28.10.15

Epitaffi di poeti latini (Aulo Gellio, Notti Attiche, I, XXIV)

Aulo Gellio mentre scrive le Notti Attiche
Frontespizio d'una edizione olandese (1700 ca.)
Tre illustri poeti, Gneo Nevio, Plauto e Marco Pacuvio, composero personalmente il proprio epitaffio e lo lasciarono da incidere sulla propria tomba. In virtù della loro eccellenza e bellezza ho ritenuto di doverli trascrivere in questi miei appunti.
L’epitaffio di Nevio è gonfio della superbia campana; poteva essere una giusta testimonianza se non l’avesse scritto lui stesso:
Se agli immortali fosse dato di piangere i mortali,
le divine Camene piangerebbero Nevio, il poeta.
E dopo che all’Orco egli fu consegnato come tesoro,
a Roma non sanno più parlare in lingua latina.
L’epitaffio di Plauto avremmo dubitato che sia di Plauto, se non fosse citato da Marco Varrone nel primo libro Sui Poeti:
Dopo che Plauto ha raggiunto la morte, piange la Commedia,
è deserta la Scena, e il Riso, il Divertimento, lo Scherzo
e i Ritmi innumerevoli, tutti insieme sono scoppiati in lacrime.
L’epitaffio di Pacuvio è pieno di modestia e di purezza, degno della sua elegantissima gravità:
Anche se vai di fretta, o giovane, quest’umile pietra
ti prega di guardarla, e poi di leggere quel che c’è scritto.
Qui del poeta Marco Pacuvio giacciono
le ossa. Questo solo volevo: che tu non lo ignorassi. Addio.

Postilla
Aggiungo, a corredo, il testo latino dei tre epitaffi, la cui autenticità in vero è stata dagli studiosi variamente discussa e da non pochi negata.

Nevio
Inmortales mortales si foret fas flere,
flerent divae Camenae Naevium poetam.
Itaque postquam est Orcho traditus thesauro,
obliti sunt Romae loquier lingua Latina.

Plauto
Postquam est mortem aptus Plautus, Comoedia luget,
Scaena est deserta, dein Risus, Ludus Iocusque
et Numeri innumeri simul omnes conlacrimarunt.

Pacuvio
Adulescens, tam etsi properas hoc te saxulum
rogat ut se aspicias, deinde quod scriptum est legas.
Hic sunt poetae Pacuvi Marci sita

ossa. Hoc volebam, nescius ne esses. Vale.

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