che ebbe la legge 180 come frutto migliore, disattesa poi in varie modalità di attuazione. Proprio quello che sta avvenenendo anche ora. Il passaggio da luoghi di pura contenzione, non dissimile dai carceri, a strutture che al controllo accompagnino le necessarie misure piscologiche e sociali per favorire il reinserimento dei detenuti-pazienti, è ancora di là da venire: le Rems dovevano essere regionali, invece ne esistono per ora solo sei.
Così, quando si è presentata la questione Chiatti, sono sorte polemiche in gran parte strumentali. Prima l'allarme per una libertà che non era prevista, poi l'ansia per la destinazione del geometra ora 47enne. Il 6 settembre Chiatti è stato portato nella Rems di Capoterra in Sardegna, suscitando proteste e rimostranze, cui si è unito il sindaco della cittadina sarda che poi ha chiarito che la struttura prevede una sorveglianza di 24 ore su 24 e che comunque Chiatti vi resterà solo per tre mesi, dopo i quali dovrebbe essere trasferito in Toscana.
La stampa umbra ha dato la notizia con senso di sollievo, e su "La Nazione" del 7 settembre l'assessore regionale alla sanità Luca Bartolini ha dichiarato: "Luigi Chiatti non tornerà in Umbria. Nella nostra regione non ci sono al momento strutture adatte ad ospitarlo, ed anche se ce ne fossero, non potrebbe tornare qui. Sarebbe un affronto, uno schiaffo troppo grande per le famiglie di Simone e Lorenzo e per tutta la comunità".
In poche frasi l'assessore raggruppa un campionario sconcertante di banalità. In primo luogo perché rivendica quasi come un merito il mancato adeguamento alla legge, tanto più censurabile per una regione un tempo all'avanguardia della riforma dell'assistenza psichiatrica. Quanto all'affronto, non crediamo che il dolore di chi ha subito certe perdite aumenti o diminuisca a seconda della distanza dal colpevole, tanto più se questo ha pagato il suo debito con la giustizia. Soprattutto, questa e tante altre prese di posizione di questi giorni sottintendono la persistenza di un concetto punitivo e afflittivo della pena, una specie di desiderio di vendetta che copre con antiche suggestioni l'incapacità di affrontare seriamente e civilmente questioni difficili ma ineludibili.


micropolis, settembre 2015

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