4.9.17

A Sondrio (Piero Chiara)

A Sondrio, girando per le strade del centro verso sera, quando la gente entra ed esce dai negozi e pare aver fretta di ricoverarsi nelle case, mi sono sempre chiesto, come altre volte a Domodossola, a Aosta o in altri luoghi simili, quale sarebbe stata la mia sorte se mi fosse toccato passarvi la vita. Avrei potuto essere sondriasco (e perché no, se esistono i bergamaschi e i comaschi), domodossolano, aostano o bolzanino, solo che quel meridionale di mio padre, invece di venir confinato come doganiere a Luino, fosse stato assegnato ad una di quelle città di frontiera.
Vivere a Sondrio mi sarebbe piaciuto, benché io sia poco montanaro di temperamento. Sarei diventato impiegato del municipio, magari addetto all’acquedotto, oppure dipendente di qualche impresa privata, di una azienda vinicola o di un consorzio agrario. E perché no di una banca, se mia madre desiderò tanto vedermi dietro uno sportello della Banca Popolare del mio paese?
Anche a Sondrio sarei riuscito scrittore. Per fortuna il meridiano di Sondrio, fatale ai poeti, non dev’essere sfavorevole ai narratori, perché passa su di un luogo di provincia, che è come dire su di un nodo pulsante di vita repressa, dove le passioni sembrano attutite ma non dormono e i vizi come le virtù sono brace sotto la cenere. Chissà quante storie sono rimaste sepolte dentro le case, dietro i muri e nell’ombra dei giardini, nelle città di provincia! Quindi anche a Sondrio.


Da Il verde della tua veste e altri racconti, Il Sole 24 ore, 2016

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