1.8.16

Polonia. Torna il divieto di aborto? (Matteo Tacconi)

Una manifestazione antiaborto a Varsavia
Negli ultimi mesi sono state molte le proteste in Polonia sull’aborto. Di segno opposto. Sono scesi in piazza i gruppi pro-life, così come coloro che appoggiano l’interruzione di gravidanza.
Tutto ha avuto origine da un’iniziativa lanciata a fine marzo dalla Conferenza episcopale. I vescovi hanno chiesto al parlamento di approvare una norma che vieti in quasi ogni circostanza l’aborto e azzeri dunque l’attuale legge, già ritenuta tra le più restrittive in Europa. Oggi l’interruzione viene autorizzata solo in tre casi: se la gravidanza è conseguenza di uno stupro, se il feto è gravemente deformato o se mette a rischio la salute della madre. Qualora dovesse passare la nuova legge, solo quest’ultima ipotesi, e solo nel caso la vita della madre fosse in pericolo, potrebbe giustificare un intervento.
La mossa dei vescovi ha suscitato una forte reazione fin dal sabato successivo, quando nella capitale Varsavia qualche migliaio di persone, donne soprattutto, hanno deciso di esternare il proprio dissenso. A distanza di qualche giorno anche i gruppi pro-life hanno mobilitato i propri militanti. Poi ci sono stati altri picchetti, dall’una e dall’altra parte della barricata.
L’azione dei pro-life non è solo di piazza. Proprio nei giorni scorsi è stata portata a termine una raccolta firme per portare la questione in parlamento. Il governo monocolore di Diritto e Giustizia (PiS) sulle prime ha appoggiato le proposta della chiesa. Adesso prende tempo. Già impegnato nella disputa sulla riforma del tribunale costituzionale, che ha aperto un contenzioso sullo stato di diritto con la Commissione europea e lacerato l’opinione pubblica, teme che la faccenda dell’aborto possa aprire un fronte troppo difficile da gestire.
Non è un caso, tuttavia, che l’offensiva anti-abortista della chiesa sia scattata dopo il ritorno al potere del partito populista, vincitore alle urne lo scorso ottobre. Il rapporto tra i vertici della chiesa e Jaroslaw Kaczynski è stretto. Michal Szuldrzynski, editorialista del quotidiano Rzeczpospolita, spiega che «Kaczynski vede nella chiesa un’alleata, perché le rispettive visioni dell’ordine sociale e morale sono simili». E questo si trasforma in un “patto”. Che ha avuto il suo peso alle ultime elezioni. E se sull’aborto c’è una pausa di riflessione, in compenso il governo ha revocato il finanziamento statale per la fecondazione assistita, introdotto dal precedente esecutivo liberale malgrado la contrarietà allora espressa dalla chiesa. «In Polonia senza un certo rapporto con la chiesa non si vince né si governa. I liberali hanno sempre cercato di evitare rotture. L’unica volta che lo hanno fatto è stato, appunto, sulla fecondazione assistita. Ma solo perché i sondaggi indicavano che la cosa sarebbe stata accettata dalla maggior parte dei polacchi», dice Maciej Gajek, esperto di chiesa dell’edizione polacca del magazine Newsweek.
E sull’aborto, come andrà a finire? Gajek è convinto che «se l’eventuale introduzione del divieto di aborto darà a Kaczynski più potere, se ne ricaverà maggiore sostegno da parte della chiesa, allora appoggerà questa legge illiberale». Se ne riparlerà dopo l’estate, quando il parlamento dovrebbe prendere in esame la raccolta firme depositata dai pro-life. Intanto, la “guerra bioetica” potrebbe arricchirsi di un altro capitolo. Il governo pensa alla reintroduzione della prescrizione per la pillola del giorno dopo, al momento acquistabile senza passare dal medico per chi ha superato i quindici anni d’età.


Pagina 99, 16 luglio 2016

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