28.11.15

Cile 76. L'insalatiera insanguinata: la Coppa Davis nello stadio dei massacri (Pasquale Coccia)

Fu l'Estadio National di Santiago, un luogo deputato al gioco, la prigione a cielo aperto per migliaia di cileni all'indomani del golpe di Pinochet in Cile, avvenuto nel settembre del 1973. Quarant'anni fa, i generali guidati da Pinochet rovesciarono il governo popolare di Salvador Allende, e subito dopo aver sparato contro la Moneda, il palazzo presidenziale dove si era asserragliato Allende, procedettero agli arresti di massa di migliaia di antifascisti. Molti di quei prigionieri politici furono smistati nelle settimane successive per essere torturati, violentati e ammazzati. Per loro fu usato il termine desaparesidos, termine che a noi divenne tristemente noto anche per le vittime di un altro golpe fascista, quello effettuato dai generali argentini guidati da Jorge Videla il 24 marzo del 1976.
Al golpe di Pinochet è legato un evento sportivo internazionale, la finale di Coppa Davis, giocata proprio all'Estadio National che si svolse tre anni dopo quell'11 settembre, dal 17 al 19 dicembre del 1976, e che vide protagonista l'Italia sportiva antifascista. Nel 1976 il tennista Adriano Panatta visse il suo anno d'oro, prima di disputare quella finale a Santiago del Cile, aveva vinto il Roland Garros e gli Internazionali d'Italia, due appuntamenti agonistici di grande rilievo. Alla fine di agosto di quell'anno, a Santiago si doveva disputare la semifinale di Coppa Davis tra l'Urss e il Cile, ma i dirigenti sovietici rifiutarono di inviare i loro giocatori di tennis nella capitale cilena, additando con quel gesto al mondo intero la violenza sanguinaria della dittatura di Pinochet. Il Cile conquistò di diritto l'accesso alla finale, mentre l'Italia dovette vedersela con l'Australia, e solo dopo una difficile partita tra Panatta e Newcombe, gli azzurri conquistarono l'accesso alla finale.
In Italia tra settembre e dicembre del 1976 si mobilitarono numerosi organismi sportivi di base, che esercitarono pressioni molto forti sui partiti della sinistra e sul Coni, perché i tennisti della squadra azzurra, Panatta, Barazzuti, Zugarelli e Bertolucci non partecipassero alla finale di Coppa Davis, che si sarebbe dovuta svolgere a Santiago sotto gli occhi di Pinochet, il quale colse l'occasione per dire a più riprese che in Cile era stato ristabilito l'ordine e che la gente era felice. In Italia fu costituito il Comitato per il boicottaggio di Italia-Cile, a capo del quale fu nominato lo scrittore sardo Ignazio Delogu profondo conoscitore dell'America Latina. Al Comitato aderirono le forze democratiche, i sindacati, le associazioni sportive, tutti gli enti di promozione sportiva, ad eccezione del movimento Fiamma che faceva riferimento ai fascisti del Msi di Almirante. Si sviluppò nel nostro Paese un movimento che denunciò a più riprese l'uso strumentale che si faceva dello sport e della sua neutralità, in nome della quale prima la Federazione tennis italiana e poi quella internazionale si espressero per sostenere la tesi che lo sport non c'entra con la politica e, dunque, gli azzurri dovevano partecipare alla finale di Coppa Davis.
La gran parte dei quotidiani italiani dal “Giorno” a “Repubblica” fino alla “Stampa” e in parte anche la “Gazzetta dello Sport” e “Tuttosport”, si schierarono a favore del boicottaggio. Un ruolo importante lo ebbe “il manifesto” che scrisse una lettera alla federazione della stampa per invitare le redazioni a non inviare giornalisti in Cile, invito che con certa sorpresa la federstampa fece proprio e girò a tutte le testate. Contro il governo monocolore di Andreotti, sostenuto dal Pci con l'appoggio esterno, che nicchiava e i vertici dello sport italiano che sostenevano la partecipazione dell'Italia alla finale di Santiago, i sostenitori del comitato di boicottaggio Italia-Cile, guidati dal deputato di Democrazia Proletaria Eliseo Milani, occuparono la Federazione italiana tennis, e il secondo giorno di occupazione furono ricevuti da Giulio Onesti presidente del Coni, il quale disse agli occupanti che la sua posizione personale era che si giocasse in campo neutro, un parere che scatenò l'ira di Pinochet. Quella di Onesti fu una mossa per allentare l'assedio, in realtà Coni, Federazione tennis e Andreotti, anche se il fronte democristiano non pareva affatto compatto, erano per la partecipazione alla finale di Coppa Davis. In risposta ai giochini di Andreotti e del presidente del Coni Onesti, della federazione tennis italiana e di quella internazionale che minacciava esclusioni pluriennali, il comitato per il boicottaggio Italia-Cile organizzò una grande manifestazione a Roma alla quale presero parte il sindaco Giulio Argan, esuli politici fuggiti dal Cile, le organizzazioni sindacali, i gruppi extraparlamentari riuniti sotto la sigla elettorale Nuova Sinistra, uomini dello spettacolo come Domenico Modugno, che per l'occasione compose la Ballata della Coppa Davis («ma purtroppo per il tennis/ e per la coppa davis/ un solo guaio c'è e si chiama Pinochet...Ma che facciamo? Andiamo da quel fascista/ e gli diciam: Senior hasta la vista! / e poi prendendo in mano la racchetta/ dimentichiamo tutto così in fretta?»).
La squadra azzurra andò in Cile e vinse 4 a 1, i giocatori Adriano Panatta e Paolo Bertolucci giocarono un tempo indossando la maglia rossa, un gesto che i due giocatori intesero come dissenso
verso la giunta di Pinochet.
L'insalatiera, come fu chiamata la Coppa Davis, conquistata per la prima volta dall'Italia nel 1976 si macchiò di sangue.


“alias il manifesto”, 21 settembre 2013

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