26.7.16

Sul Sessantotto, in diretta. Una lettera di Sebastiano Timpanaro (marzo 68)

La domenica successiva al mercoledì 13 marzo 1968, giorno di una grande manifestazione a Pisa contro l'arresto di due militanti di Potere operaio, Sebastiano Timpanaro scrive a Claudio Bolelli, suo compagno nel Psiup (il Partito socialista di unità proletaria nato da una scissione “a sinistra” del Psi) le sue osservazioni su quella lotta. Tra le righe si legge un giudizio sull'intero movimento sessantottino. È testo da leggere e su cui riflettere. (S.L.L.)

P.S. Solo nel giugno “L'Espresso” avrebbe pubblicato Il Pci ai giovani, la celebre poesia in cui, a commento degli scontri di Valle Giulia (1 marzo 1968), Pier Paolo Pasolini fa una dichiarazione d'odio agli studenti contestatori “figli di papà” e di amore per i poliziotti “figli di poveri”.

Firenze, domenica [17 marzo 1968]
Caro Claudio,
ti ringrazio tanto della lettera. Anch'io — sulla base di quello che avevo saputo ieri mattina in Federazione, dal Miniati che aveva avuto notizie da Pisa - ero rimasto assai perplesso; e la tua lettera (cioè la lettera di un compagno che è sempre stato in prima linea in manifestazioni di ogni genere, e che vale quindi come testimonianza del tutto insospettabile) me lo conferma. Mi sembra, effettivamente, che ci sia il pericolo di un certo avventurismo, cioè di lanciarsi in azioni clamorose che, per avere un senso, dovrebbero essere già episodi di rivoluzione in atto, senza che ancora il movimento abbia quell'ampiezza, quella forza organizzativa e quei legami con la classe operaia che sono una condizione necessaria perché la rivoluzione si possa fare. Di positivo, naturalmente, c'è questa grande combattività degli studenti rivoluzionari; ma il rischio è che questa preziosa riserva si esaurisca prima che sia tradotta in un forte movimento rivoluzionario organizzato.
Naturalmente la prima responsabilità di tutto ciò è nei partiti tradizionali di sinistra, che si sono fossilizzati a tal punto da causare una frattura netta con la nuova generazione studentesca. E purtroppo una responsabilità grossa ce l'ha, ormai, anche il PSIUP, che qui in Toscana è su buone posizioni ma in sede nazionale è davvero di uno squallore notevole. Sarebbe certo una bella cosa che potesse sorgere un nuovo partito rivoluzionario. Ma la sua nascita mi sembra ancora molto lontana (tranne il caso, s'intende, che grossissimi fatti internazionali rimettano tutto in movimento anche qui in Italia). Fra i gruppetti che dovrebbero, fondendosi, costituire i quadri del nuovo partito rivoluzionario, non c'è accordo su quasi nulla: né sulla struttura e la concezione del partito, né sul soggetto della rivoluzione e sulla funzione della classe operaia nei paesi capitalistici avanzati, né sull'interpretazione dell'esperienza cinese. E non c'è, per ora, una spinta di base - di base operaia e contadina e non soltanto studentesca - talmente forte da bruciare questi contrasti tra i gruppetti e da creare l'unità partendo dal basso.
Su un altro argomento vorrei qualche volta parlare con te e anche con Luciano. A giudicare dalle manifestazioni a cui sono stato presente qui a Firenze, mi sembra che una parte eccessiva dell'attività ... orale dei dimostranti sia spesa in insulti di carattere personale ai poliziotti (insulti, per lo più, di quel tipo sessuale che è conforme alla più pura tradizione italiana, secondo cui la massima vergogna per un uomo consiste nell'essere figlio di puttana o cornuto o impotente o pederasta). Io credo che lo scontro con la polizia, che è necessario e inevitabile e che naturalmente non può e non deve essere fatto "con le buone maniere", non dovrebbe scompagnarsi da un'azione politica verso la polizia: la quale azione politica, naturalmente, non può dare nessun frutto a breve scadenza, ma pure dev'essere impostata. Chi sono gli agenti di polizia? Sono, per lo più, figli di contadini siciliani, che sono stati spinti ad arruolarsi dalla miseria (e anche da una certa tendenza alla fannullonaggine, che però non è un carattere "innato" razzisticamente al popolo siciliano, ma è una conseguenza di ogni società agraria stagnante e miserabile) e, una volta fatta questa scelta, sono diventati degli strumenti della reazione. Da quale strato sociale provengono i quadri dirigenti dell'apparato repressivo statale (commissari di P. S., questori, magistratura)? Dalla borghesia meridionale che opprime e sfrutta i contadini. C'è dunque, anche se latente, una tensione di classe tra gli agenti e i loro capi: quella stessa che c'è tra i soldati e gli ufficiali, grosso modo. In che modo i commissari, i comandanti della Celere, i questori ecc. ecc. riescono a rafforzare nei semplici agenti lo spirito reazionario e a farne dei docili strumenti della repressione? In vari modi, ma soprattutto - cosi, almeno, credo - sfruttando accortamente il dislivello del tenore di vita tra nord e sud, tra contadini e sottoproletari meridionali da un lato e operai e studenti centro-settentrionali dall'altro: facendo apparire gli studenti come dei "figli di papà" che si divertono a far casino e gli operai come dei privilegiati. Ora, l'andare a gridare "figli di puttana" agli agenti è una cosa che fa molto comodo ai dirigenti della polizia e al governo e al capitalismo. Non vorrei essere frainteso: non sono tanto cretino da credere che basterebbe rivolgersi ai poliziotti con tono da "vecchio socialista" e gridar loro come faceva Pertini nei suoi comizi «Anche voi siete figli del popolo, unitevi a noi» per trasformare i poliziotti in compagni o in alleati. Ci vuol altro! Per la stragrande maggioranza, è chiaro, si tratta di gente "irrecuperabile". Dico, però, che un lavoro come quello che fece Gramsci con la Brigata Sassari (composta da contadini e pastori sardi, che picchiavano selvaggiamente gli operai di Torino vedendo in essi dei "signori", e che dopo alcuni mesi di lavoro politico da parte del gruppo dell'Ordine Nuovo dovettero essere trasferiti in fretta e furia via da Torino) andrebbe tentato o almeno prospettato. E che intanto sarebbe meglio gridare merda al governo, ai padroni, ai capi della polizia e dell'esercito che agli agenti.
Tanti saluti affettuosi a te e alla Giuliana anche da parte di mia madre
Sebastiano


da "Il Ponte", anno LVII nn.10-11 ottobre-novembre 2001

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