22.7.18

Liutprando, eroe dei cinque mondi. Il re longobardo che volle eterna fama (Ezio Barbieri)


Amico dei Franchi, ostile ai Bizantini, duplice con il Papa, nemico dei saraceni, protettore dei sudditi più indifesi.

In un giorno non precisato del 722 o del 723 Liutprando, re dei Longobardi, percorre a cavallo i tratturi dell’Appennino accompagnando i resti mortali di sant’Agostino. Attorno a lui i boschi selvaggi ricordano quelli delle terre lontane da cui proviene la sua stirpe. Sopra di lui è il cielo, a cui il re volge lo sguardo, sicuro di essere guidato dalla volontà divina. Così è scritto nel Prologo alle Liutprandi leges, «il cuore del re è nelle mani di Dio». Seguendo l’ispirazione divina, Liutprando ha fatto trasportare le spoglie del santo dalla Sardegna per sottrarle all’oltraggio delle incursioni saracene. Lui stesso le ha attese sulle alture presso Genova per poi accompagnarle a Pavia. È certo di aver salvato un simbolo della cristianità. Nella capitale del regno è pronto un luogo sicuro, la cella di San Pietro in Ciel d’oro, attorno a cui in quegli anni si sta aggregando una comunità di monaci. Là è già sepolto il padre di Liutprando, re Ansprando, lì tra poco giungerà sant’Agostino, per essere il santo di una città e dei sovrani che la governano, lì progetta di essere sepolto Liutprando. C’è in lui l’idea di creare un sacrario dei re longobardi a Pavia, complemento religioso all’azione laica di rafforzare l'amministrazione nel palazzo regio, il Sacro Palazzo. E c’è in lui un disegno politico. Amico dei Franchi, ostile ai Bizantini, duplice col Papa, nemico dei saraceni, protettore dei sudditi più indifesi con le sue leggi, il re dei 5 mondi (712-744) viene celebrato in un convegno voluto dall’Università Cattolica di Milano a Pavia e a Gazzada Schianno (Varese) tra il 3 e l'8 maggio.

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Nel 722 o 723 Liutprando ha poco più di trent’anni, il suo coraggio è noto. Da giovane ha affrontato da solo in duello due guerrieri longobardi a lui ostili. Ha fama di sovrano e legislatore saggio, di valoroso capo militare, anche se più numerose sono le guerre che dovrà ancora combattere. Ha in mente di rafforzare il suo potere nel mondo longobardo e di estendere il suo dominio ad altri territori. Cova l’ambizione di diventare rex totius Italiae. Da tempo ha abbandonato la politica di pacificazione ispirata al trattato del 680, siglato con Bisanzio dai suoi predecessori: i bizantini sono suoi nemici e contro di loro combatte più volte a Ravenna devastando anche il porto di Classe (717). Facile è attaccarli quando l’impero d’Oriente è preso di mira dagli Arabi. I Bizantini sono combattuti anche quando si fanno sostenitori dell’iconoclastia, perché Liutprando, cattolico, difende la tradizione del culto delle immagini sacre seguita dalla Chiesa di Roma. Nemici sono anche i duchi longobardi troppo autonomi e così scenario delle guerre del sovrano è anche l’Italia meridionale. Liutprando arriva a controllare tutti i ducati longobardi e a esercitare la sua influenza sull’Esarcato e Roma.
Protagonisti nel teatro politico sono anche i Franchi, nel 722-723 i rapporti con Liutprando sono tesi, ma in poco tempo tutto muta grazie ad alleanze sancite da matrimoni. Al sovrano longobardo si aprono nuove prospettive, può contare sul sostegno non tanto dei sovrani franchi legittimi (i cosiddetti «re fannulloni») ma dei maggiordomi di palazzo, padroni della politica franca. Nel 730 è alleato di Carlo Martello, nonostante questi sia giunto al potere in modo fortunoso e poco chiaro: per Liutprando conta il fatto che da anni Carlo stia respingendo nel Sud gli attacchi dei Saraceni e nel Nord quelli di Frisoni e Sassoni. L’essere re e figlio di re non gli impedisce di scegliere alleanze con gli «illegittimi», a Liutprando appartengono ambizione, spregiudicatezza e una buona dose di Realpolitik maturate negli anni difficili della prima giovinezza: madre e fratelli imprigionati e mutilati, il padre esule, lui stesso esule. La sua alleanza con i Franchi si consolida: nel 737 adotta Pipino, figlio di Carlo Martello, la cerimonia è solenne, il giovane viene rasato secondo l’uso longobardo a sancirne lo status di figlio legittimo di Liutprando. Pipino può così aspirare al trono franco, su cui si insedierà nel 751 con un colpo di Stato.
Il solido legame con i Franchi induce Liutprando nel 738 a difendere vittoriosamente Arles in Provenza contro i Saraceni, mentre Carlo Martello combatte contro i Sassoni. La conseguenza è che nel 739 l’appello di papa Gregorio II ai Franchi di rispondere all’attacco dei Longobardi, che hanno saccheggiato il territorio di Roma, rimane inascoltato. Diversamente accadrà nel 774 tra il longobardo Desiderio e il franco Carlo Magno, che ascolterà le richieste del pontefice Adriano I e sconfiggerà i Longobardi.

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Se nel 739 la Chiesa non viene ascoltata, Liutprando in altre occasioni le concede molto: nel 728 a Papa Gregorio II dona Sutri, presa ai Bizantini e non restituita loro nonostante gli accordi, nel 743 procede a un'altra restituzione di fortezze strategiche. Così la Chiesa pone le basi del suo potere temporale e Liutprando non perde occasione di dare un clamoroso schiaffo politico all’imperatore d’Oriente, perché il pontefice è suddito di Bisanzio. Anche all'interno del regno Liutprando tutela la religione cattolica, rendendo inviolabili le chiese, assumendo la protezione diretta delle monache, proibendo residue pratiche pagane e inserendo prescrizioni di diritto canonico nella legislazione longobarda. Azioni del re di un popolo ormai del tutto cattolico.
Nel 744 Liutprando, poco più che cinquantenne, ha la consapevolezza di aver reso la società longobarda più stabile e meno violenta grazie alle leggi da lui promulgate, ad arricchimento e integrazione dell’Editto di Rotari. Orfani, minori, donne sono i soggetti privilegiati della sua opera di legislatore. La sua è un’età anziana per i tempi e probabilmente Liutprando non si attende altro dalla vita e dal suo ruolo di sovrano ma forse spera in una fama duratura. Nel medesimo anno muore e viene sepolto in quell’angolo di Pavia fuori le mura, da lui fortemente voluto, San Pietro in Ciel d’Oro, la cui malia affascina ancora oggi. Le gesta coraggiose di uomo, il prestigio di re, le campagne militari hanno reso Liutprando grande presso il suo popolo e magari agli occhi dei nemici. Il ricordo dell’attività di legislatore andrà oltre l’orizzonte temporale dei Longobardi, portando con sé, allo sguardo di altre epoche, anche la dimensione umana, regale e guerriera di Liutprando.

“La lettura - Corriere della sera”, 29 aprile 2018

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