7.1.17

L'anormale di Pisa (Irene Bignardi)

Pisa. Piazzza dei Cavalieri, La Normale
Che cos'hanno in comune Carducci e Carlo Rubbia, Enrico Fermi e Carlo Azeglio Ciampi, Alessandro Natta e Pietro Citati? Oltre alla visibile appartenenza al mondo dell' intelligenza, hanno in comune qualche anno in un' istituzione che domani compie i suoi centosettantacinque anni, e che sarà celebrata con una commemorazione a cui parteciperanno, tra gli altri, Jacques Le Goff e Marino Berengo, Georges Poitou e lo stesso Carlo Rubbia.
L'istituzione è la Scuola Normale superiore di Pisa, e i suoi centosettantacinque anni sono un'età imprecisa. Perché infatti la Scuola Normale è nata ufficialmente, grazie a un decreto napoleonico che voleva favorire l' istruzione in Toscana (pays qui a rendu des services essentiels aux sciences et aux arts), il 18 ottobre 1810, in coincidenza con l' apertura, in Francia, della École Normale, nata insieme alla Università imperiale. Ma la sua attività ha avuto inizio proprio nel 1813, centosettantacinque anni fa, sotto gli auspici del grande naturalista francese Georges Cuvier. Doveva essere un pensionato per preparare i professori delle scuole medie dell'Impero. È diventata una leggenda. In questi centosettantacinque anni la Scuola Normale (che non è un' università, ma una scuola nient'affatto normale, anzi molto speciale, che seleziona rigidamente i propri studenti, li alloggia e li nutre, li accoglie solo se continuano a mantenere un altissimo curriculum universitario, e che a tutto questo affianca corsi e seminari di grande impegno suddivisi nei due rami di Lettere e Scienze) ha avuto alti e bassi, fortune e mutamenti. Fu abolita, con la restaurazione, da Ferdinando III e fu ripristinata da Leopoldo II di Lorena. Nel 1862 venne adottata dal Regno d'Italia come sua Scuola Normale.
Ha avuto una serie impressionante di illustri direttori, da Giuseppe De Sanctis a Luigi Russo, da Leonida Torelli a Gilberto Bernardini (oggi ne è direttore un fisico teorico, Luigi Radicati di Brozolo). Nel 1932 il suo statuto è stato ridisegnato da Giovanni Gentile che a più riprese ne è stato direttore; ed è stato Gentile ad istituire all' interno della scuola i primi due posti di professore di ruolo (prima venivano chiamati dall' esterno) che adesso sono diventati dodici per Lettere e dodici per Scienze. Ed è stata per tutti i suoi allievi una grande, indimenticabile esperienza di studio e di vita. Perché non bisogna credere che dietro la bella facciata vasariana di Palazzo dei Cavalieri, nelle grandi stanze austere e nobilissime dei normalisti, nei refettori e nelle biblioteche, la vita sia stata solo studio, o che dietro le alte medie richieste (tutti gli esami nella sessione giusta e la media del 27, pena l'espulsione) la Normale sia solo la sede di un rally dell'efficienza. La Normale è stata anche, e molto, un centro di passioni ideali e politiche.
Alessandro Natta, che vi fu studente e poi perfezionando tra il 1937 e il 1941 la ricorda come una specie di oasi di discussioni aperte, in cui lo stesso Gentile, con quello che lui chiama il suo intelligente opportunismo, dopo la persecuzione in Germania, diede ospitalità a numerosi ebrei tedeschi tra cui Kristeller, che alla Normale lavorò come lettore di tedesco: per poi emigrare verso gli Stati Uniti e verso il suo naturale destino di studioso dell' Umanesimo quando, una volta promulgate le leggi razziali in Italia, lo stesso Gentile non poté più nulla. Di quegli anni Natta ricorda che alla Normale erano tutti antifascisti più o meno impegnati, anche grazie all'influenza esercitata sulla scuola, che era stata la sua, da Aldo Capitini: il quale assieme a Ragghianti e a un giovane genovese di nome Baglietto (che sarebbe poi morto in guerra) aveva sacrificato le sue possibilità di una brillante carriera nella scuola per non prendere la tessera del partito.
Nel 1941 Natta abbandonò Pisa per andare in guerra. E nel 1942 i suoi amici e maestri Ragghianti, Calogero, Codignola, lo stesso Capitini vennero tutti arrestati, e molti altri normalisti si impegnarono nella battaglia antifascista. I ricordi di Pietro Citati che entrò diciassettenne alla Normale subito dopo la guerra sono meno politici (anche se ricorda la singolare mescolanza, nella scuola, di storici marxisti e di filologi classici) e più colorati. Gli studi erano come sempre eccellenti, ma la fame tanta. E oltre a tante, infinite minestre, Citati ricorda una carne misteriosa da lui e dai suoi sodali ribattezzata vipistrello (perché non era né pollo né coniglio ed era piena di ali). Altrettanto cupi i ricordi alimentari di Giulio Bollati, che racconta come negli anni di guerra arrivassero da Budapest alla Normale vagoni interi di una misteriosa selvaggina che a lui sembravano fagiani putrescenti e che a causa della trasparenza era stata ribattezzata racchetta.
Il maestro carismatico di quegli anni era Delio Cantimori, che Citati descrive pieno di grazia e di timidezza, e di cui Bollati ricorda ancora che, vedendo arrivare l' allievo prediletto un mattino alle otto nel suo ufficio, lungo lungo e magro magro, dopo massacranti ore di studio, Cantimori gli disse che aveva bisogno di nutrirsi e gli offrì un bel bicchierone di grappa. “Ma quanto a darmi due giorni di pausa, neanche parlarne”.
In questa austera follia lavorativa, in questo regime da anacoreti del sapere, sostiene Citati, non si è mai prodotta però l'infelicità dei college inglesi. Anzi, Pisa è sempre stata lì fuori, per tutti, con la sua vivezza e la sua bellezza. Il Sessantotto ha portato la sua ventata di innovazione e di disordine anche nelle austere sale della Normale. Fabio Mussi che con Massimo D'Alema visse alla Normale quegli anni di battaglie, che fu sospeso per una sessione, e che passò l' estate da solo a Pisa assieme a D'Alema e al portiere della scuola ricorda la mancanza di sonno, la sostanziale comprensione, appena scandalizzata, del direttore Gilberto Bernardini (che era più liberale che liberal, ma sapeva capire) e il fatto che, nel rispetto assoluto della qualità e dell'intelligenza alla Normale si perdeva qualsiasi senso di classe.
Ora la scuola continua nella sua nobile ambizione di ricerca del meglio assoluto. Furio Diaz, storico dell'Illuminismo, ricorda divertito come Bernardini, nel 1970, si sia rivolto a lui in gran segreto per chiedergli chi fossero i migliori storici di quel periodo. Lui suggerì Franco Venturi e Eugenio Garin. E Garin a sua volta interpellato, chiese a Bernardini perché mai non si prendesse un eccellente storico come Diaz. Che infatti, non permaloso, dal 1975 insegna anche lui alla Normale. A questa scuola dove si studia benissimo e si prepara gente in gamba, secondo la sintetica definizione del direttore attuale, Radicati di Brozolo, le celebrazioni allegre di questo compleanno dovranno contribuire a togliere l'immagine un po' dura e ferrigna, che forse spaventa molte intelligenze a tentarne la strada. La Normale è sempre speciale. Ma forse è diventata un po' più normale.

“la Repubblica”, 17 novembre 1988  

Nessun commento:

Posta un commento