14.7.18

Il conte Balbettone, ovvero quel trombone di Manzoni (Gianni Brera)

Alessadro Manzoni

«Di recente mi sono riletto Dostojevskj, Gogol e Tolstoj.Li ho trovati più grandi di quanto ricordassi. Cecov, Babel e Bulgakov mi hanno invece impressionato per la modernità. Dei francesi m'incanta Balzac. Fra i compatrioti leggo con interesse Soldati, Cassola e soprattutto Moravia anche se ultimamente è un po' rincitrullito.
Il nostro paese a differenza dei francesi non ha avuto l'Ottocento. È ora di smitizzare i tromboni come Manzoni, il conte Balbettone cui rimprovero d'aver eluso la realtà ignorando le lezioni della sua storia. Lisander Manzoni nasce nel 1785 da amplessi ambigui e quasi turpi di cui non ha
Gianni Brera
colpa. Il gracilissimo Alessandro, figlio di Giulia disinvolta erede di Cesare Beccaria, cresce in un paese rinscemito. Lui balbetta da aver paura. Nelle guerre napoleoniche muoiono 90mila lombardi e nessuno se ne ricorda: passano per francesi.
Lisandrino liricheggia da arcade in ritardo. Ridono tutti quando pubblica Carme in morte di Carlo Imbonati. Poi balbetta inni sacri che gli garantiscono fama e pelosa riconoscenza. Poi gli viene l'uzzolo per una tragedia sull'ultimo re longobardo, Adelchi. La storia viene da lui ignorata e vaneggia di estasi religiose in brutti versi e non resiste di celebrare Napoleone (Ei fu). Il sublime Leopardi butta l'ode dalla finestra (sic!).
Poi viene il romanzone dove nessuna donna sembra possedere il sesso tranne una suora. Lucia è asessuata e fessa fino al disgusto («I poveri - commenterà Antonio Gramsci - li prende per il culo»).
Per scrivere questo romanzo ha impiegato oltre 20 anni. Diceva Saba: per scrivere Guerra e pace bisogna essere ricchissimi. Giusto, e per riscrivere decine di volte i Promessi sposi? (...) Poi ci si aspetta da lui un altro romanzo immortale e scrive invece una scipita monografia sul barbiere Mora, poi diviene senatore del Regno senza meriti».

L'Europeo, 7 aprile 1978

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