6.6.18

Il Cristo di Ida Magli secondo Gianni Baget Bozzo (quando i due erano, a modo loro, “di sinistra”)



La figura di Gesù è stata letta in molti modi; ciò appare già nei Vangeli e negli scritti dottrinali del Nuovo Testamento. La storia delle ortodossie e delle eresie si è tuttavia soffermata più sulle interpretazioni delle interpretazioni (le cristologie) che non sull’uomo Gesù di Nazareth. Eppure, senza l’uomo Gesù nessuna cristologia sarebbe possibile. Basta sentire, per capirlo, con quanta tenerezza il più dotto dei cristiani del II secolo, il maestro segreto dei secoli futuri, Origene, dice: «il mio Gesù». È Gesù la concretezza del linguaggio cristiano, quella in cui Rosenszweig ha visto la chiave della verità rispetto alla generalità ed alla astrattezza del pensiero. Il Cristo ha diviso, ma Gesù unisce, anche al di là dei confini di tutte le chiese visibili.
Gesù di Nazareth, Tabu e trasgressione, il libro di Ida Magli (di cui a suo tempo la «Repubblica» ha dato un’anticipazione) nasce, a mio avviso dalla medesima tenerezza verso Gesù, che animò Origene o Bernardo o Tommaso o Francesco. Esiste infatti anche una «tenerezza atea» verso Gesù; nessun libro liberale, razionalista o demitizzatore le resiste. Questa tenerezza ha resistito anche alla demitizzazione di Bultmann, perché Gesù diventa in essa il linguaggio in cui ciascuno può liberamente esprimere se stesso. (Sia detto tra parentesi: questo è un dono del cielo per la cristologia ortodossa, anche se essa, avendo le mani irrigidite dai lunghi anni di contatti con formule faticosamente fabbricate, non sa cogliere questa manna nel deserto del secolo secolarizzato).
Il libro della Magli è un libro su Gesù scritto con intento estraneo all’atto di fede: la Magli si ritrova in Gesù uomo, senza che ciò implichi alcuna professione cristologica. È un libro segno del tempo attuale; prescinde dalla lunga fatica che l'esegesi recente ha compiuto per distinguere la voce di Gesù da quella della tradizione cristiana. La Magli legge i Vangeli esattamente come li legge un cristiano che non sia di professione un esegeta; Gesù e la tradizione che lo riguarda sono per lei una medesima cosa, fanno un unico corpo. Questo approccio scandalizzerebbe certo più di un teologo e più di un esegeta: le discipline teologiche sono infatti divenute così subalterne ai metodi storici, che non guardano più al testo, ma unicamente alla sua storia: quella che lo ha formato, quella che si è formata dopo di lui. Ci voleva un’ antropologa per prendere in mano i Vangeli senza avvolgerli nelle maglie delle diverse specializzazioni, teologiche o non teologiche.
Questo libro prende il Vangelo con la semplicità di un credente, cioè come se esso fosse scritto adesso. Ciò è probabilmente scandaloso per la comunità scientifica, e forse non è un caso che, nel verso della copertina, la Magli si proclami così francamente una «outsider» rispetto ad essa. Ho sempre creduto che per comprendere il Vangelo occorra essere in una situazione di fede. Infatti, per il credente, è solo nello Spirito che si intende la lettera. Il libro di Gesù è, come ogni libro, aperto ad ogni approccio; ma è un libro tale da coinvolgere immediatamente la soggettività di chi legge in ciò che è letto. Può essere dunque accolto solo all’interno di una visione di sé e del mondo, quindi come un libro contemporaneo.
Scritto in una chiave che prescinde dalla fede, il libro della Magli è vissuto però all’interno, come dicevo, di una tenerezza per Gesù; la Magli lo assume come proprio «rappresentante», per usare l’espressione di Dorothee Solle. Dubito però che questo sia il libro di un’antropologa in quanto tale, proprio perché è il risultato di una lettura soggettiva, simile alla lettura di un credente. La tesi fondamentale della Magli è in qualche modo questa: il sacro è una cattiva immagine dell’uomo e Gesù in buona sostanza l’ha abolita. Ciò che Gesù ha sostituito al sacro è l’immediatezza di Dio, come ha notato Jeremias.
Questa mi sembra la formula più felice per creare un ponte tra la lettura dei Vangeli fatta da un credente e quella fatta da un non credente. L'immediatezza di Dio all’uomo è inevitabilmente immediatezza dell’uomo all’uomo. Per dire queste cose, essendo io un teologo e non un antropologo, ho usato la parola «mistica», pur conoscendo il carico di ambiguità che la parola porta con sé. Ma le parole non si inventano, si rielaborano.
È certo che l’immediatezza di Dio ha in Gesù un significato dissacrante: «il Sabato è per l’uomo, non l’uomo per il Sabato». Se pensiamo al significato che il Sabato ha nella tradizione ebraica, quale è codificata già nella tradizione orale del tempo di Gesù, se pensiamo al Sabato della Mi-shnah, allora comprendiamo bene che quelle parole rappresentavano da sole la più radicale sfida alla religione ebraica: Israele in esilio ha potuto vivere senza il tempio, ma non senza il Sabato. Anche se Gesù venne imputato di aver annunciato la distruzione del tempio, questa non era la cosa più grave; egli poteva citare al riguardo un analogo preciso oracolo di Geremia. Ma guarire in giorno di Sabato era contravvenire all’idea che allora era soprattutto dei farisei, ma che sarebbe stato il cuore del popolo ebraico dopo l’esilio: la santificazione del Sabato da parte di tutto il popolo indicava la santità di tutto un popolo, anche dopo che era cessato il culto. Il Sabato era il cuore del popolo di Israele come popolo sacerdotale. Era dunque la profanità della vita che veniva assunta dal Gesù che mangiava e beveva con i peccatori e proclamava che i gabellieri e le puttane avrebbero preceduto i giusti d’Israele nei Regno di Dio. È attraverso questa profanità che Ida Magli legge i Vangeli. La Magli cerca, infatti, la vita concreta dell’uomo Gesù di Nazareth. Si domanda: cosa ha fatto Gesù dai dodici anni fino ai trenta? Vivendo in famiglia per quasi tutta la sua esistenza, può non aver mai discusso con i suoi parenti delle cose in cui crede? I comportamenti che proporrà con tanta forza in pubblico può non averli messi in pratica prima di tutto a casa sua dove, in quanto maschio primogenito, spettava a lui comandare anche a sua madre? La logica interna ad una vita realmente «umana», e l’analisi delle norme che regolavano la società ebraica al tempo di Gesù, possono, secondo la Magli, riempire e spiegare i silenzi che esistono nella sua biografia.
È dunque proprio su questo aspetto di Gesù, esplicito eppure dimenticato, che è rivolto il libro dì Ida Magli: una lotta per la memoria contro la dimenticanza selettiva. Può dirsi che questo libro sia la testimonianza della eclissi del sacro, compiuta in nome di un Gesù inteso in modo nuovo? Qui il libro della Magli ha in sé obiettivamente una carica di conseguenze e di problemi maggiore di quanto il testo non manifesti. L’Occidente è nato dalla figura di Gesù, per cui riformare la lettura di Gesù vuol dire riformare la lettura che l’Occidente fa (o ha già fatto) di se stesso paragonandola alle proprie origini. Ma non sta qui, appunto, il luogo di transito tra le varie forme di letture di Gesù praticabili nel nostro tempo?

“la Repubblica”, ritaglio senza data, ma 1982

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