28.10.17

E i morti ci portarono un Faraone (Vincenzo Vasile)

Fratelli Rosciglione / Statuette di zucchero
Immancabile, il sottosegretario alla Salute, Davide Faraone, fedelissimo di Renzi, ha tirato fuori la sua pensata per fare argine al populismo galoppante. Un referendum per abolire lo statuto di autonomia speciale, anzi due: ce ne vuole anche uno per il Ponte sullo Stretto, venghino venghino siori alla riffa delle illusioni, ha aggiunto con piglio spavaldamente renziano. Peccato che la proposta sia assolutamente irrealizzabile, una cosa molto "catalana" (all'incontrario), perché - come dovrebbe essere noto a un ex-sottosegretario all'Istruzione, neolaureato dopo tanti anni fuori corso in scienze politiche -, lo statuto siciliano fa parte integrante della Costituzione italiana nella quale fu inglobato dai Costituenti, dopo essere stato promulgato per decreto luogotenenziale: quando la Sicilia divenne regione l'Italia non era ancora Repubblica ed era in vigore lo Statuto Albertino. E la nostra Costituzione non prevede simili referendum abrogativi per essere riformata e mutilata. La procedura è più complicata assai, come avrebbero dovuto accorgersi a casa Pd già il 4 dicembre dell'anno scorso. Per non dire che l'ex fuoricorso è l'esponente di una forza politica che viene dalla fusione di due tradizioni, quella popolare e quella di sinistra, che in Sicilia sono state protagoniste dell'autonomismo, per cui qualche libro di storia, magari a dispense nelle edicole, avrebbe potuto sfogliarlo, invece di fare il populista per contrastare i populismi, inventandosi un paio di referendum perché non si sa o non si vuole procedere a vere riforme. (L'uso dell'autonomia speciale che quella classe politica ha fatto, è ben altro discorso, più serio delle sparate fuoricorso).
Siccome siamo prossimi al 2 novembre mi è balzato in mente che fino a qualche tempo addietro in questi giorni arrivavano a casa dei bimbi palermitani con anticipo di quasi due mesi rispetto al Natale, invece abbastanza snobbato, i regali delle feste invernali. E si imparava una poesiola relativamente ottimistica, nonostante la funerea ricorrenza. Diceva così:
Armi santi, armi santi
Io sugnu unu e vuatri siti tanti
Mentri sugnu ‘ntra stu munnu di guai
Cosi di morti mittiminni assai.
(Anime sante, anime sante,
io sono uno e voi altri siete tanti
mentre sono in mezzo a un mondo di guai
i regali dei Morti mettetemene assai)
Insomma, una visione laica, anzi pagana, della morte (e della vita) traluceva da questa canzoncina popolare che i bambini di Palermo recitavano per la "Festa dei Morti", il secondo giorno di novembre. Non so se tale tradizione resista, ma questa filastrocca che veniva spacciata per una preghiera, era in verità un invito alla speranza: ci si augurava di ricevere un sacco di regali "portati" dai morti di famiglia, dagli antenati, e fatti trovare ai piedi del letto, messi lì per allietare il risveglio dei bambini con una sorpresa. Solitamente "i cosi ri morti", le cose dei morti, i loro doni, erano "pupi di zucchero" che riproducevano ballerine dalle vesti multicolori e cavalieri dipinti con tinte altrettanto sgargianti, assolutamente in controtendenza con il luttuoso nero e viola dei paramenti funebri nelle chiese. E si scherza sui Morti, spesso in Sicilia. Per esempio, quando spunta qualcuno o qualcosa di sgradito, quando capita una brutta sorpresa, ci si domanda: "ecché mu misiru, i muorti?" (me l'hanno messo i morti questo bel tipo?). Ecco: questo Faraone, ce l'hanno messo i morti?!


Da fb, 27 ottobre 2017

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