23.9.17

Memorie di un antifascista. L'ultimo libro del gappista Paolo (Dino Messina)

Rosario Bentivegna
È il nome più conosciuto della Resistenza romana, perché ne fu indubbio protagonista e soprattutto perché a lui il comandante Carlo Salinari assegnò il compito rischioso di far scoppiare il 23 marzo 1944 al passaggio del Battaglione Bozen in via Rasella un carrettino pieno di tritolo che uccise 32 soldati nazisti. A quell'azione, decisa da Giorgio Amendola e dal comando delle formazioni garibaldine, parteciparono dodici partigiani dei Gap (Gruppi di azione patriottica), ma Rosario Bentivegna, classe 1922, medico del lavoro e militante del Partito comunista sino al 1985, è rimasto l'unico testimone diretto dell'episodio che determinò il giorno successivo la terribile rappresaglia nazista delle Fosse Ardeatine, con 335 vittime selezionate soprattutto tra i prigionieri politici ed ebrei.
Via Rasella, con le polemiche, anche interne alla sinistra, durate oltre mezzo secolo, è il cuore del nuovo libro di Bentivegna, scritto con la consulenza della giovane storica Michela Ponzani (Senza fare di necessità virtù. Memorie di un antifascista, Einaudi, pp. 422, 20). Il saggio tuttavia non è né una cronaca di via Rasella né una storia della Resistenza romana. È anche questo, ma è soprattutto l'autobiografia di un militante del secolo delle ideologie, che ancora oggi, nonostante il fallimento del «socialismo reale», continua a dichiararsi comunista. Un «comunista antistaliniano», ma sempre ammiratore di Luigi Longo e della «spinta propulsiva» data da Palmiro Togliatti con la «svolta di Salerno».
Anche se Bentivegna ha raccontato la sua verità già in un libro apprezzato da Renzo De Felice, Achtung Banditen, edito da Mursia nell'83 e nel 2004 in una versione aggiornata, la lettura di queste «memorie di un antifascista» è utile sia per conoscere la realtà della Resistenza, sia per seguire la formazione e il percorso anche internazionale di un militante comunista negli anni della guerra fredda. Su un fatto Bentivegna ha ragione, così come hanno stabilito una serie infinita di sentenze dei tribunali: dopo l'attentato di via Rasella, non venne affisso nessun manifesto che invitava i partigiani a consegnarsi. La rappresaglia delle Ardeatine fu decisa e realizzata in gran segreto, anche se qualcosa trapelò in Vaticano. La prima notizia della strage venne pubblicata il 25 marzo sul «Messaggero», a cose fatte. Più controversa è la questione se l'attacco al battaglione Bozen fosse necessario dal punto di vista militare, come sostiene Bentivegna, per far cessare il transito di truppe naziste a Roma e di conseguenza interrompere i bombardamenti sulla capitale da parte dell'aviazione alleata.
Grato ai generosi romani che aiutarono nella clandestinità lui e i suoi compagni, Bentivegna è rimasto alla battuta del generale nazista Kurt Maeltzer secondo cui mezza Roma nascondeva l'altra metà. Così nega l'esistenza di una «zona grigia» e considera mistificazioni le ricerche di uno storico come Aurelio Lepre, che in un pamphlet del 1996 basato sulle intercettazioni telefoniche documentava le critiche dei romani all'attacco di via Rasella. Un'azione considerata un attentato terroristico, e in quanto tale «non necessaria», se non dannosa, anche dal filosofo Norberto Bobbio che negli anni di piombo ingaggiò con Bentivegna una polemica serrata. Il partigiano «Paolo», questo il suo nome di battaglia, non ha cambiato opinione. Così sembra irrigidito su vecchi punti di vista rispetto al dialogo avviato proprio sul «Corriere della Sera» con il «ragazzo di Salò» Carlo Mazzantini dopo lo storico discorso pronunciato dal presidente della Camera Luciano Violante che invitava a «capire le ragioni dei vinti».
L'ortodossia, vorremmo dire una certa rigidità del punto di vista, non toglie tuttavia interesse all'autobiografia di Bentivegna. Nelle pagine iniziali, quando racconta la vita di un giovane borghese nella Roma fascista, nel racconto dell'avventura in Jugoslavia con la Brigata Garibaldi, quando dovette schivare le pallottole dei partigiani titini. O nella narrazione dell'impresa compiuta alla fine degli anni Sessanta alla guida di un motoscafo d'altura per mettere in salvo i dirigenti del Partito comunista greco, perseguitati dai colonnelli.


“Corriere della Sera” 24 settembre 2011

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