20.8.17

Negli atelier di Brera adesso si parla mandarino (R.F.)

L'articolo che segue, sui movimenti internazionali nelle Accademie e alte scuole d'arte, completa un paginone di “pagina 99” dedicato alla formazione degli artisti nel nostro tempo. La sigla dovrebbe corrispondere a Rossella Farinotti, autrice dell'articolo principale. (S.L.L.)

Movimenti in Accademia.
Non cala il numero di ragazze e ragazzi
che si spostano a Londra o in Germania 
per apprendere le Fine Arts. 
Ma dalla Cina arrivano i rincalzi

L’erba del vicino è sempre più verde, si dice. Parlando di Accademie e di scuole d’arte, quando l’Italia guarda agli altri paesi, purtroppo il vecchio detto ha qualche fondamento, già a partire dal ruolo sociale dell’artista; in molti stati europei, dal Regno Unito alla Polonia alla Francia, quello dell’artista è riconosciuto come un mestiere serio e rispettato, spesso con tanto di stipendio mensile statale. Uno status che si riverbera ovviamente sul percorso di formazione, sull’accademia, insomma. Nel suo Artisti si diventa (Carocci) Angela Vettese, critico d’arte e direttore di Arti visive e Moda all’Università Luavdi Venezia, scriveva nel 1998 (e la situazione da allora negli atelier di Brera non è cambiata) che«nella maggior parte dei paesi anglosassoni sono nate, accanto alle accademie di Belle Arti, facoltà universitarie di Fine Arts in cui risultano prevalenti gli aspetti teorici e lo studio delle tecnologie avanzate applicate all’immagine. Su questo presupposto funziona una scuola rinomata come la Ucla di Los Angeles, che costituisce un modello a cui si ispirano molte altre istituzioni americane». Negli Stati Uniti anche le università hanno corsi di studio e lauree finalizzate alla formazione dell’artista e del designer.
Non basta; in diversi paesi europei e negli Usagli studenti vengono selezionati da un comitato scientifico composto da docenti artisti, curatori, teorici del settore attraverso prove d’ingresso e la visione del portfolio. Questo per lo più in Italia non accade (o viene messo in pratica secondo parametri poco definiti); i test di ammissione consistono in un quiz di cultura generale e, per gli artisti, in una prova pratica. Commenta Vettese; «Se dall’Accademia di Dusseldorf esce una percentuale molto elevata di artisti di successo, è anche perché su venti giovani che fanno richiesta ne viene selezionato solo uno».Studenti e aspiranti artisti sono dunque scelti con grande rigore. E naturalmente i costi ne risentono. Esempio lampante è l’Art Institute di Chicago, dove dagli anni ’80 escono ottimi artisti che poi molto spesso tornano a scuola come docenti (è il caso di Teff Koons, che è stato di recente visiting professor)-. per il solo biennio il corso costa 80 mila dollari (che lo Stato spesso anticipa sotto forma di grant). Quanto agli insegnanti, il meccanismo della “chiamata alla docenza” (meno vincolante rispetto alla situazione italiana) consente alle Accademie di invitare con maggiore frequenza artisti di grande nome. Così, limitandoci solo a due istituzioni tedesche, nelle accademie di Dresda e Dusseldorf troviamo oggi docenti come Tino Sehgal, Anselm Kiefer, Gerhard Richter, Peter Doig (e il nostro Mimmo Paladino).
In Italia la libertà di movimento è minore, ma non bisogna generalizzare. Non solo grandi realtà statali come Roma e Milano, ma anche istituzioni di dimensioni più ridotte, offrono insegnamenti di artisti riconosciuti ; a Bergamo, trai docenti troviamo Eva Marisaldi o Riccardo Benassi, mentre all’Albertina di Torino insegna Simeone Crispino dei Vedovamazzei.
Del resto, c’è ancora chi si trasferisce in Italia per studiare arte. Un recente studio sull’Accademia di Brera, che conta oggi più di 4 mila iscritti, rileva che «il 25% degli studenti proviene dalla Cina, con cifre superiori alla media delle università italiane». Secondo il rendiconto economico integrato della gloriosa istituzione milanese per l’anno accademico 2013-2014, presentato nei giorni scorsi, l’85% degli studenti stranieri viene da Paesi extracomunitari, in prevalenza appunto dalla Cina.
Ma nel complesso, spiega Marco Eugenio Di Giandomenico, economista dell’arte, «la presenza straniera è minore rispetto a quella della Germania, dove gli studenti provenienti dall’estero si aggirano intorno al 10%. E non parliamo del Regno Unito, dove si arriva al 25%». Inoltre, sono numericamente pochi i ragazzi e le ragazze provenienti da altri Paesi europei o dagli Usa che scelgono di studiare in Italia per diventare artisti. Se vengono, è per assorbire la cultura nelle città d’arte come Roma, Firenze o Venezia, non per iscriversi ai corsi di studio delle Accademie. Avviene invece il contrario; anche se manca un dato riferito specificamente alle Accademie e alle scuole di Fine Arts, il numero di studenti italiani iscritti ai corsi di istruzione superiore all’estero, in particolare in Germania e nel Regno Unito, è in aumento (+ 12 % nel 2014 rispetto all’anno precedente). La bohème, insomma, pendola sempre più tra Londra, New York e Berlino.


“pagina 99we”, sabato 5 dicembre 2015

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