8.12.15

Sciascia a Parigi, per non cedere al terrore (Alessandro Leogrande)

Riprendo qui un commento su “pagina99”, il settimanale nato da una costola del “manifesto” e ideato da Emanuele Bevilacqua, che da poco è felicemente tornato in edicola e sul web, con la direzione di Luigi Spinola e la condirezione di Roberta Carlini, oltre alla direzione editoriale di Bevilacqua. 
Alessandro Leogrande legge la reazione francese ed europea al terrorismo islamista con la guida di Leonardo Sciascia, mettendo in luce pericoli che incombono su tutti noi. (S.L.L.)
Leonardo Sciascia a Parigi, davanti alla statua di Voltaire in Rue de la Seine  (Foto F. Scianna)
Dietro le quinte dei dibattiti sulla promulgazione dello stato d’emergenza francese aleggia il fantasma di Leonardo Sciascia, scrittore (Il giorno della civetta, A ciascuno il suo, Todo modo) e attento critico del suo tempo . Fino a quando possono estendersi indebitamente misure di controllo che, nate in un momento eccezionale come quello degli attentati dell’Isis nel cuore di Parigi, richiedono una deroga effettiva ai principi della Convenzione europea dei diritti dell’uomo? Il potere dato ai prefetti di istituire il coprifuoco, interrompere la libera circolazione, impedire qualsiasi forma di manifestazione pubblica può alla lunga divenire ordinario, in una lotta al terrorismo dai confini incerti?
Tra la fine degli anni Settanta e la seconda metà degli Ottanta, Sciascia espresse nei confronti della lotta al terrorismo e alla mafia, la cui violenza raggiunse allora l’apice nella storia italiana, una linea precisa quanto eretica. Si pensi al suo libro L’affaire Moro, uscito nel 1978. Non è possibile combattere chi ha metodi illiberali e antidemocratici con metodi che a loro volta rischiano di diventare illiberali. La forza apparente di una legislazione d’emergenza tradisce l’insita debolezza degli Stati che la adottano.
Per la verità, al tempo del sequestro e dell’uccisione di Aldo Moro da parte delle Brigate rosse, Sciascia disse molto di più. Disse, per esempio, che la pena per il leader democristiano e gli uomini della scorta massacrati non gli impediva di vedere che lo Stato che Dc e Pci volevano difendere strenuamente, senza trattare, era in realtà un vuoto simulacro: «Dieci mesi fa», scrisse su “Panorama” il 4 aprile del 1978, quando Moro era ancora nella prigione del popolo brigatista, «mi appariva come un guscio che racchiudesse, per dirla vittorinianamente, putredine e morte. Oggi mi appare come un guscio vuoto che può essere da un momento all'altro, e forse senza che ce ne accorgiamo, comunque riempito. Comunque, ma in ogni caso, per noi pericolosamente.»
È difficile porre una relazione immediata tra l’uccisione di Aldo Moro e quella dei ragazzi della «generazione Bataclan». Troppo diversi i contesti storici, troppo diversi i due tipi di terrorismo, quello brigatista e quello jihadista, nelle loro finalità e nelle loro modalità d'azione, per quanto il meccanismo mentale che porta ad abbracciare il fanatismo dottrinario e aderire alla lotta armata annullando se stessi, non sia poi così dissimile.
Ma il monito di Sciascia, espresso allora con una tale durezza che alcuni dirigenti del fronte della fermezza iniziarono a definirlo «codardo», resta sul fondo di tante nostre discussioni. Uno Stato di diritto deve rimanere tale, se non vuol trasformare i suoi stessi fondamenti in una formula vuota. A maggior ragione se vuole sconfiggere coloro i quali pensano che i diritti siano un prodotto dell’apostasia e la pluralità della vita qualcosa di spaventoso.
I teorici dello Stato islamico che scrivono lunghi articoli sulla rivista "Dabiq" sognano proprio questo: un mondo ideale (e per questo profondamente irreale) in cui, prosciugando a suon di bombe e attentati la «zona grigia» della complessità umana, rimangano sul campo due schieramenti opposti e irriducibili. Loro e gli strenui difensori dell’«ordine crociato e occidentale». Qualsiasi cosa voglia dire questa stramba espressione, il fine dell’Isis è chiaro: eliminare l'ordinarietà, la terra di mezzo, gli stili di vita non irregimentati, i pensieri eretici, le dissidenze, le differenze. Per questo non bisogna cadere nel loro gioco.
Oggi l’Ue può rinnegare se stessa anche in un altro modo: confondendo le centinaia di migliaia di persone che scappano dalle violenze del conflitto siriano con i terroristi. Proprio da questo mescolamento fortuito di lotta al terrorismo e gestione dell’esodo nasce l’idea di delegare alla Turchia e al suo governo autoritario il controllo dei profughi sulla frontiera orientale.

"pagina99we", 5 dicembre 2015

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