31.8.16

Il poeta delle “scarpe fritte”. Ritratto di Gregory Corso (Fernanda Pivano)

Croce e delizia dei suoi amici e dei suoi ammiratori, Gregory Corso, considerato ormai universalmente uno dei più grandi poeti americani viventi, è nato a New York da genitori italiani il 26 marzo 1930. Il padre si chiamava Fortunato Corso, la madre Michelina Colonna e il suo vero nome è Nunzio: alla sua origine italiana il poeta è molto legato e la ricorda con piacere specialmente quando si trova in Italia.
Ma la madre lo abbandonò quando aveva pochi mesi e cominciò per il bambino una peregrinazione da un orfanotrofio all'altro e da una famiglia adottiva all'altra; secondo le sue parole crebbe nelle strade e dormi sui tetti e nelle subway. Conobbe anche il riformatorio e il carcere minorile dove da autodidatta assimilò una cultura profonda e raffinatissima scegliendosi con grande intuito le letture e diventando un cultore di Shelley.
Come poeta emerse nel 1950 grazie ad Allen Ginsberg, che lo incontrò in un bar del Greenwich Village, lesse le sue poesie e lo presentò ai suoi amici Kerouac e Burroughs. Cinque anni dopo Corso frequentò abusivamente le lezioni dell'Università di Harvard a Cambridge dove gli amici pubblicarono a loro spese nel 1955 la sua prima raccolta di versi, The Vestal Lady on Brattle. Ginsberg ha detto in una lezione tenuta a Boulder al Naropa Institute che subito Corso, ammirato da Frank O'Hara che in quegli anni era considerato l'arbitro poetico di New York, venne definito un supergenio.
La sua seconda raccolta di versi fu Gasoline, che uscì nel 1958 con un'introduzione di Ginsberg dove è detto tra l'altro: «Aprite questo libro come aprireste una scatola di giocattoli pazzi, prendete in mano una perfezione di bellezza da un'atmosfera distruttiva... Corso è un grande lanciatore di parole dalla fionda... Probabilmente è il più grande poeta d'America e sta facendo la fame in Europa». Ginsberg non cambiò opinione con gli anni e nelle lezioni al Naropa parlò del suo humour e del suo surrealismo, disse che aggiunse poesia al naturalismo, che introdusse l'elemento magico del sogno alle parole, che esaltò lo splendore e il fascino delle parole quotidiane.
L'aspetto più importante di Gasoline è forse l'introduzione dello humour. Nella sua poesia del 1958 «Bomb» si rivelò invece la sofferta e drammatica partecipazione del poeta per la condizione umana, che intrise anche la raccolta di Happy Birthday of'Death (L'allegro genetliaco della morte) del 1960.
Questo volume raccoglie le poesie forse più famose di Gregory Corso, per esempio «Bomb», che venne qui ristampata, «Marriage», «Hair», «Food». Sono poesie in cui Gregory seguì il metodo di scegliere un'idea e svilupparla fino alle sue estreme conseguenze attraverso tutte le variazioni e i cambiamenti e le invenzioni possibili; come disse Ginsberg in una lezione: «Non tutte le idee che vengono in mente ma tutte le idee avute, perché in questo caso si tratta del ricordo di tutte le idee archetipe a proposito di un soggetto».
Il linguaggio paradossale, cominciato già con l'immagine famosa delle «scarpe fritte» che fu fin dall'inizio una delle sue più tipiche, continuò nell'opera successiva del 1962 Long Live Man (Lunga vita all'uomo). Ormai Corso era diventato famoso internazionalmente e mentre stabiliva la sua reputazione di poète maudit, di poeta maledetto, abbandonandosi a ogni genere di sregolatezze, incominciava a essere invitato dalle università a dare lezioni e readings. La raccolta che uscì nel 1970, Elegiac Feelings American (Elegiaci sentimenti americani), è forse la sua più ambiziosa e «difficile»; la più recente a tutt'oggi è la raccolta Herald of the Autochthonic Spirit del 1981 che contiene alcune delle poesie lette nei readings tenuti qua e là per il mondo e conduce all'estremo le possibilità del suo humour e delle sue immagini paradossali: un libro che non ci si stanca di rileggere e che auspichiamo venga presto tradotto per la divulgazione di questo grandissimo poeta che siamo in tanti ad ammirare.


Presentazione all'Università di Pisa, letta il 24.2.87. In Album americano, Frassinelli, 1997

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