5.8.17

Il frantumatore dell'Ue adesso abita all'Eliseo (Roberta Carlini)

Nell’Acea, la società che rifornisce di acqua la capitale d’Italia, c’è un azionista francese, Suez, che con il 23,3 per cento è il primo socio privato del gruppo, il cui controllo è nelle mani del Comune di Roma. Quello in Acea è solo un avamposto (più visibile, dato il momento, tra emergenza siccità, scontri politici e inchieste giudiziarie) di un esercito di aziende francesi in Italia, in tutti i settori, più spesso in posizione di controllo che di minoranza. Sono stati più di 100 i miliardi di euro investiti da società francesi in acquisizioni italiane negli ultimi venti anni, contro i 52 miliardi del flusso opposto, dall’Italia alla Francia. Conteggio che non comprende l’ultima, il colpo grosso messo a punto da Fincantieri con l’acquisizione del 66,6 per cento di Stx, i cantieri navali di Saint Nazaire. Per bloccarlo, il governo francese ha deciso il ricorso all’arma estrema, la nazionalizzazione. Trasformando quello che pareva solo un braccio di ferro affaristico-politico in una fiera dei paradossi; dando la prima reale prova della politica economica di quell’oggetto misterioso che è apparso improvvisamente nel firmamento politico, Emmanuel Macron; nonché sferrando l’ennesimo colpo a un’Unione europea sempre più agonizzante.
Il primo paradosso è proprio in quella bandiera europea sotto la quale, accompagnato dalle note dell’Inno di Beethoven, il presidente francese ha fatto la sua prima passeggiata all’Eliseo: dedicandosi attivamente, subito dopo, a frantumare ogni parvenza di solidarietà europea, prima di tutto sulla questione dei migranti e rifugiati, poi nelle sue iniziative unilaterali in Libia, e adesso in economia. Da quella passeggiata a oggi, il cammino di Macron si è manifestato molto più simile all’antico nazionalismo francese che all’europeismo moderno che ha illuso qualcuno; risvegliando la memoria degli storici che ben sanno che, nel processo di costruzione di un’ormai lontana Europa federalista, i francesi hanno frenato sempre e molto più dei rigorosi tedeschi.
Passando all’economia, i paradossi si moltiplicano. Il moderno Macron, banchiere e liberale, che straccia come un foglietto di nessun valore un’acquisizione fatta sul mercato, nonché la parola presa dal suo predecessore Hollande. Peggio: il suo ministro dell’economia, che viene dalle fila della destra liberista, che firma la prima nazionalizzazione della “Macronomics”. Un ribaltone che fa saltare tutti gli schieramenti tradizionali: se è vero che, in casa Stx, i sindacati sono tutt’altro che contenti della nazionalizzazione, anzi la Cgt non fa mistero di preferire una soluzione industriale straniera a una pubblica interna. E l’Europa, pronta ad alzare il ditino a ogni sospetto di aiuto di Stato, che si appresta a fare buon viso al nuovo gioco, e digerire l’esercizio della golden share francese a tutela dell’industria strategica delle navi da crociera e delle fregate militari.

Annunciando la sua clamorosa decisione, ieri il ministro francese dell’economia l’ha definita una “nazionalizzazione temporanea”; facendo capire che è solo una mossa, molto dura ma non definitiva, sulla strada del negoziato con l’azienda pubblica italiana. Il tempo ci dirà se tutto ciò prelude a un nuovo accordo, nel quale il governo francese possa salvare la faccia dell’orgoglio nazionale mantenendo la sostanza dell’accordo; oppure se finirà in rottura definitiva, e se dietro c’è una nuova strategia di alleanze del complesso politico-economico-militare d’Oltralpe. In ogni caso è evidente che parliamo di complessi e di politiche nazionali, con buona pace della retorica sulla più grande area economica integrata del mondo – l’Europa – e sul suo glorioso futuro politico. Con l’Italia in evidente difficoltà, se non altro perché ha meno alleati nel resto dell’Europa (il caso delle banche lo ha appena dimostrato) e perché in perenne campagna elettorale. Di positivo però, c’è la caduta di alcuni miti e ipocrisie, come quella del libero mercato, perennemente sbandierata ma solo dalle parti dei più deboli; e l’annientamento delle tradizionali linee di divisione destra/sinistra, tutte in attesa di essere ridisegnate. Cos’è l’interesse nazionale? E quello europeo? E quello pubblico? Il Macron della marsigliese ha dato la sua risposta, evocando più Trump che Mitterrand.

Ripreso dal sito di Roberta Carlini (http://www.robertacarlini.it/ ) scritto per Finegil e pubblicato il 28 luglio 2017 dai quotidiani locali del gruppo “L'Espresso”


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