13.10.15

Etruria. Paesaggio e archeologia ( Andreas M. Steiner)

Orvieto, La Necropoli etrusca sotto la Rupe
Tutto iniziò con un libro, scritto a mano, in latino: tra il 1616 e il 1619 lo scozzese Thomas Dempster, insegnante di Diritto all'Università di Pisa, grato per l'accoglienza ricevuta, dedica a Cosimo II de' Medici il De Etruria Regali, la prima summa dettagliata sulla civiltà etrusca. Poi il libro scompare, misteriosamente. Verrà ritrovato un secolo dopo, in maniera del tutto fortuita tra gli scaffali di un antiquario fiorentino, da un giovane nobiluomo inglese in viaggio per l'Italia, Lord Thomas Coke. Siamo nel 1726 e Coke, resosi conto dello straordinario valore del manoscritto, decide di farlo stampare e ne affida la cura a Filippo Buonarroti, ministro ducale e massimo esperto della materia. Buonarroti integra il testo con commenti e tavole raffiguranti le principali opere etrusche allora note.
La pubblicazione segna l'avvio di una intensa stagione di studi e scoperte. L'anno successivo, nel 1727, nasce la prima istituzione europea di studi etruschi - L'Accademia Etrusca di Cortona - alla quale si iscriveranno i maggiori intellettuali dell'epoca. E, proprio a Cortona, la scorsa estate è stato esposto in una mostra (“Seduzione etrusca, dai segreti di Holkham Hall alle meraviglie del British Museum”) il manoscritto originale del De Etruria Regali...
L'intreccio che vede avviluppati Gran Bretagna ed Etruschi non finisce però qui, anzi si prolunga fino ai giorni nostri: lo scorso luglio, durante il festival BluEtrusco a Murlo (Siena), è stato presentato Città e necropoli d'Etruria, prima edizione integrale in lingua italiana di un altro classico dell'etruscologia, The Cities and Cemeteries of Etruria (London 1848, seconda edizione 1878) del diplomatico e archeologo inglese George Dennis (Nuova Immagine Editrice, a cura di Elisa Chiatti e Silvia Nerucci, traduzione di Domenico Mantovani). Può apparire strano che nel Paese che alla civiltà etrusca ha dato i natali, l'attenzione per un libro così rilevante si sia concretizzata solo ora. Siamo fuori tempo massimo? La domanda se la pone Giuseppe M. Della Fina, l'antichista al quale l'editore senese ha affidato l'introduzione dell'opera, suddivisa in due tomi. La risposta è negativa. Ancora oggi uno studioso del mondo etrusco continua a consultare Città e necropoli d'Etruria. Nelle sue pagine sono registrate una serie d'informazioni preziose: monumenti in uno stato di conservazione decisamente migliore rispetto al presente; musei che oggi si presentano in una forma completamente diversa o che, talora, non esistono più; collezioni private andate disperse attraverso il commercio antiquario.
E poi c'è la scrittura di George Dennis che, in poche righe, riesce a restituire impressioni e atmosfere di un paesaggio culturale che ancora oggi possiamo riconoscere. Ecco qualche esempio: «Era una giornata meravigliosa quando arrivai a Bolsena. Il cielo era senza una nube - il lago, le sue isolette, e ogni oggetto lungo le spiagge, erano immersi in una vampa di luce e di calore estivo - gli oliveti erano pieni di contadini seminudi che raccoglievano i grassi frutti - miriadi di folaghe oscuravano le acque, che nessuna vela solcava - il mio occhio spaziava per l'ampio anfiteatro formato dall'antico cratere, e da ogni lato scorgeva le colline dalla base alla cima rese oscure dalle varie tonalità del fogliame. Come era possibile credere a ciò che si presentava ai miei occhi - a ogni mio senso, e ammettere di trovarsi nel colmo dell'inverno, prima che la vegetazione avesse cacciato una gemma o un fiore? Eppure era così, ma era l'inverno dei Paesi meridionali».
Oppure: «Da Cetona a Sarteano vi sono solo quattro miglia e la strada è meravigliosa. Essa sale su un'altura ripida ed elevata, coperta di boschi e dalla cima si domina un panorama stupendo sopra la valle del Chiana - Cetona rannicchiata ai piedi del monte che le dà il nome, una massa poderosa di boschi in pendio, tutti ammantati di neve in inverno; Città della Pieve con le torri gemelle, come corna che spuntano dal ciglio delle lunghe colline buie che si estendono a sud; Chiusi, più vicina all'occhio, sopra un'altura rivale e più bassa; la vallata intermedia, con il suo tappeto grigio e bruno di boschi di ulivi e di querce; i laghi che scintillano azzurri in distanza e le cime innevate degli Appennini che ondeggiano lungo la linea dell'orizzonte».
Per leggere le bellissime pagine di Dennis, dunque, non si deve essere etruscologi. Ma amanti sì, delle antichità degli Etruschi e, soprattutto, di quel loro testimone silenzioso che, ancora oggi, è il paesaggio dell'Etruria. È il racconto di Dennis - e, anche, da non dimenticare, quello della scrittrice Elisabeth Hamilton Gray, che nel 1840 pubblicò Tour to the Sepulchres of Etruria in 1839 (ancora in attesa di traduzione!), sulla scia del quale lo stesso Dennis decise di visitare l'Etruria - a rivelarci, ora di nuovo, il vero «mistero etrusco». Un mistero che, quasi un secolo dopo The Cities and Cemeteries, un intellettuale questa volta italiano, Piero Calamandrei, riassunse con una suggestione di rara potenza: «Incantati dalla benignità di questi limitati orizzonti, qui i primitivi etruschi venuti dall'oriente s'accorsero di aver scoperto la patria: nella misura di questi panorami è il segreto della loro pensosa civiltà» (da Inventario della casa di campagna, 1938, recentemente riedito dalle Edizioni di Storia e Letteratura).
George Dennis è stato un esponente di spicco dell'archeologia del Romanticismo nel cui ambito si era formato. Per lui - pur con una salda cultura classica e una ottima conoscenza delle fonti letterarie greche e latine - la ricerca archeologica era avventura. In proposito osserva Della Fina: «confrontando l'edizione del 1848 e quella del 1878 si avverte, in più punti, il suo rimpianto per una stagione diversa e di cui comprendeva bene il progressivo esaurirsi. L'archeologo iniziava a divenire un mestiere; affascinante, ma pur sempre un mestiere. Per lui era stato altro».


“il manifesto”, 27 settembre 2015

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