5.9.17

1932: Farinacci contro Augusto Turati. Ricatti di sesso fra gerarchi che si odiavano (Sergio Turone)

Sulla campagna contro Augusto Turati, che Mussolini volle alla guida del partito fascista al posto di Roberto Farinacci per frenare lo strapotere dei cosiddetti “ras”, esistono versioni diverse rispetto a quella qui avallata dal giornalista e storico Sergio Turone suo libro Politica ladra. È verosimile che le voci diffuse dagli amici di Farinacci contro il Turati sul finire degli anni Venti, quando era ancora Segretario del PNF, riguardassero una sua presunta omosessualità; ma la ragione per cui fu destituito nel 1930 era connesso ad altro, allo scandalo Belloni, relativo agli arrichimenti e malversazioni del podestà di Milano, nei riguardi del quale si rimproverava a Turati una scarsa vigilanza. Al suo posto arrivò Giovanni Giuriati che prese troppo sul serio l'incarico di epuratore e perse proprio per questo l'incarico dopo appena un anno: su di lui la diffusione di voci di omosessualità fu decisamente più insistente. Tanto che, quando nel 1931 Mussolini decise di sostituirlo con Starace, costui - secondo il racconto del giornalista Mattei – festeggiò la propria nomina offrendo pasticcini e dicendo: “Se il vicesegretario mangia con tanto appetito, vuol dire che l'ha messo in c... a Giuriati”.
Gli avvenimenti che Turone ricostruisce nelle pagine che qui riprendo (un po' fuori tema rispetto al suo libro che si occupa di corruzione) si svolgono a Torino, ove Augusto Turati si era trasferito da Roma, dopo il suo allontanamento dalla segreteria del PNF e riguardano soprattutto il 1932. (S.L.L.)
Augusto Turati e Roberto Farinacci negli anni '20 del Novecento
Abbiamo lasciato poche pagine addietro Augusto Turati alle prese con le conseguenze per lui nefaste del caso Belloni. Rimosso dalla segreteria del Pnf, Turati ebbe l’incarico di dirigere «La Stampa» di Torino. Ciò non piacque a Farinacci, che avrebbe voluto la totale scomparsa politica dell’odiato rivale, e invece se lo ritrovava concorrente in campo giornalistico, e per giunta alla direzione di un quotidiano d’antica tradizione, sicuramente più prestigioso del suo «Regime fascista». E vero che lui, Farinacci, aveva anche la risorsa della professione forense, ma questa gli serviva, come abbiamo visto, solo per arricchirsi, e non aveva che un’indiretta incidenza sul piano del potere politico.
Il ras di Cremona decise pertanto di tener d’occhio Augusto Turati, convinto che prima o poi questi avrebbe compiuto il passo falso decisivo. Naturalmente Mussolini, grazie al proprio efficientissimo servizio d’informazioni, era al corrente di tali propositi. In un rapporto conservato nell’archivio del Duce veniva riferito quanto risultava dalle segnalazioni di polizia: Farinacci «si ostina tenacemente a indagare sulla vita intima dell’ex segretario del partito col proposito di sfruttare ogni occasione di scandalo».
Turati non lasciava assolutamente margini ad accuse di omosessualità, ma all’occorrenza anche l’erotismo eterosessuale poteva offrire — se accortamente utilizzato — occasioni utili a un nemico abile e grintoso. Il direttore della «Stampa» aveva dunque un’amante, una italo-francese, modista a Torino, Paulette Marcellino.
La povera Paulette, colpevole solo di non disdegnare le dolcezze appaganti dell’amplesso, finì col trovarsi al centro di un intrigo erotico-politico denso di risvolti comici, che lei però visse come tragici.
Fino a quando la relazione fra Augusto e Paulette proseguì amena o felice, non ci furono scosse. Il dramma cominciò — ma se ne videro subito gli effetti — il giorno in cui il giornalista-gerarca decise che quell’amore si era esaurito e piantò la bella modista.
Farinacci fu informato della rottura, seppe che la donna era furibonda per essere stata piantata, ed entrò in azione. Si recò a Torino per incontrare Paulette e, forte del suo fascino virile al quale i crismi del potere conferivano irresistibilità, la sedusse: o, come si diceva ancora, “la fece sua”.
Tutto questo è ricostruibile in termini di rigorosa ricerca sulla base di documenti d’archivio pubblicati da Petacco, perché i solerti informatori di Mussolini indagarono con grande sagacia e riferirono tutto. Riferirono anche la frase precisa con cui Paulette smentì Farinacci (il quale aveva poi negato di aver avuto rapporti intimi con lei): «Fu a Torino — raccontò la poveretta, — in quella camera dove ero già stata con Turati. Lui ha visto la mia debolezza ed io, eccitata com’ero, con quell’uomo ancora nel sangue, non ho avuto la forza di dire di no a Sua Eccellenza Farinacci che mi amò due volte».
L’interessato seduttore acquisì dunque sulla donna un ascendente, del quale si servì per convincerla a consegnargli parte delle lettere che Augusto Turati le aveva scritto nel corso della relazione. Lettere d’infuocata fantasia erotica. Farinacci le fece pervenire a un giornale francese, che le pubblicò. Sembra che nella sessualità di Turati ci fossero componenti sadomasochiste. I giornali italiani, beninteso, non fecero parola della vicenda, ma il sussurro a Torino era assai diffuso, e i redattori della «Gazzetta del popolo» — quotidiano concorrente della «Stampa» — si davano un gran daffare per alimentarlo nelle conversazioni da salotto, in cui il gusto del proibito era apprezzatissimo.
Quando il sussurro si fece tuono, Turati — nell’agosto del 1932 — perdette anche la poltrona di direttore della «Stampa». Il giornale lo congedò con un saluto, che meriterebbe di essere ricordato nella storia dell’informazione come esempio-limite del giornalismo fascista: «Salutiamo Augusto Turati con virile animo: rivolgiamo il pensiero a Colui che tutto sa e tutto vede, a Colui che legge con occhio fermo nei cuori umani».
«Colui» non era Dio, ma, naturalmente, Mussolini. Il commentino era così impudicamente apologetico, da far supporre che la forzatura fosse stata voluta da un diabolico redattore-capo in fama di antifascista: Santi Savarino. Di tale sospetto si fece eco esplicitamente l’anonimo autore del rapporto «Riservato per il duce», che porta la data del 10 agosto 1932. Senza dubbio a decidere la cacciata di Turati dalla «Stampa» era stato lo stesso Mussolini, il quale però poi aveva sollecitato dai suoi informatori un supplemento di indagine su tutta la grottesca vicenda. Il documento del 10 agosto la riassume con ampiezza di particolari. E lascia capire che Farinacci, nella sua spregiudicata offensiva contro il rivale, poteva aver trovato un alleato nel senatore Giovanni Agnelli, padrone della Fiat e della «Stampa».
Perché fra Turati e Agnelli i rapporti erano divenuti freddi? «L’Agnelli — riferisce il rapporto 10 agosto 1932 — avrebbe voluto impiantare a Torino — con capitale straniero — una grande fabbrica di gomma, ed avendo trovato a Roma — presso il Duce — un reciso diniego, avrebbe preteso dal Turati una forte pressione per riuscire a strappare la concessione, al che il Turati si sarebbe rifiutato».
In questo clima di tensione fra editore e direttore della «Stampa» s’inserì la storia di Paulette Marcellino. Torniamo al testo del rapporto riservato: «Costei, bella femmina rapace un tempo, ora sarebbe a Torino ritirata dalla vita allegra ed avrebbe una casa di confezioni. Il Turati avrebbe stretta una folle relazione con questa Paulette, la quale sarebbe pazzamente innamorata di lui. Senonché ad un certo momento l’On. Turati si sarebbe stancato di questa relazione ed avrebbe piantato la ex cocotte, la quale fuori di sé per il dolore e l’ira avrebbe fatto un grossissimo scandalo. Sarebbe andata a raccontare per Torino le cose più intime di questa relazione: debolezze e degenerazioni dell’uomo che — a detta della Paulette — sarebbe un sadico terribile — fino a parlare, negli eccessi del sadismo, di bimbe da sventrare, ecc. ecc. — un cocainomane ed altro».
E Farinacci? Il rapporto così prosegue: «L’On. Turati molte di queste tristi cose avrebbe scritte anche in una quarantina di lettere folli, dirette alla Paulette; la quale, avvenuta la rottura, ne avrebbe portate due all’On. Farinacci — per servirsene contro l’ex segretario del Partito — e le altre le avrebbe mandate in Francia, presso un notaio».
Augusto Turati aveva cercato di organizzare la propria difesa; e in un primo momento aveva convinto la povera Paulette a ritrattare, e a dire che le lettere non erano autentiche. La donna, evidentemente ancora innamorata, aveva tentato di rimangiarsi le accuse, aveva riferito le pressioni esercitate su di lei da Roberto Farinacci, dopo che questi, nalla camera del peccato, l’aveva amata «due volte». Ma evidentemente «Colui che tutto sa e tutto vede» capì come erano andate le cose: le pressioni di Farinacci su Paulette c’erano state davvero, però le lettere di Augusto erano autentiche. Per tanta infamia, il siluramento dalla direzione della «Stampa» non era castigo bastevole: un mese dopo Turati fu espulso dal partito.


Da Politica ladra. Storia della corruzione in Italia 1861-1992, Laterza 1992

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