17.3.16

Ricordo di Mario Luzi (Renzo Cassignoli)


Quando scrisse la sua prima poesia Mario Luzi aveva nove anni. Era una poesia per Dante. Fu una vera e propria folgorazione. «Un giorno stavo giocando per strada, quando a un certo punto sentii il bisogno di tornare a casa e di mettermi a scrivere». Da allora, fino al 28 febbraio del 2005, giorno della sua scomparsa, di anni ne sono trascorsi ottantatré nel corso dei quali uno dei maggiori poeti del Novecento non smise mai di «far volare alta la parola». «La Parola è tutto. È il Verbo» diceva lentamente quasi a voler soppesare il concetto. «Che uno sia credente o non lo sia la parola ha qualcosa di sacro anche per chi rifugge da questi pensieri trascendenti. Per questo la storia della poesia è storia della parola». E oggi? «Oggi, la parola, materia prima del poeta, è ridotta a frastuono, urlo, invettiva» rispondeva. C'è un difetto della Parola, perché c'è un eccesso di parole».
Mario Luzi, è stato uno dei maggiori poeti del Novecento. Con Alessandro Parronchi (scomparso pochi mesi fa) e Piero Bigongiari, formò quella straordinaria triade che Carlo Bo ha definito «la punta più alta dell'Ermetismo». A ricordarlo nel secondo anniversario della scomparsa è stata la Regione Toscana con una giornata dedicata all'opera e al ricordo del grande poeta, al mattino nella sede dell'Accademia della Crusca, dove è stato presentato un suo inedito e al pomeriggio, con un incontro tra amici (che a lui sarebbe piaciuto moltissimo) nella Sala del Gonfalone dell'Assemblea regionale, dove è stata inaugurata una piccola mostra di una cinquantina di opere nelle quali alcuni pittori lo hanno ritratto in vari momenti della sua lunga e bellissima esistenza.
L'intera sua opera Tutte le poesie è stata pubblicata in tre parti negli «Elefanti». Intimamente legata alla sua alta esperienza poetica è l'attività di drammaturgo.
Il suo teatro è stato riunito in un unico volume comprendente tra gli altri Il libro di Ipazia, Corale della città di Palermo per Santa Rosalia e Io Paola la commediante, scritto per Paola Borboni. Ha scritto un'opera sul Pontormo, rappresentata al Maggio Fiorentino e lo straordinario Viaggio terrestre e celeste di Simone Martini, che ha avuto felici riduzioni teatrali.
Luzi, fu un poeta dall'alta passione civile. Rimase molto colpito dalla tragedia delle Torri Gemelle. «Lo scempio delle due torri - disse - colpisce per la sua ferocia, ma dovremmo anche essere colpiti dalla morte di centinaia di migliaia di bambini uccisi dall'embargo in Iraq, dalla fame o dall'Aids o dalle vittime dell'esplosione di una fabbrica chimica a Bhopal, in India che provocò sedicimila morti. Ma non abbiamo alzato la voce contro quelle ingiustizie, non ci siamo indignati o addolorati per quelle morti innocenti. No, il terrorismo non ha giustificazioni, ma la realtà come risulta dalla storia è molto più complessa e difficile da spiegare».
Poi venne la nomina a Senatore a vita su cui rivolse un impegno civile che gli costò incredibili attacchi della destra berlusconiana e postfascista. Per Luzi quella fu l'occasione per tornare a parlare della Costituzione, argomento che aveva molto a cuore. «La Costituzione non è un patto qualsiasi è una pagina fondamentale della storia di questo Paese lunga quasi un millennio» diceva. «Da Dante al Petrarca, a Machiavelli e al suo Principe siamo saliti su fino all'Ottocento con i fermenti che venivano dall'Europa, si è passati per le guerre di indipendenza e poi attraverso vent'anni di fascismo e una guerra disastrosa, per arrivare alla Resistenza e al riscatto del Paese. La nostra Costituzione è il risultato di questo percorso, delle lotte e delle sofferenze di un intero popolo».
Luzi sognava un mondo meno ingiusto e perverso che potesse farci sperare «in un uomo che si appartenga e non sia alieno a sé stesso, quale invece rischierebbe di essere se la poesia cadesse in disgrazia. Non chiediamoci allora cosa ha fatto la poesia - concludeva - ma cosa sarebbe il mondo senza di essa».


l'Unità 2 marzo 2007

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