LONDRA, 17.
«Non è più possibile,
per un uomo di idee liberali, vivere e lavorare ne gli Stati Uniti».
Con questa significativa
constatazione il grande attore e regista Charlie Chaplin ha motivato
oggi la sua decisione di non ritornare in America, annunciata
mercoledì scorso dal Dipartimento della Giustizia a Washington.
Charlot ha rilasciato
alla stampa una dichiarazione nella quale tra l’altro afferma: «Ho rinunciato a
risiedere negli Stati Uniti perché in tale paese non mi è possibile
proseguire la mia attività cinematografica. È evidente che mi è
difficile allontanarmi con la mia famiglia da un paese dove ho
vissuto per quaranta anni, senza provare un sentimento di tristezza».
«Dopo la fine della
seconda guerra mondiale, sono stato fatto segno ad una campagna di
menzogne e ad una propaganda maligna, da parte di potenti gruppi
reazionari, i quali, con la loro influenza e facendosi strumento
della stampa scandalistica, hanno creato attorno a me un'atmosfera
malsana».
In un'atmosfera come
«quella creata in America dai gruppi di cui parlo, persone di
spirito liberale possono essere messe all’indice e perseguitate».
«In queste condizioni,
ho ritenuto che mi era impossibile continuare la mia attività
cinematografica negli Stati Uniti. E questa è la ragione per la
quale ho rinunciato a vivere in tale paese».
I gruppi reazionari americani non avevano mai saputo perdonare a Charlot la pungente polemica contro l’ingiustizia sociale contenuta nei suoi film, né i sentimenti democratici e antifascisti che egli ha coerentemente professato. Il fatto che egli avesse dato la sua calorosa adesione, durante la seconda guerra mondiale, alla campagna contro lo sterminio degli ebrei da parte di Hitler e per il “secondo fronte” — la stessa accusa che è servita a far condannare Julius ed Ethel Rosenberg — sono stati sufficienti ai fascisti americani per accusarlo di «comunismo».
I gruppi reazionari americani non avevano mai saputo perdonare a Charlot la pungente polemica contro l’ingiustizia sociale contenuta nei suoi film, né i sentimenti democratici e antifascisti che egli ha coerentemente professato. Il fatto che egli avesse dato la sua calorosa adesione, durante la seconda guerra mondiale, alla campagna contro lo sterminio degli ebrei da parte di Hitler e per il “secondo fronte” — la stessa accusa che è servita a far condannare Julius ed Ethel Rosenberg — sono stati sufficienti ai fascisti americani per accusarlo di «comunismo».
Agli attacchi sul terreno
politico e razziale, si aggiungevano, da parte degli stessi gruppi,
accuse di «immoralità» - e il boicottaggio di alcuni film di
Charlot, come il più recente Limelight (Le luci della
ribalta) del quale le squadre fasciste della American Legion
hanno impedito la programmazione in numerosi cinema.
È stato in occasione del
recente viaggio in Europa che il governo, associandosi alla ignobile
campagna fascista, ha formalmente prospettato la possibilità che a
Charlot fosse vietato il ritorno in America, unendo in una pubblica
dichiarazione .il nome del grande artista a quelli di alcuni noti
gangster giudicati indesiderabili. Mercoledì, il Dipartimento della
Giustizia rendeva noto peraltro che Chaplin aveva spontaneamente
restituito il passaporto alle autorità di immigrazione.
Al gesto, è seguita oggi
la dichiarazione già riferita: l'addio di Charlot ad un paese dove, in nome
dell’antisovietismo e della preparazione bellica si sta cancellando
ogni traccia di democrazia.
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