6.5.17

Paolo, l'apostolo.Intollerante, appassionato e mai convenzionale (Filippo Gentiloni)

Caravaggio, La Conversione di San Paolo
Di volumi su Paolo, apostolo, scrittore, teologo, ne sono stati scritti talmente tanti, e sotto tutti i punti di vista, che può apparire inutile aggiungere un altro titolo ad una bibliografía pressoché infinita. Eppure il nuovo libro di Barbaglio (Cittadella Editrice, Assisi), - uno dei biblisti italiani più noti e preparati — riesce a dire non poco di nuovo. Partendo proprio dal presupposto delle molte lettura di Paolo — ortodosse ed eretiche, rivoluzionarie e reazionarie, mistiche e pragmatiche, ecc. — Barbaglio affronta tutto Paolo (vita, scritti, attività missionaria) dal punto di vista della critica storica, rigidamente intesa, con sano equilibrio nell’uso delle fonti, senza forzature e senza il benché minimo dogmatismo. Questo approccio scientifico, d’altronde, non è una novità: più nuove, invece, le due ottiche che Barbaglio inserisce nell’approccio storico-critico: la contestualizzazione di Paolo nel vasto quadro della chiesa e della società e letteratura del suo tempo, e, in secondo luogho, la ricezione di Paolo nella chiesa primitiva (fino a tutto il secolo II) : il titolo è, infatti, Paolo di Tarso e le origini cristiane.

Come viveva Paolo
La prima ottica permette una lettura di Paolo più facile, specie per chi ha una certa conoscenza laica dell’antico mondo latino, greco e mediorientale, e più profonda. Si vedano, come esempio, le pagine dedicate allo stato sociale e civile di Paolo, soprattutto al suo sostentamento mediante il lavoro manuale (cap. IV) e anche le pagine sulla epistolografia antica (179 ss.) che consentono una lettura molto agevolata delle famose e difficili lettere dell’apostolo.
Sulla base di studi ormai sicuri, Barbaglio distingue nettamente, d’altronde, nel ricco epistolario paolino inserito nel canone del Nuovo Testamento le sette lettere che si possono dire autentiche (la prima ai Tessalonicesi, le due ai Corinti, quelle ai Galati, ai Filippesi, a Filemone, ai Romani) dalle altre sei che sono state scritte nell’ambito della sua scuola (la quattordicesima della serie, quella agli Ebrei, ha poco o niente di paolino).
Ancora più nuova l’ottica della ricezione, che occupa gli ultimi capitoli del volume, i più originali. Dalla fine del primo secolo a tutto il secondo, Paolo domina il cristianesimo primitivo, al punto da far pensare che la figura stessa di Gesù ne restasse oscurata (ma Barbaglio rifiuta, documenti alla mano, questa radicalizzazione). O per osannarlo, o per accusarlo, o per cercare di farlo dimenticare tacendo, Paolo è al centro delle polemiche e dei dibattiti.
Le due principali correnti «eretiche» (le virgolette sono necessarie, parlando di un’epoca nella quale non erano stati fissati i criteri di una «ortodossia») del secolo II si appropriano, in maniera diversa, dell’insegnamento di Paolo, giocandolo contro i loro avversari «ortodossi». Marcione e i suoi seguaci, radicalizzandone l’insegnamento in senso antigiudaico, dualistico, quasi manicheo; gli gnostici esaltandone gli aspetti spiritualistici, pneumatici, neo-platonici. Le correnti cristiane più legate all’antico giudaismo, intanto, lo condannano perché traditore dell’antica tradizione. Barbaglio, però, documenta il cammino non sempre rettilineo del pensiero paolino negli scritti teologici dei primi secoli, fino a divenire — alla fine del secolo II e ad opera soprattutto. di Ireneo di Lione e del suo grande influsso — il teologo cristiano più influente, citato e rispettato.

Un gigante e i suoi limiti
Come qualsiasi opera scientifica, anche questa di Barbaglio fornisce una quantità di strumenti, ma non offre valutazione a poco prezzo. Il suo Paolo è una figura gigantesca, ma non isolata dai condizionamenti del tempo e non priva di limiti: gli uni e gli altri appaiono puntualmente dove è logico aspettarseli. Nel grave problema, ad esempio, delle attese escatologiche, che Paolo affronta in varie fasi successive, fornendone soluzioni non sempre .definitive né soddisfacenti; cosi, altro esempio interessante, nella questione del ruolo delle donne nelle comunità. Ed anche nell’annoso problema dell’atteggiamento di Paolo nei confronti dei problemi sociali del tempo (schiavi, ecc.): Barbaglio approfondisce l’analisi dei testi e dei contesti, evitando le facili conclusioni. «A parere di Paolo, luogo dell’attuale novità cristiana è la sfera del personale e l’ambito comunitario delle piccole aggregazioni ecclesiali, mentre il gran mondo resta il destinatario della missione evangelizzatrice. Alle Comunità cristiane, caratterizzate da fattivo amore e fraterna solidarietà, assegna il ruolo profetico di prefigurazione della nuova umanità e del nuovo mondo. Possiamo anche individuare le cause di tale ristretta visuale: la fallace persuasione della prossima fine della storia che sarà chiusa dalla venuta di Cristo glorioso; soprattutto il radicale pessimismo verso le capacità dell’uomo di guidare i suoi passi, conseguente al dogma che la salvezza ha Cristo e Dio come sua unica fonte» (pagg. 217-218).

Paolo è un personaggio al quale non ci si può accostare con indifferenza: o simpatia o antipatia, ed accese, come la storia della sua ricezione dimostra (peccato che Barbaglio si sia fermato al 200!). Da questo volume traspare una profonda passione per un personaggio intollerante ed appassionato, forse integrista, ma mai convenzionale, una figura che da venti secoli continua a interrogare, a porre in questione chi gli si accosta. Ma Barbaglio è riuscito a imbrigliare la simpatia. Nessun orpello, nessuna parola in più: ogni riga un concetto, una citazione, un rinvio. Un testo, pur nella sua completezza, stringato, essenziale, una dote rara ai nostri tempi.

"il manifesto", ritaglio senza data, probabilmente 1985

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