1.10.17

L'Italia non è paese per gole profonde. Suonatori di fischietto senza legge (Domenico Lusi)

L'articolo che segue fa il punto sull'iter della proposta di legge sulle tutele di chi – nella pubblica amministrazione e nell'impiego privato – segnale corruzione e magagne. È del gennaio 2016, ma da allora, cioè dalla approvazione alla Camera dei Deputati, nessun passo avanti, tant'è che a metà settembre 2017– per sollecitare la ripresa della discussione e la rapida approvazione di una buona legge è – è stata presentata una petizione da parte di “Riparte il futuro” e Transarence Italia.
Fischietto artistico siciliano (Sciacca)
«È durissima, ti senti talmente isolata da mettere in dubbio la tua stessa persona, arrivi a pensare di essere pazza. Il 99% dei colleghi sa, ma fa finta di nulla». Due anni fa Mara Rossi (il nome è di fantasia), all'epoca direttore generale di un importante ente pubblico, capisce che qualcosa non va. «Appalti truccati, soldi dati sempre alle stesse persone», racconta a pagina99, «segnalai più volte la cosa ai membri del cda, ma senza esito, facevano finta di non capire. Non mi restò che denunciare tutto alla Procura e alla Corte dei conti». È così che arrivano i primi comportamenti ostili, poi le minacce velate, quindi la revoca dell'incarico. In attesa che la giustizia faccia il suo corso, oggi Mara passa le giornate «a vegetare in ufficio», dice sconsolata: «Non mi fanno fare più nulla. Il problema è la legge: ti dice denuncia, ma poi non ti dà nessuna garanzia». Lo sa bene Ornella Piredda, l'ex funzionario regionale della Sardegna che con le sue segnalazioni ha scatenato l'inchiesta sulle spese pazze dei gruppi consiliari dell'isola. In dieci anni di battaglie legali e tribolazioni varie, ci ha rimesso prima la casa, poi la salute e infine anche il lavoro. «All'epoca ero terrorizzata», ricorda, «mi era caduta addosso una cosa più grande di me. In tutto questo tempo non mi ha tutelata nessuno, nemmeno la procura».
Inaltre nazioni Mara e Ornella non solo sarebbero protette, ma verrebbero addirittura premiate dallo Stato. Nel mondo anglosassone esiste un termine specifico, whistleblower (“suonatore di fischietto”), per indicare chi sul posto di lavoro denuncia possibili irregolarità o frodi ai danni di clienti, colleghi, azionisti o dello stesso ente in cui presta servizio. Figure che nel Regno Unito come anche negli Stati Uniti - da Benjamin Franklin a Sherron Watkins e Maureen Castaneda per il caso Enron, passando per Linda Peeno, la ricercatrice che nel 1996 puntò il dito contro il sistema sanitario Usa – sono da tempo riconosciute e tutelate perché ritenute indispensabili per combattere abusi di potere, malaffare, corruzione. Proprio la lotta alla corruzione è stata nell'ultimo anno e mezzo una delle note dolenti dell'azione di governo del premier Matteo Renzi. Nonostante le riforme - inasprimento delle pene, termini di prescrizione più lunghi, l'introduzione dei reati di falso in bilancioe autoriciclaggio - non è mancato chi ne ha fatto notare le contraddizioni, l'ultima l'innalzamento della soglia del contante. Non solo il presidente dell'Associazione magistrati (Anm), Rodolfo Sabelli, che ha bollato come «timide» le politiche dell'esecutivo, ma anche osservatori esterni come l'ambasciatore degli Stati Uniti a Roma John Phillips, secondo il quale «inasprire le pene non basta: in Italia sarà più difficile combattere la corruzione senza una legge sui whistle-blower». Tanto più nell'era delle reti digitali, in presenza di élite che dispongono di conoscenze sofisticate in grado di sfuggire ai controlli delle pubbliche amministrazioni. Parliamo di fisco, finanza, salute, ambiente. Ebbene, la novità è che il Pd ha da poco presentatoin Parlamento una controversa proposta di legge per regolamentare anche in Italia il whistle-blowing. L'iniziativa nasce sulla scia di un'altra proposta deideputati del Movimento 5 Stelle che, sulla falsariga del modello americano, prevedeva maggiori tutele per i lavoratori che denunciano (ribaltamento dell'onere della prova a carico del datore di lavoro in caso di ritorsioni, protezione dell'identità fino al dibattimento nelle inchieste penali),un premio in denaro tra il 15 e il 30% delle somme recuperate dallo Stato, la possibilità di soffiate anonime se circostanziate. La discussione sulla proposta M5S, redatta con la consulenza di Transparency International, ha fatto emergere un ampio fronte istituzionale e sociale -dal presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione (Anac) Raffaele Cantone alla Confindustria, passando per Bankitalia, l'Agenzia delle Entrate, il Garante della privacy, i sindacati - favorevole al rafforzamento delle tutele per le gole profonde. Un richiamo che non poteva essere ignorato dal Pd - anche per non prestare il fianco ai 5Stelle su un tema, la legalità, centrale nelle campagne elettorali del prossimo anno in città come Milano, Roma e Napoli, scosse dai casi Expo, Mafia Capitale, De Luca e De Magistris - ma che aveva subito fatto storcere il naso a Ncd, il suo principale alleato. «Così com'è la proposta del M5S non passa», aveva confidato a pagina99 il deputato di Ap (Ncd-Udc) Antonio Marotta, «con il premio e le segnalazioni anonime si rischia la corsa alla delazione».
Detto, fatto. La scorsa settimana il Pd ha emendato la proposta M5S con la propria, eliminando i riferimenti al premio e agli anonimi e mandando su tutte le furie i grillini che accusano il partito di Renzi di aver annacquato la riforma.
Ma andiamo con ordine. Ad oggi manca ancora nel nostro Paese una disciplina del whistleblowing in grado di garantire tutele adeguate al dipendente (sia pubblico che privato) che segnala illeciti nell'ambiente di lavoro, come previsto da una serie di convenzioni internazionali (Onu,Ocse, Consigliod'Europa) ratificate dell'Italia. Nel 2012 la legge Severino ha introdotto per la prima volta la figura del whistleblower nel nostro ordinamento, limitatamente alla Pubblica amministrazione. Una norma che gli addetti ai lavori considerano inadeguata, quando non disincentivante. «Non posso negare», conferma a pagina99 il consigliere dell'Anac Nicoletta Parisi, tra i massimi esperti della materia, «che oggi in Italia non abbiamo efficaci strumenti di tutela del whistleblower». Di certo i risultati, anche per ragioni culturali (la ritrosia a denunciare), non sono stati pari alle attese. Da ottobre dello scorso anno a oggi l'Anac ha ricevuto 145segnalazioni, sei andate a buon fine, 34 archiviate e il resto ancora in fase istruttoria.
Le «clamorose défaillance» della legge attuale sono state evidenziate a più riprese anche da Cantone: «la logica miope» del legislatore che si è occupato solo del lavoro pubblico, il potenziale corrotto, dimenticando i corruttori che vengono dal privato; la tutela carente del segnalante, che può essere chiamato a risarcire indipendentemente dalla volontà di calunniare o diffamare e che in caso di ritorsioni deve attendere mesi prima che si attivi il Dipartimento della funzione pubblica; la riservatezza, non garantita nelle inchieste penali. Lo stesso Cantone aveva però anche «espresso perplessità sulla “taglia”» prevista dalla proposta M5S, una soluzione «di difficile applicazione pratica» in Italia. Secondo chi, come l'economista Luigi Zingales (University of Chicago), ha studiato il caso americano, proprio il miraggio della ricompensa è uno dei fattori chiave del successo del whistleblowing negli Usa, dove al segnalante è garantito tra il 15 e il 30% delle somme che tornano allo Stato. Dal 1986, il governo americano ha recuperato circa 60 miliardi di dollari e oggi i whistleblower contribuiscono all'85% di tutto il recuperato. Per Parisi, una via percorribile in Italia potrebbe essere quella di prevedere per chi segnala un riconoscimento nell'ambito del rapporto di lavoro. Dunque, accanto a «premi di tipo reputazionale, come la menzione sul sito della pubblica amministrazione, forme più concrete, dagli avanzamenti di carriera alle gratifiche in busta paga a fine anno, insieme a un fondo per le spese, anche legali, che i segnalanti sono costretti a sostenere».
C'è poi il nodo delle soffiate anonime. Il nostro ordinamento valuta con sfavore queste denunce, così l'attuale legge non garantisce tutele al segnalante che non si palesa. La proposta M5S intendeva modificare tale assetto, recependo le buone pratiche emerse dall'esperienza dell'Agenzia delle Entrate (vedi l'articolo in basso) e del Comune di Milano, dove esiste un sistema informatico di whistleblowing anonimo. Anche questa soluzione è stata cassata dalla proposta del Pd, che sul premio rinvia alla contrattazione collettiva (per la sola Pa), mentre per il penale elimina la garanzia di riservatezza fino al dibattimento. In compenso, nel settore pubblico vengono attribuiti maggiori poteri all'Anac in caso di atti discriminatori e la responsabilità del segnalante è limitata alla sola colpa grave. Quanto al privato, le aziende, per non rischiare di incorrere nella responsabilità per i reati commessi a proprio vantaggio dai dipendenti, dovranno adottare modelli organizzativi (quelli della legge231 del 2001) che prevedano tutele per i whistleblower. «La proposta del Pd è un passo in avanti», rileva David Del Monte, direttore di Transparency Italia, «ma sullatutela dell'identità del segnalante è poco chiara. Rispetto alla proposta dei 5 Stelle c'è poi uno svuotamento delle garanzie nel settore privato, previste solo per le società che adottano la 231». Con buona pace di chi, come Zingales, da sempre auspica maggiori incentivi per i whistleblower per sventare tempestivamente fenomeni di malcostume consolidati, non solo nel pubblico - si pensi al Mose o alla vicenda Saguto al tribunale di Palermo - ma anche e soprattutto nel privato, come insegnano i casi Parmalat, Cirio, Mps.
È proprio qui che la vita del whistleblower è oggi più difficile. La prassi prevede il licenziamento, seguito dalla denuncia per false attestazioni e dalla causa di risarcimento per aver attentato al buon nome della società. C'è chi decide di correre il rischio, come Andrea Franzoso, il funzionario di Ferrovie Nord autore dell'audit che quest'anno ha incastrato l'ex presidente Norberto Achille. Ma la maggior parte preferisce tacere e mantenere il posto.

Pagina 99, 23 gennaio 2016

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