Peter Paul Rubens & Jan Brueghel de Oude, Pan e Siringa |
Allora il dio: “Sui
monti dell'Arcadia
gelidi – disse - a
Nonacri abitava
celebrata una Naiade: le
ninfe
Siringa la chiamavano.
Più d'una
volta inseguita ai satiri
sfuggì
ed agli dei che vivono
nell'ombre
delle foreste e nei
fertili campi.
Venerava la dea nata ad
Ortigia
nelle sue occupazioni
preferite
e con la stessa sua
verginità;
alla maniera di Diana
discinta
sembrava proprio la
figlia di Latona
e le avresti scambiate se
costei
non d'oro l'arco
portasse, ma di corno;
e nondimeno qualcuno
s'ingannava.
Mentre tornava dal monte
Liceo
la vide Pan col capo
coronato
d'aghi di pino e verso
lei rivolse
queste parole...”. Al
dio rimaneva
di riferirle e dire che
la ninfa
disprezzò le preghiere e
fuggì via
per luoghi inaccessibili
fin quando
giunse al placido corso
del Ladone
sabbioso, le cui onde la
fermarono.
Lei chiese alle sorelle
delle acque
di mutar la sua forma;
così Pan
ch'era convinto d'avere
già ghermito
Siringa, canne strinse di palude
al posto del bel corpo
della ninfa;
e mentre sospirava ed il
suo fiato
s'agitava all'interno
delle canne,
flebile ne uscì un suono
che pareva
lamento; il dio stupito
da quest'arte
ignota e dalla musica
soave
“Questo colloquio avrò
sempre con te”,
disse, e legò tra loro
con la cera
canne di misura disuguale
per tramandare il nome
della ninfa.
Tum deus 'Arcadiae
gelidis sub montibus' inquit
'inter hamadryadas
celeberrima Nonacrinas 690
naias una fuit:
nymphae Syringa vocabant.
non semel et satyros
eluserat illa sequentes
et quoscumque deos
umbrosaque silva feraxque
rus habet. Ortygiam
studiis ipsaque colebat
virginitate deam; ritu
quoque cincta Dianae 695
falleret et posset
credi Latonia, si non
corneus huic arcus, si
non foret aureus illi;
sic quoque fallebat.
Redeuntem colle Lycaeo
Pan videt hanc pinuque
caput praecinctus acuta
talia verba refert -
restabat verba referre 700
et precibus spretis
fugisse per avia nympham,
donec harenosi
placidum Ladonis ad amnem
venerit; hic illam
cursum impedientibus undis
ut se mutarent,
liquidas orasse sorores,
Panaque, cum prensam
sibi iam Syringa putaret, 705
corpore pro nymphae
calamos tenuisse palustres,
dumque ibi suspirat,
motos in harundine ventos
effecisse sonum tenuem
similemque querenti.
Arte nova vocisque
deum dulcedine captum
'hoc mihi colloquium
tecum' dixisse 'manebit', 710
atque ita disparibus
calamis conpagine cerae
inter se iunctis nomen
tenuisse puellae. (Metamorfosi, libro I)
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