14.7.16

Avogadro. Un’esistenza da teorico e tanti sogni frustrati (Marco Ciardi)

Novembre 1834: dopo l'abbandono del celebre matematico Augustin-Louis Cauchy, Amedeo Avogadro torna a ricoprire la cattedra di Fisica Sublime, creata per lui oltre 10 anni prima da Prospero Balbo, poi soppressa a causa dei moti del 1821 e riattivata da Carlo Alberto. Il re conosceva Avogadro, che chiamava il «famosissimo fisico». Fu proprio grazie all'appoggio finanziario del monarca che Avogadro riuscì a pubblicare, fra 1837 e 1841, la sua opera più impegnativa, la Fisica de' corpi ponderabili, una sorta di compendio del sapere fisico dell'epoca, rivolto in primo luogo agli studenti.
Avogadro ebbe sempre a cuore gli aspetti didattici della propria professione, convinto che la storia della scienza rappresentasse uno strumento indispensabile per l'apprendimento e l'insegnamento.
Membro dell'Accademia delle Scienze di Torino dal 1819, ricoprì un ruolo di primo piano in molte istituzioni scientifiche e accademiche piemontesi. Le sue ricerche erano anche ben conosciute all'estero, stimate da personalità del calibro di Oersted e Faraday, e molte società lo elessero a proprio membro. Non si deve tuttavia pensare che la sua carriera sia stata un lungo e ininterrotto successo. Al contrario, fu piena di ostacoli e difficoltà.
Nato a Torino il 9 agosto 1776, aveva una straordinaria capacità di lettura ed era aggiornato su tutta la letteratura scientifica più avanzata. Ciò gli permise, pur essendo privo di un luogo dove svolgere attività sperimentale, di produrre in pochi anni una serie di straordinari contributi teorici sulla natura degli isolanti, sul comportamento delle sostanze acide e basiche e sulle proprietà ottiche delle sostanze.
Fra il 1803 e il 1810 presentò quattro saggi manoscritti all'Accademia delle Scienze, che non furono accettati per la pubblicazione. Il giudizio fu sempre lo stesso: troppo teorici. Nonostante questo, nel 1806 venne nominato «ripetitore» (una sorta di assistente) in fisica presso il Collegio delle Provincie. Iniziò anche a pubblicare sulla prestigiosa rivista francese «Journal de Physique», diretta dal naturalista Jean-Claude De-lamétherie. Poi, nel 1809, ricevette l'incarico di professore di fisica presso il Liceo di Vercelli, dove insegnò fino al 1819.
Questo periodo avrebbe rappresentato un momento fondamentale nella sua produzione scientifica, perché fu allora che arrivò alla formulazione della famosa ipotesi, alla quale deve fama universale. Il celebre «Essai d'une manière de déterminer les masses relatives des molécules des corps» apparve nel luglio del 1811 sul «Journal de Physique».
Da subito Avogadro si rese conto di aver realizzato un contributo che poteva cambiare volto alle teorie chimiche. Ma era anche consapevole che per convincere gli scienziati di tutta Europa avrebbe avuto bisogno di qualcosa in più di un contributo teorico. La priorità era quella di poter disporre di un laboratorio in cui effettuare esperienze decisive sulle densità delle sostanze gassose. E in questo senso andava il progetto, portato avanti assieme a Prospero Balbo, di realizzazione di una nuova cattedra, quella di Fisica sublime, che potesse usufruire di un adeguato laboratorio. I due c'erano quasi riusciti, ma gli avvenimenti politici fecero sfumare l'iniziativa.
Negli anni seguenti, tornato in cattedra, Avogadro continuò a chiedere fondi per l'istituzione del laboratorio, da affiancare a quello di Fisica sperimentale, ormai inadeguato,
Il massimo che ottenne, però, fu la pubblicazione di un libro. Per competere a livello internazionale ci sarebbe voluto ben altro.

Morì a Torino il 9 luglio 1856. Quattro anni più tardi, a Karlsruhe, Stanislao Cannizzaro ottenne dalla comunità dei chimici il riconoscimento del valore di quella che non sarebbe più stata un'ipotesi, bensì la «Legge di Avogadro». Da allora il nome «Avogadro» avrebbe rappresentato uno dei principali simboli scientifici dell'Italia unita e, unico italiano ad avere un tale onore, a lui verrà intitolata la costante che definisce il numero di molecole in una mole 6,022x1023, che rappresenta il numero di atomi o di molecole necessario a formare una massa pari numericamente al peso atomico o al peso molecolare in grammi di qualsiasi sostanza.

Tuttoscienze La Stampa, 29 ottobre 2011

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