4.10.15

Il mondo è ingiusto. Le curve democratiche di Oscar Niemeyer (Maurizio Giufrè)

Uno degli edifici della Fondazione Oscar Niemeyer a Brasilia
Per pura coincidenza la scomparsa di Oscar Niemeyer (1907-2012) è avvenuta mentre è sugli scaffali la sua autobiografia Il mondo è ingiusto L'ultima lezione di un grande del nostro tempo (Mondadori «Ingrandimenti», pp. 70, € 12,00) - la prima volta che il racconto della sua vita e opera è pubblicato in italiano. Ora, poiché si tratta di un testo asciutto e snello, pur se completo nei temi e nelle vicende generali, per approfondire la conoscenza dell'architetto brasiliano occorrerà riferirsi a The Curves of Time (Phaidon, 2000), oppure al saggio illustrato Minha Arquitetura 1937-2004 (Editora Revan), o, ancora, alla lunga intervista concessa a Edouard Bailby dal titolo Niemeyer parlui-mème (Balland, 1993), senza contare i numerosi studi dedicatigli da critici e storici in ogni parte del mondo.
Se Il mondo è ingiusto è a ogni modo meritevole, lo si deve all'impegno di Alberto Riva, giornalista e scrittore, che ha curato il testo e nella postfazione racconta, con affettuosa partecipazione, la prima visita nello studio di Niemeyer a Copacabana nel 2005, quando l'architetto aveva novantotto anni, e poi l'ultima, nello scorso febbraio. Stessa atmosfera della prima volta: lui sempre intento a disegnare circondato da collaboratori e familiari, la seconda moglie Vera Lucia, i nipoti e i bisnipoti. Lo studio è quello di un «umanista - scrive Riva - dove la presenza delle persone è pari a quella dei libri».
Durante la visita sono evidenti l'impegno e la difficoltà che comporta il progetto, che però è sempre qualcosa di relativo in quanto l'architettura è per lui il confronto con altre esperienze e saperi. «Preferisco leggere i Quaderni del carcere che un manuale di architettura», gli disse una volta Niemeyer. Non sarà superfluo ripetere che le sue idee si fondano su una concezione egualitaria e democratica del vivere comune, e non sono mai di per sé importanti ma sempre un «pretesto», in ogni caso efficace solo se l'architetto ha coscienza che deve «trasformare la sua professione in atto politico». Infatti, al di là dei suoi risultati estetici, la fantasia è sempre «la ricerca di un mondo migliore» perché nella città disumana e alienante non può esserci prospettiva di miglioramento della condizione sociale degli uomini se non si danno soluzioni ai bisogni dei più deboli e indifesi. Il primo compito dell'architettura è quello di fornire un programma in grado di soddisfarli. 
Auditorium Ravello
Sono queste nette prese di posizione che non rendono possibile accostare Niemeyer, come pure si è fatto, ad altri architetti di successo internazionale. Tra questi c'è chi con cinico realismo ha narrato, essendone stato sedotto, i caratteri della metropoli contemporanea, oppure chi ne ha assecondato le spinte speculative: ma nessuno tranne Niemeyer ha dichiarato che «l'umanità, oggi, ha un problema enorme e questo problema si chiama capitalismo».
Tuttavia è singolare che chi ha dichiarato con più convinzione che «il capitalismo è uno schifo» sia stato tra i più eterodossi architetti del Novecento, apparendo a volte in contrasto con la sua netta e intransigente posizione politica. «Avevo per il genio di Le Corbusier la più grande stima - scrisse nel 1987 in occasione dell'esposizione italiana della sua opera -, ma nessun entusiasmo per l'architettura razionalista i con i suoi limiti funzionali, la sua rigidità strutturale, i suoi dogmi e teorie tanto immaturi e discutibili». Niemeyer è stato un convinto fautore dell'architettura come invenzione, la quale, «in quanto invenzione, è arte». Ciò non è in conflitto con il principio d'utilità. In una pagina del libro si legge: «chi l'ha deciso che l'architettura ‘utile' deve essere brutta?».
Brasilia - Il Palazzo del Parlamento
«Se c'è qualcosa di brutto nella città di oggi non sono le differenze architettoniche e degli stili, ma la discriminazione sociale, le relazioni sociali improntate alle differenze di classe». La «varietà», le differenze, sono una qualità e una «forma di insegnamento» che deve riguardare anche l'architettura popolare. 
Chiesa a Pampulha (Belo Horizonte)
È successo così quando con il polo turistico di Pampulha (Belo Horizonte), nei primi anni quaranta, Niemeyer contesta il funzionalismo ortodosso attraverso le curve libere e sensuali dei suoi edifici sparsi nel paesaggio lacustre.
San Paulo do Brazil -  Il Palazzo Copan addobbato a festa per i 100 anni di Niemeyer
Con lo stesso spirito, teso verso «la sorpresa, lo stupore, l'inatteso», tra il 1950 e il 1960, realizza il complesso per uffici e albergo Montreal e Copan a San Paolo. Mentre è nel Centro Tecnico dell'Aeronautica a San José dos Campos (1947-53) che assembla in modo «sconnesso» e fantasioso una serie di volumi nei quali Lionello Puppi ha voluto leggere la spontaneità insediativa dei portoghesi sulla costa brasiliana tra il XVI e il XVII secolo.
Brasilia - Ministero degli Esteri
A Brasilia, la nuova capitale fondata per volontà del presidente della Repubblica Juscielino Kubitschek e inaugurata nel 1960, Niemeyer fa solo un cenno quando ricorda di Le Corbusier che in visita al Palazzo del Congresso gli dichiara soddisfatto: «Qui c'è invenzione, ci sento la libertà». È noto come il Piano Pilota di Lucio Costa sia stato compromesso dal golpe militare del 1964. Così gli edifici pubblici e residenziali disegnati dall'architetto brasiliano divennero, da solitarie creazioni plastiche dettate da un assoluto «estro fantastico», dei corpi estranei nel disordinato sviluppo urbano successivo. La dittatura durò in Brasile fino al 1978. Dovettero trascorrere dieci anni prima che i brasiliani vedessero una nuova costituzione. In quel lungo periodo «il clima era teso - scrive Niemeyer -, dovevamo continuamente comparire davanti alla polizia, giustificare le nostre idee, ma eravamo spinti dalla convinzione di essere dalla parte del giusto».
Una rampa del Museo Nazionale d'Arte contemporanea a Brasilia
L'attaccamento ai valori e ai principi è il tratto più evidente anche della sua personalità artistica. Dall'innesco della lezione lecorbusieriana - non quella macchinista e dell'angle droit, bensì quella informale di Ronchamp - Niemeyer ha tenacemente perseverato nella verifica di un programma funzionale rigorosissimo, inventore instancabile, al tempo stesso, delle infinite possibilità offerte dal cemento armato nella costruzione delle forme più audaci e liriche. La loro creazione è un «dono», riferisce Jair Valera - da circa trent'anni una delle più fedeli collaboratrici -, aggiungendo che la capacità più sorprendente di Niemeyer è stata quella di prendere un programma complicato e trasformarlo in una «soluzione semplice, logica, a cui nessuno pensava». È ciò che gli riconosce anche Mendes de Rocha che, come riporta Riva, ha affermato quanto fondamentali siano state per lui le architetture sanpaoliste di Niemeyer, come il Parco Ibirapuera, per comprendere l'importanza della «disposizione spaziale»: sempre imprevedibile come lo è la vita, oppure aperta e «democratica» come può esserlo la cattedrale a pianta centrale di Brasilia che l'architetto paulista Ruy Ohtake considera unica per l'assoluta chiarezza compositiva.
Cattedrale di Brasilia
A Niemeyer è sempre piaciuto creare chiese. Nell'ultimo capitolo ci rivela di essere impegnato a progettarne una nuova a Niteroi, perché anche la religione insegna «una maniera di vivere più umana, più ugualitaria». Anche in quest'ultima compaiono le «belle curve» ripudiate da Max Bill, così cariche di poesia da resistere eroicamente alle avversità della vita e al consumarsi del tempo.


alias talpa il manifesto”, 6 gennaio 2013

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