22.6.16

L’ultima donna dell’Ottocento. Emma Morano e dei suoi 116 anni (Cristina Pastore)

È la sola superstite dell’800, l’unica persona al mondo con un’esistenza che ha toccato tre secoli, vissuto attualità che appartengono ai libri di storia e trasformazioni sociali che hanno cancellato la realtà di quando a Civiasco, provincia di Vercelli, venne alla luce, prima di otto figli, il 29 novembre 1899. Da ieri Emma Morano è la più vecchia al mondo. Con i suoi 116 anni, 5 mesi e 14 giorni si appunta al petto anche questo record, dopo essere stata decana d’Italia e d’Europa. A lasciarle lo scettro planetario è stata la coscritta afroamericana Susannah Mushatt Jones.
Di 4 mesi e 23 giorni più anziana, si è spenta l’altra notte a Brooklyn passando a Emma le consegne della sfida: tenere duro sei anni per infrangere il primato della francese Jeanne Louise Calment, morta nel 1997 a 122 anni.
Di strappare il titolo alla «cugina d’oltralpe» la ultracentenaria del Lago Maggiore sembra avere tutte le intenzioni. Si è ripresa dopo qualche giorno in cui è stata poco bene per un malanno quando le temperature si sono improvvisamente abbassate, ma lei ha deciso che in casa andava spenta la stufa «perché il gas costa». Parsimoniosa come tutti quelli che hanno fatto la guerra, che per lei sono state due. Ancora oggi gestisce il borsellino di casa, contando i soldi della piccola pensione da operaia – che percepisce dal 1954 – quando incarica le nipoti Rosi e Antonietta di far la spesa.
Non cammina più, l’ultimo volta che è uscita di casa erano 25 anni fa. Era scesa sul lungolago per pranzare con un cugino, ma poi risalire quelle due rampe di scale, nella vecchia casa che dà sul sagrato della parrocchiale di Pallanza, era stata un tale fatica che aveva detto che non si sarebbe mossa più. E alla parola ha prestato fede, perché se una cosa a Emma non è mai mancata è la grinta e la voglia di fare di testa sua. Come avrebbe potuto altrimenti una donna di provincia, che lavorava in una fabbrica di sacchi in iuta, a separarsi nel 1938? Quel marito preso malvolentieri – perché il suo «moroso vero» era partito soldato – la picchiava. Il bambino che aveva avuto era morto piccolissimo, e allora ognuno per la sua strada, anche se a quei tempi le «mal marià», donne rimaste senza marito senza essere vedove, non erano amate. E così senza un uomo al fianco, la vita di Emma, neanche quarantenne, è andata avanti lo stesso, con le gioie e i dolori di ogni esistenza.
Dall’alto dei suoi 116 anni di persone care ne ha lasciate indietro. I tre fratelli e le quattro sorelle. Loro non ci sono più e lei, la primogenita, è ancora qui a raccontare un mondo che non esiste più. A studiarla nelle sue due stanzette senza bagno vengono scienziati da tutto il mondo: c’è chi chiede campioni biologici per il laboratorio e chi invece la vuole solo osservare, come uno svizzero-malese che discretamente prende posto in cucina e la scruta. Lei non se ne dà pensiero. Solo negli ultimi due anni ha ceduto alle insistenze delle nipoti e si fa seguire da due badanti, ma mangiare lo fa da sola: guai a imboccarla, se non per quel tuorlo d’uovo che al mattino e al pomeriggio inghiotte tutto intero prendendolo da chi le porge il cucchiaio.
Anche la sua dieta è oggetto di studio perché in controtendenza rispetto ai dettami della corretta e sana alimentazione. Verdura niente, solo mele frullate prese alle 23 insieme a tre savoiardi. E per il resto, oltre alle uova, pastina in brodo con carne tritata. A dire il vero quest’ultima l’aveva abbandonata. «Ci aveva spiegato che aveva sentito dire che la carne rossa fa venire il cancro e non la voleva più mangiare. Ma quando il dottore le ha detto che lei ormai era immune dal “brutto male” ha ripreso a consumarla» sorridono le nipoti.
Undici i papi che si sono avvicendati sul soglio di Pietro da quando la nonna del Lago Maggiore è al mondo, che quello di oggi si chiami Francesco non lo sa: non segue la tv da un pezzo e gli occhi non sono più buoni per il giornale, però alla sera le preghiere continua a dirle. «Un po’ in italiano e un po’ in latino ricordando per nome, uno per uno, tutti i suoi morti» spiega la ragazza colombiana che la segue e che per merenda le porta un pezzetto di colomba, dolce di cui è ghiotta. Al cioccolato, che non le fa bene, ha dovuto rinunciare ma dopo aver fatto, negli anni, scorpacciate di gianduiotti.


La Stampa, sabato 14 maggio 2016

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