1.12.15

La letteratura e il suo insegnamento. Da un'intervista a Remo Cesarani

Ripresa da una accademica rivista portoghese, “Revista de Estudos Literários” n. 3 /2013, ho trovato nel sito “La letteratura e noi”, diretto da Romano Luperini, una bella intervista curata da Alberto Simoncini a Remo Cesarani, italianista e comparatista, autore con Lidia De Federicis di un testo scolastico che fece scalpore negli anni 70 e 80 del secolo scorso, Il materiale e l'immaginario. Ne ho ripreso ampi stralci che qui ripropongo senza le domande con sottotitoli da me scelti per facilitare la lettura. (S.L.L.)
Letteratura e scienze forti
È in atto da anni una tendenza, in molti paesi e anche in Italia, a trascurare nell’educazione scolastica gli insegnamenti delle cosiddette materie letterarie (la cura della lingua, la ricchezza e le sfumature del linguaggio parlato e scritto, lo spessore della storia), così come di quelli delle scienze forti (la matematica, le scienze naturali, i metodi della ricerca), e a dedicarsi molto di più alle conoscenze pratiche e strumentali o ad apprendimenti molto superficiali.
Spesso si contrappongono, nelle discussioni fra pedagogisti e insegnanti, scienze umane e scienze naturali. In realtà le scienze naturali sono spesso trascurate al pari delle scienze umane. Io che mi occupo di letteratura, sono pronto a sostenere con forza la necessità di un forte incremento delle conoscenze scientifiche (fisica, biologia, studio delle piante e degli animali). Non va dimenticato che molti scienziati e filosofi sono stati grandi scrittori, da Galileo a Darwin, da Schopenhauer a Leopardi, da Nietzsche a Freud. Lo sapeva benissimo Calvino. E sono pronto a sostenere la grande importanza, nella formazione sia individuale sia collettiva, delle varie forme dell’immaginario (quindi anche dell’immaginario letterario) per affrontare la vita sempre più complessa delle nostre società. In un libro recente, intitolato Convergenze (Milano, Bruno Mondadori), ho portato molte testimonianze del grande interesse, da parte di molti scienziati (dai matematici ai fisici ai biologi ai neuroscienziati) per alcune delle caratteristiche forti dei linguaggi dell’immaginario: le formazioni metaforiche, il gusto per la narrazione.

I burocrati del linguaggio
C’è un progressivo indebolimento degli insegnamenti letterari e una forte demotivazione degli insegnanti, loro stessi ormai, salvo eccezioni, molto più abituati a nutrirsi di programmi televisivi che dediti in proprio alla lettura. E tuttavia si trascina una presenza burocratica dell’insegnamento letterario, che fatto senza passione e di routine può solo ingenerare noia e insofferenza. È vero d’altra parte che, soprattutto nei cicli della scuola elementare e media inferiore, se gli insegnanti sono bravi e hanno un vero senso della lingua e del ritmo della poesia, delle capacità metaforiche e inventive del linguaggio, della precisione e chiarezza di un discorso ben strutturato, possono trovare un riscontro entusiasmante negli alunni, i quali amano istintivamente giocare sia con le immagini sia con le parole e hanno un gusto nativo per la narrazione. Non so quanti maestri e maestre elementari oggi operanti hanno mantenuto viva l’eredità di Gianni Rodari, Ersilia Zamponi o Roberto Piumini, ma mi dicono che la qualità delle scuole elementari italiane rimane alta. So per esempio di gruppi di insegnanti californiani che vengono regolarmente in Italia per studiare i metodi di insegnamento di alcune nostre scuole emiliane di avanguardia, soprattutto materna ed elementari. Il tracollo, a parte le eccezioni, nella qualità dell’insegnamento linguistico e generalmente culturale, è avvenuto soprattutto nella scuola media inferiore: errori di impostazione e organizzazione da parte delle istituzioni, programmi e strumenti di lavoro insufficienti, insegnati mal pagati, non sempre preparati, spesso demotivati, nessun controllo della qualità del loro lavoro.

Antologie e manuali
Io ho allestito a suo tempo, insieme con la compianta Lidia De Federicis, un’antologia, Il materiale e l’immaginario (Torino, Loescher) che ha proposto un modo nuovo di affrontare l’insegnamento della letteratura, mettendola in rapporto con le altre forme del sapere (dalla vita materiale a quella delle idee), allargando la scelta dei testi ben oltre i confini nazionali e affiancando ai grandi testi classici altri testi, per varie ragioni interessanti. Abbiamo anche cercato, il più possibile, di opporci alla tradizione scolastica italiana dell’antologia (la scelta dei brani famosi, il fior da fiore), proponendo per ogni anno almeno la lettura di due o tre testi completi (a questo scopo davamo tutta una serie di strumenti di supporto critico della lettura) e spesso accompagnando le letture con richiami all’integrità del testo, con proposte di allargamento e confronto con altri testi. Il progetto, nato in anni di grandi speranze culturali (vere e proprie utopie), ha avuto per un certo numero di anni uno straordinario successo, presso una classe di insegnanti motivati ma anche di studenti curiosi (ne incontro ancora adesso molti, che mi dicono di aver trovato in quel libro grandi stimoli per la loro formazione). Poi gradualmente sono tornati i vecchi manuali, le vecchie antologie, ma anche qualche buon libro che ha cercato di raccogliere il nostro esempio, pur molto spesso rinunciando ad alcune delle caratteristiche più innovative del modello, per ragioni di praticità. Ora la situazione mi pare che sia in una fase di stanca. Nel frattempo le nuove tecnologie e la possibilità di scaricare i testi dalla rete pongono problemi nuovi e anche nuove potenzialità, che, se fossero sfruttate con intelligenza, permetterebbero di fare delle esperienze molto positive.

Il liceo classico
Il liceo classico, e anche quello scientifico, così come furono impostati da Giovanni Gentile aveva molti difetti e svolgeva, almeno in parte, una funzione di selezione classista, ma era una scuola molto organica con grandi capacità formative. Mi è capitato, qualche anno fa, di passare una serata insieme con il grande pedagogista americano Jerome Bruner, il quale a un certo punto, rivolto a me e agli altri ospiti, ha detto: «Siete pazzi, voi italiani! Avete una scuola straordinaria come il vostro liceo e la state smantellando». Forse smantellarla è ormai inevitabile, ma bisognerebbe essere capaci di sostituirla con una più moderna, più adatta ai tempi e ai giovani di oggi, ma almeno altrettanto organica ed efficiente. Quanto alla selezione classista, non posso non pensare a quanti giovani capaci e di origini abbastanza umili, specie nell’Italia meridionale, hanno raggiunto un livello culturale e sociale molto elevato, passando attraverso le forche caudine del liceo.

La letteratura all'Università
Il quadro (per l'Università) certamente non è confortante, soprattutto nelle facoltà di lettere e nei corsi di letteratura italiana; meglio, in molti casi, l’impostazione dei corsi di letterature straniere e in quelli di teoria della letteratura e letterature comparate. La filologia ha grandi meriti e gli insegnamenti di tipo filologico sono stati spesso veicolo di innovazione (basta pensare al ruolo svolto da filologi come Contini, Caretti, Segre, Corti, Avalle, Folena, spesso all’avanguardia nel promuovere metodi critici moderni, spesso ottimi critici loro stessi). Lo slogan programmatico di Caretti: «Filologia e critica» dovrebbe essere scritto sulle porte di entrata di tutti i dipartimenti di studi letterari. Purtroppo quello che si è verificato negli ultimi due decenni è stata una separazione proprio dei due termini «filologia» e «critica» e spesso l’attività filologica, chiusa in se stessa, è stata una specie di rifugio, un bunker per cercare di reagire alla crisi della critica.

Il Novecento

Non voglio entrare qui nei problemi posti da questo secolo storicamente controverso o nei dibattiti fra chi parla di secolo breve e chi sostiene che in realtà a metà del suo percorso si è verificata una svolta epocale, fra quelle che Zygmund Bauman chiama la modernità solida e la modernità liquida. Mi preme dire che bene o male quel secolo o quei due spezzoni di secolo hanno prodotto in Italia testi letterari di grande spessore, che sono riusciti a conquistare un loro spazio nella considerazione degli altri paesi (così come è avvenuto per gli artisti, gli architetti, gli uomini di teatro, i registi cinematografici, i musicisti). Bastano i nomi, in letteratura, di Pirandello, Svevo, Gadda, Morante, Levi, Calvino (e parecchi altri se ne potrebbero aggiungere) per dimostrare che la partecipazione della cultura italiana nel concerto internazionale è stata di grande rilievo, forse pari a quella dei primi secoli.

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