La figura di Gesù è
stata letta in molti modi; ciò appare già nei Vangeli e negli
scritti dottrinali del Nuovo Testamento. La storia delle ortodossie e
delle eresie si è tuttavia soffermata più sulle interpretazioni
delle interpretazioni (le cristologie) che non sull’uomo Gesù di
Nazareth. Eppure, senza l’uomo Gesù nessuna cristologia sarebbe
possibile. Basta sentire, per capirlo, con quanta tenerezza il più
dotto dei cristiani del II secolo, il maestro segreto dei secoli
futuri, Origene, dice: «il mio Gesù». È Gesù la concretezza del
linguaggio cristiano, quella in cui Rosenszweig ha visto la chiave
della verità rispetto alla generalità ed alla astrattezza del
pensiero. Il Cristo ha diviso, ma Gesù unisce, anche al di là dei
confini di tutte le chiese visibili.
Gesù di Nazareth,
Tabu e trasgressione, il libro di Ida Magli (di cui a suo tempo
la «Repubblica» ha dato un’anticipazione) nasce, a mio avviso
dalla medesima tenerezza verso Gesù, che animò Origene o Bernardo o
Tommaso o Francesco. Esiste infatti anche una «tenerezza atea»
verso Gesù; nessun libro liberale, razionalista o demitizzatore le
resiste. Questa tenerezza ha resistito anche alla demitizzazione di
Bultmann, perché Gesù diventa in essa il linguaggio in cui ciascuno
può liberamente esprimere se stesso. (Sia detto tra parentesi:
questo è un dono del cielo per la cristologia ortodossa, anche se
essa, avendo le mani irrigidite dai lunghi anni di contatti con
formule faticosamente fabbricate, non sa cogliere questa manna nel
deserto del secolo secolarizzato).
Il libro della Magli è
un libro su Gesù scritto con intento estraneo all’atto di fede: la
Magli si ritrova in Gesù uomo, senza che ciò implichi alcuna
professione cristologica. È un libro segno del tempo attuale;
prescinde dalla lunga fatica che l'esegesi recente ha compiuto per
distinguere la voce di Gesù da quella della tradizione cristiana. La
Magli legge i Vangeli esattamente come li legge un cristiano
che non sia di professione un esegeta; Gesù e la tradizione che lo
riguarda sono per lei una medesima cosa, fanno un unico corpo. Questo
approccio scandalizzerebbe certo più di un teologo e più di un
esegeta: le discipline teologiche sono infatti divenute così
subalterne ai metodi storici, che non guardano più al testo, ma
unicamente alla sua storia: quella che lo ha formato, quella che si è
formata dopo di lui. Ci voleva un’ antropologa per prendere in mano
i Vangeli senza avvolgerli nelle maglie delle diverse
specializzazioni, teologiche o non teologiche.
Questo libro prende il
Vangelo con la semplicità di un credente, cioè come se esso fosse
scritto adesso. Ciò è probabilmente scandaloso per la comunità
scientifica, e forse non è un caso che, nel verso della copertina,
la Magli si proclami così francamente una «outsider» rispetto ad
essa. Ho sempre creduto che per comprendere il Vangelo occorra essere
in una situazione di fede. Infatti, per il credente, è solo nello
Spirito che si intende la lettera. Il libro di Gesù è, come ogni
libro, aperto ad ogni approccio; ma è un libro tale da coinvolgere
immediatamente la soggettività di chi legge in ciò che è letto.
Può essere dunque accolto solo all’interno di una visione di sé e
del mondo, quindi come un libro contemporaneo.
Scritto in una chiave che
prescinde dalla fede, il libro della Magli è vissuto però
all’interno, come dicevo, di una tenerezza per Gesù; la Magli lo
assume come proprio «rappresentante», per usare l’espressione di
Dorothee Solle. Dubito però che questo sia il libro di
un’antropologa in quanto tale, proprio perché è il risultato di
una lettura soggettiva, simile alla lettura di un credente. La tesi
fondamentale della Magli è in qualche modo questa: il sacro è una
cattiva immagine dell’uomo e Gesù in buona sostanza l’ha
abolita. Ciò che Gesù ha sostituito al sacro è l’immediatezza di
Dio, come ha notato Jeremias.
Questa mi sembra la
formula più felice per creare un ponte tra la lettura dei Vangeli
fatta da un credente e quella fatta da un non credente.
L'immediatezza di Dio all’uomo è inevitabilmente immediatezza
dell’uomo all’uomo. Per dire queste cose, essendo io un teologo e
non un antropologo, ho usato la parola «mistica», pur conoscendo il
carico di ambiguità che la parola porta con sé. Ma le parole non si
inventano, si rielaborano.
È certo che
l’immediatezza di Dio ha in Gesù un significato dissacrante: «il
Sabato è per l’uomo, non l’uomo per il Sabato». Se pensiamo al
significato che il Sabato ha nella tradizione ebraica, quale è
codificata già nella tradizione orale del tempo di Gesù, se
pensiamo al Sabato della Mi-shnah, allora comprendiamo bene che
quelle parole rappresentavano da sole la più radicale sfida alla
religione ebraica: Israele in esilio ha potuto vivere senza il
tempio, ma non senza il Sabato. Anche se Gesù venne imputato di aver
annunciato la distruzione del tempio, questa non era la cosa più
grave; egli poteva citare al riguardo un analogo preciso oracolo di
Geremia. Ma guarire in giorno di Sabato era contravvenire all’idea
che allora era soprattutto dei farisei, ma che sarebbe stato il cuore
del popolo ebraico dopo l’esilio: la santificazione del Sabato da
parte di tutto il popolo indicava la santità di tutto un popolo,
anche dopo che era cessato il culto. Il Sabato era il cuore del
popolo di Israele come popolo sacerdotale. Era dunque la profanità
della vita che veniva assunta dal Gesù che mangiava e beveva con i
peccatori e proclamava che i gabellieri e le puttane avrebbero
preceduto i giusti d’Israele nei Regno di Dio. È attraverso questa
profanità che Ida Magli legge i Vangeli. La Magli cerca,
infatti, la vita concreta dell’uomo Gesù di Nazareth. Si domanda:
cosa ha fatto Gesù dai dodici anni fino ai trenta? Vivendo in
famiglia per quasi tutta la sua esistenza, può non aver mai discusso
con i suoi parenti delle cose in cui crede? I comportamenti che
proporrà con tanta forza in pubblico può non averli messi in
pratica prima di tutto a casa sua dove, in quanto maschio
primogenito, spettava a lui comandare anche a sua madre? La logica
interna ad una vita realmente «umana», e l’analisi delle norme
che regolavano la società ebraica al tempo di Gesù, possono,
secondo la Magli, riempire e spiegare i silenzi che esistono nella
sua biografia.
È dunque proprio su
questo aspetto di Gesù, esplicito eppure dimenticato, che è rivolto
il libro dì Ida Magli: una lotta per la memoria contro la
dimenticanza selettiva. Può dirsi che questo libro sia la
testimonianza della eclissi del sacro, compiuta in nome di un Gesù
inteso in modo nuovo? Qui il libro della Magli ha in sé
obiettivamente una carica di conseguenze e di problemi maggiore di
quanto il testo non manifesti. L’Occidente è nato dalla figura di
Gesù, per cui riformare la lettura di Gesù vuol dire riformare la
lettura che l’Occidente fa (o ha già fatto) di se stesso
paragonandola alle proprie origini. Ma non sta qui, appunto, il luogo
di transito tra le varie forme di letture di Gesù praticabili nel
nostro tempo?
“la Repubblica”,
ritaglio senza data, ma 1982
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