12.11.17

Il rito del risparmio e la fine delle formiche (Roberta Carlini)

Banchieri di fine Ottocento
Atmosfera ovattata e protocollo immutabile. È leggerissimo il vento delle polemiche esterne, nell’aula magna dell’Angelicum – un nome un programma – che ha celebrato a Roma la novantatreesima giornata del risparmio alla presenza del ministro dell’Economia e del governatore della Banca d’Italia. Come se il secondo, Ignazio Visco, non fosse stato oggetto di un’aperta sfiducia da parte dell’azionista principale del governo nel quale Pier Carlo Padoan ha presidiato la politica economica per tutta la legislatura che ora si chiude. Visco ha incassato l’applauso della platea, quando il presidente dell’Acri Giuseppe Guzzetti (classe 1934, è al vertice dell’associazione delle casse italiane da diciassette anni) ha fatto riferimento a «polemiche di cui non avevamo certamente la necessità».
Poi il discorso si è chiuso, e il rito bancario si è potuto svolgere come da tradizione. Eppure, molte cose sono cambiate, sotto la superficie apparentemente non increspata dei rapporti tra governo e mondo bancario, ma soprattutto nella realtà dell’economia e delle famiglie italiane.
Il dato choc del cambiamento lo ha ricordato proprio Visco, citando la rivoluzione silenziosa che è avvenuta dagli anni ’90 a oggi: eravamo il popolo più “formica” d’Europa – con propensione al risparmio del 19% – adesso siamo quello che risparmia meno, mettiamo da parte l’8,6%. Un effetto dei cambiamenti del settore finanziario e della demografia, dice Visco; ma anche della crisi e dei cambiamenti culturali profondi, si può aggiungere: una volta ai bambini a scuola si regalava, proprio in occasione della giornata del risparmio, un piccolo salvadanaio; oggi ai diciottenni si dà un bonus da spendere. Due o tre decenni fa lo spauracchio era l’inflazione, oggi è la deflazione. I titoli di Stato, una volta rifugio del ceto medio, adesso pesano solo per il 3,2% nei portafogli delle famiglie.
Queste per investire i loro soldi – quando li hanno – devono guardarsi intorno e muoversi in un ambiente complicato, a volte non comprendendo appieno il rischio che c’è in alcuni prodotti: come hanno fatto gli incauti risparmiatori che hanno comprato obbligazioni bancarie subordinate (20 miliardi di euro nel portafogli delle famiglie, lo 0,5% del totale, un numero tutto sommato piccolo ma che per alcuni brucia ancora).
Se su questo versante della tutela del risparmio, il governatore ha concesso poco all’autocritica, spingendo molto sulla necessità dell’educazione finanziaria, mentre Padoan ha notato che non si può chiedere a tutti i risparmiatori di diventare dei grandi esperti, vanno scritte meglio le regole del gioco; sull’altro versante, quello della garanzia della stabilità del sistema, ha riepilogato e difeso l’attività di vigilanza della Banca d’Italia («La supervisione delle banche riduce significativamente la probabilità che si verifichino crisi bancarie, ma non può annullarla»), e ha riaffermato, in chiusura, di essere pronto a dare conto del suo operato «alle Istituzioni e al Paese». Una piccola frase che fa intendere che il governatore sa bene che il caso non è chiuso con la sua riconferma, che l’intreccio tra la campagna elettorale e i lavori della commissione parlamentare d’inchiesta sulle banche continuerà a fornire confronti meno “angelici” e paludati di quello di ieri.
Nel quale, dal canto suo, Padoan si è tenuto lontano dalle polemiche, ed è parso soprattutto intenzionato a difendere l’operato del governo nella gestione della crisi economica. «Lasciamo un Paese in condizioni migliori di come l’abbiamo trovato», ha detto, citando i numeri del Pil, dell’export, dell’occupazione, del deficit e debito pubblico. La linea del ministro è sempre quella del «sentiero stretto», tra salvaguardia dei conti pubblici e crescita economica: abbiamo ottenuto tutte e due le cose grazie alle riforme strutturali, ha detto sorvolando ottimisticamente sui problemi rinviati alla prossima legislatura e sul basso tasso di riforme della legge di stabilità che adesso è al voto delle camere, della pioggia di piccoli bonus che la caratterizza e del disordinato assalto alla diligenza già partito.

mercoledì, 01 novembre 2017
Articolo pubblicato sui quotidiani locali del gruppo Espresso, ripreso dal sito di Roberta Carlini


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