Perugia, 1929 - Gianfranco Contini (a destra) con Aldo Capitini (a sinistra) |
Gianfranco Contini si
definiva "antifascista frustrato". Nel 1989 ricordò a
Ludovica Ripa di Meana (Diligenza e voluttà, Mondadori) la
sua esperienza del 44 in val d'Ossola come rappresentante del Partito
d' Azione. Per cinque settimane aveva lasciato Friburgo, dove
insegnava da sei anni, e quell'esperienza, diceva, era stata
"assolutamente esaltante": "La cosa più straordinaria
è che la popolazione (...) era veramente entusiasta. E quando la val
d'Ossola fu rioccupata, la gran parte della popolazione si rifugiò
in Svizzera, e i fascisti trovarono la città deserta". Quanto
al presente, affermava: "È forse ridicolo passare per
moralista, ma io vorrei che si sentisse che esiste il prossimo".
Cosa resta, ora, del Contini politico? "La stagione politica di
Contini è stata breve ma molto intensa. E ci vorrebbe una messa a
fuoco", dice Giovanni Pozzi, e lo sguardo gli si illumina di
allegro interesse: "Lo farò io, un volumetto di Scritti
politici di Gianfranco Contini anzi, di Scritti politici e
morali. Lo farò per Adelphi, una cosa semplice, scritti ossolani
e ticinesi, qualche altra cosa, e una prefazione".
Sono belli, gli scritti
politici di Contini? "E di grande originalità: di un politico
non professionale, dettati da premesse non ideologiche. Ci sono
pagine sui giovani, sull'Europa, su Aldo Capitini, che sono
riflessioni sulla moralità dell'azione. Per la parzialità delle
informazioni che riceveva, le sue vedute politiche non sono tutte
illuminate. Ma c'è grande attualità e freschezza nel modo di
pensare politico con la doppia ispirazione morale e religiosa. La
politica è l'arte del possibile, e lui ci mette un pensiero. Non
vuole la politica pura, come non voleva la poesia pura, crociana. Non
è mai vago, Contini, c'è sempre concretezza. Non c' è paragone con
gli altri scrittori antifascisti che sono di cultura retorica,
avvocatesca, meridionale. Qui siamo in Lombardia, di fronte a un
intellettuale, che è critico militante di scelte molto esclusive,
che è filologo nel senso stretto della filologia come tecnica
testuale, e fa una parentesi... alla grande. In Italia non l'avrebbe
mai fatto. Non c'erano luoghi, per farlo, in Italia".
Contini deve molto alla
Svizzera e il ticinese padre Giovanni Pozzi, uno dei sette che si
laurearono con lui a Friburgo, ne parla volentieri. L' università
dei cattolici svizzeri, Friburgo, chiamò Contini alla cattedra di
filologia romanza nel 1938. Contini ha 26 anni ed è celibe: per
questo dato anagrafico non può insegnare in Italia. Friburgo è
cruciale, per lui, anche sul versante politico. Dalla cattedra che è
stata di Bertoni, di Monteverdi, di Migliorini, Contini scopre il
cuore italiano della Svizzera nel canton Ticino, dove stringe
amicizie, partecipa a una significativa giuria, recensisce il primo
Pasolini e dà alle stampe Finisterre di Montale. Viene il
1943, l' armistizio, l'8 settembre, l'invasione dei rifugiati
italiani ed emerge - dice Pozzi - "la solidarietà - poco
ricordata - di una popolazione italiana che non appartiene
all'Italia. In nome della cultura". Le università svizzere
accolgono gli studenti italiani e i giornali ticinesi si riempiono di
firme italiane. "Anche se c' era la censura, se la carta era
razionata e i giornali erano esilissimi, fatti di due fogli, -
ricorda Pozzi - tra il 44 e il '45 escono centinaia di contributi
italiani". Firme disparate: da Montanelli che firma Calandrino a
Franco Fortini, a don Gnocchi. In Cultura e azione, il
supplemento del “Dovere”, quotidiano liberale radicale, che lui
diresse dal febbraio al giugno 45, escono gli scritti politici del
filologo, raccolti con altri da Renata Broggini nelle Pagine
ticinesi di Gianfranco Contini (Salvioni). Cose straordinarie,
come Noi e i tedeschi,
uscito nell'aprile. Un articolo scritto per trasferire agli italiani
il messaggio che Karl Barth, il teologo protestante di Basilea,
rivolgeva ai connazionali complici del nazismo: "quanto più è
religioso che l'uomo accetti le proprie colpe, piuttosto che
affannarsi in ogni istante a proclamare la sua totale innocenza".
Anche il Contini religioso è tutto da studiare.
la Repubblica, 28 gennaio
2000
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