12.5.18

Victor Hugo pittore. Un artista d'avanguardia (Mario Quesada)

Victor Hugo, Ma Destinée, 1867

Venezia
I disegni, gli acquarelli e le chine di Victor Hugo sono riuniti, quasi al completo, nella sua vecchia casa parigina a Place des Vosges trasformata in museo, accanto ai manoscritti originali di poesie e romanzi, ma una volta adornavano le pareti della sala da bigliardo di Hauteville-House a Guernesey, l'isola della Manica, dove il romanziere si era ritirato in esilio dopo il 1855, restandovi diciotto anni col pensiero fisso a un libro su Shakespeare e alla repubblica francese, usurpata dal piccolo Napoleone. I visitatori del "grande romantico" si trovano così di fronte all'opera imprevedibile di un sublime visionario che, incontrastato signore della letteratura francese, in astinenza dalla scrittura, si apprestava ad occupare un posto di rilievo anche nella storia dell'arte.

Un capriccioso pennello
Hauteville-House era stata costruita alla sommità di una collina e, da quella posizione elevata, il poeta dominava l'ampia, infinita distesa dell'oceano, le isole che affioravano dal mare, la lontana costa francese, mentre attorno a lui si muoveva la figlia Adèle, con la madre, i due fratelli, la sorella. Le vedute della Bretagna, del mare di Jersey, dei paesi sul Reno e della Spagna, si moltiplicavano sotto un capriccioso pennello, intriso nell'acquarello o nel caffè; se poi, al suo eremo, giungeva la notizia di un'impiccagione, con china diluita e lumeggiature in bianco schizzava rapidamente la macabra scena, aiutandosi con una silhouette, un papier decoupé, uno stampino bagnato nell'inchiostro; per non dire dei disegni eseguiti al tavolo da spiritista, quasi in comunicazione medianica con l'al di là.
Hugo stesso, con la cura di un artigiano medievale, preparava le cornici per quei fogli che, firmati e annotati, venivano appesi alle pareti o regalati ad amici e parenti. “Scrivere, disegnare”: questo potrebbe essere il sottotitolo della mostra Victor Hugo, pittore, da oggi al 23 maggio alla Galleria d' Arte Moderna di Ca' Pesaro (catalogo Mazzotta, a cura di Jean-Jacques Lebel e Marie-Laure Prévost) perché è difficile, anzi impossibile separare la prima azione dalla seconda, ma qualche distinguo può essere cercato guardando questi fogli eccezionalmente usciti dalla Bibliothèque Nationale di Parigi e dalla Maison Victor Hugo. Il disegnatore vince lo scrittore nel tradurre l'emozione in rapidità ed esattezza. Le visioni che lo possedevano - il mare in tempesta, luogo di mostri e gorghi profondi, vecchi muri scrostati, antichi castelli immaginari su rocce altissime, tronchi d'albero contorti - riemergono sulla carta così come si affacciavano al suo spirito e il processo creativo dell'immagine attinge ai colori e alle forme di un laboratorio con sede nell'inconscio: il nero, la seppia, piccole bave d'oro, il frottage, il segno spesso e continuo. Che il disegnatore fosse indipendente dallo scrittore lo sapeva Hugo stesso, il quale, talvolta, inseriva nei suoi manoscritti disegni del tutto autonomi dal testo, come si può vedere nell' album Les travailleurs de la mer, pubblicato nel 1882, dove alcune visioni allucinate precedono il brano narrativo.
Contemporaneo di Delacroix, il romanziere seppe dare consistenza e voce al mondo visibile; ben radicato al centro del secolo passato, il pittore, con l'aria distratta dei grandi invasati, anticipa Odilon Redon, la temperie dei simbolisti, come gli riconosce Charles Baudelaire quando afferma che il mondo intorno al genio è un "orologio in ritardo". Vittorio Pica, segretario della Biennale di Venezia, negli anni della prima guerra mondiale prediligeva i paesaggi, le visioni di architetture e scriveva che nei primi si avvertiva il terrore glaciale delle rovine e il segreto mistero delle foreste. Per me i fogli più interessanti sono invece quelli casuali, così prossimi ai giochi dei bambini che trafficano le prime volte con i colori. E i bambini, secondo l'autore dei Miserabili che sui muri di casa Jondrette ci mostra "disegni osceni, grossolanamente tracciati col carbone", erano depositari di un linguaggio per segni non accresciuto, non elaborato, così come l'idioma degli emarginati e dei diversi suonava alle sue orecchie più vicino a quello dei veri artisti, più remoto da quello dei letterati; e a proposito della pittura, diceva: "Mi piace vedere le opere dei maestri che hanno iniziato l'arte. Dipingevano come si parlava, ingenuamente. L'arte del Medioevo era un grazioso e ingenuo adolescente: spesso arrossiva quando gli si voleva far eseguire qualcosa che non apparteneva alla sua età. Oggi, è un uomo sfrontato che fa arrossire gli altri, che è come quegli anziani che hanno bisogno di stimolanti per essere ancora uomini; a volte portano una parrucca bionda per imitare la giovinezza".

Virginale ornamento
Ottenuti con mezzi sperimentali, non canonici alle arti del disegno, sono stati resi noti soltanto negli anni Venti da Valentine Hugo, pronipote dello scrittore ed intima di André Breton; si può davvero sostenere che abbiano influenzato i surrealisti per quel tanto di autistico, medianico, notturno e sognato da cui sembrano generati: i paesaggi ottenuti pressando sulla carta frammenti di pizzo immersi nell'acquarello, a lasciarvi un'impronta i cui significati si allontanano vertiginosamente dal casto, verginale ornamento femminile, fanno pensare a certe opere di René Magritte; le nuvole, che paiono uscite da acquarelli di Turner, agitate nel profondo spessore della notte attorno ad un globo luminoso, sempre uguale, sempre solido in quell'incertezza panica perché ritagliato da un cartoncino e poi spostato sul supporto definitivo, con sorpresa evocano Max Ernst, planetario e silvestre. Col ritorno a Parigi, in seguito alla caduta del Secondo Impero, accolto come un eroe nazionale, il romanziere si chiude nella celebrità della vecchiaia, circondato dai suoi doni appaganti, e perde interesse al disegno che s'era fatto magistrale nel furente isolamento sulla Manica: quasi non v'è più traccia nei numerosi taccuini, del suo ultimo tempo, dove abita una grossa calligrafia da scolaro.

“la Repubblica, 13 marzo 1993

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