15.9.16

Neera. Un'importante scrittrice reazionaria (Laura Lilli)

«Un filo impercettibile separa il dilettante dall'artista. Una linea in spessore, una profondità in abisso» osserva, e con ragione, Neera, nel capitolo dedicato alla «donna scrittrice» incluso nella raccolta Le idee di una donna e Confessioni letterarie recentemente edita da Vallecchi (pagine 153, lire 6.000). Con questa affermazione e con queste pagine dalla scrittura esemplare l’autrice ottocentesca milanese si conferma senza ombra di dubbio dalla parte dei «non dilettanti»: e in questo senso essa è, giustamente, oggi, al centro di una « riscoperta ». Dall'intera Confessione letteraria, ad esempio, emergono un'infanzia e una giovinezza di scrittrice quali forse, più tardi, solo i Ricordi di un’educazione cattolica di Mary MacCarthy hanno saputo disegnare con altrettanta intensità e nitore, dando il senso di una crescita intellettuale, al femminile, tra le pareti domestiche.
RISCOPERTA, dunque. Ma attenzione: la riscoperta deve essere consapevole; anche drammatica. In tutti i quindici capitoli che compongono "Le idee di una donna", infatti, la scrittrice si scaglia con grafffiante spirito polemico, non privo di arroganza, contro il femminismo che cominciava a circolare ai suoi tempi. Lo stesso articolo sulla donna scrittrice è pervaso da quel disprezzo per i membri del proprio sesso che per millenni ha caratterizzato, il «vecchio» universo femminile: subalterno, brulicante di odii maschini come si conviene agli schiavi, ciascuno dei quali ambisce a brillare — unico — nell’occhio del padrone.

Personaggi contraddittori
Questo libro ci rivela una importante scrittrice reazionaria: e qui sta di senso drammatico della riscoperta. Le idee di una donna ripropongono infatti — in chiave ottocentesca e femminile, e dunque originale — uno degli interrogativi portanti del nostro secolo: perché, quando la letteratura è «non dilettantesca», è tanto spesso reazionaria? Ezra Pound, Borges, Celine sono alcuni vistosi esempi recenti. Il problema investe la possibilità di una convivenza tra l’arte e le «nuove» società , tra progresso e libertà di espressione, tra il crescere e l’organizzarsi del «fuori» sociale e il libero, elegante, fantastico dispiegarsi del « dentro » individuale. Il suicidio di Majakowskij o la «fuga indietro» di Solgenitzin, le degenerazioni zdanoviste o le grandi querelles tra intellettuali (e artisti) e potere nel nostro tempo sono alcuni fra i capitoli di questa eventuale contraddizione.
Ora dunque il merito di questo libro di Neera — al di là del piacere della lettura che offre spesso, e delle risposte polemiche che stimola pagina per pagina — consiste essenzialmente nel mostrare che anche al femminile tutto questo è vero: e che, a mano a mano che l’universo della donna non è più nascosto, non più fatto di sussurri e scalpiccii dietro la porta ma di vere voci che pronunciano parole distinte molte delle lacerazioni che l’universo maschile ha vissuto si ripeteranno.
Senonché, non è questa la chiave di rilettura del libro che ci viene offerta: quasi a chieder venia per Neera in nome dei suoi tempi, o forse avendo in mente i suoi romanzi in cui si rintracciano personaggi del tutto contraddittori rispetto alle tesi enunciate nelle Idee di una donna, si tende a fare di quest’ultimo un testo di protofemminismo. Ora, se la schizofrenia tra la Neera narratrice e la teorica della questione femminile è reale (la si nota anche in questo volume, tra le Confessioni letterarie e Le idee di una donna) ciò non assolve tuttavia le tesi vigorosamente antifemministe che, appunto, Le idee di una donna enunciano.
Il volume edito da Vallecchi ha ben due prefatori: Francesca Sanvitale, autrice di un penetrante «Invito alla lettura» e Luigi Baldacci, che aggiunge le «Istruzioni per l’uso». Questo doppiarsi è significativo: nel loro sforzo, i due prefatori sembrano quasi temere che il libro venga interpretato per antifemminista: ciò che invece (occorre ripeterlo), purtroppo è, dichiaratamente. La scrittrice, dicono, via collocata nel suo tempo: ma nel suo tempo, appunto, esisteva anche l’inizio del femminismo, che Neera combatte.
Addirittura, poiché (nel solco della tradizione), essa rivendica 1’«autonomia del mondo femminile», le si fa di fatto compiere un salto ideologico col quale, superando di colpo l’intera epoca dell’emancipazione, essa diventerebbe un’antesignana della liberazione. Così Francesca Sanvitale sottolinea che Neera «ribadiva in toni fermissimi il diritto della donna a una propria biologia»; e, aggiunge, «difendere e amare il proprio privato di donna e additare lo sfruttamento della donna nella società industrializzata, quindi nel mondo del lavoro, erano due fini positivi».

Disprezzo per le donne
Può darsi. È fuori discussione che nella mentalità corrente dell’epoca (anche in quella colta) tutto ciò che aveva a che fare con le donne fosse dichiaratamente disprezzato. Tuttavia, nulla nel libro fa pensare che l'autrice si proponesse di superare di colpo la rivoluzione industriale (che indubbiamente le donne hanno pagato anche identificandosi coi modelli maschili) per balzare nel regno della sorellanza comunista. È qui che, invece di collocare l'autrice nel suo tempo, di fatto si finisce per tirarla, più o meno consapevolmente, nel nostro; e in modo pericoloso.

Ritorno a casa
L’operazione rilettura, infatti, può destare risonanze.
Le idee di una donna possono, oggi, prestarsi a venire usate come un manifesto fintamente progressivo. Ma a questo punto occorre lasciare per un momento Neera e venire all’urgere dei nostri giorni.
Il ritorno a casa della donna è, ancora una volta, nell’aria: molti elementi congiurano in questa direzione.
Il primo è ovviamente la crisi economica che, come sempre comincia con l’espellere le donne dal ciclo produttivo. Ma c’è di più. Forze progressiste, che fino ad oggi sono state paladine della lotta per l'emancipazione femminile (con tutti i suoi limiti), hanno tentazioni di ripiegamento: si veda, all’ultimo Comitato centrale comunista, l’intervento di Amendola a favore del part-time femminile. E c’è più delle tentazioni. C’è, ad esempio, l’inizio della controffensiva democristiana alla massiccia presa di coscienza «femminista in senso lato» delle donne italiane negli ultimi tempi: un segnale è il recente congresso delle donne democristiane, tenutosi all’insegna di una «autentica» quanto sospetta liberazione femminile.
E c’è, infine, benché inconsapevole, la complicità di quella parte del movimento femminista che, persa dietro il miraggio della totale immediata liberazione, dimentica che l’emancipazione non può non esserne il fondamento: così, volendo a tutti i costi recuperare valori e realtà esclusivamente «femminili», si finisce di fatto per battersi a favore di un ritorno della donna fra i «suoi» aghi e ferri da calza, la «sua» maternità, il «suo» linguaggio del corpo i «suoi» piccoli pensieri fatti solo di intuizione, che rifiutano 1’ordine « maschista » della logica. E così via.
Tutto questo è, per ora, solo latente: ma «riscoperte» come Neera, se non si è molto diffidenti verso le possibili strumentalizzazioni possono contribuire a trasformare una possibilità in realtà.


“la Repubblica”, 27 novembre 1977

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