La copertina di un pieghevole pubblicitario dela Fornace Toppetti |
PER IL PADRONE
LA
SALUTE DELL’OPERAIO
CONTA POCO
Cinquanta morti sul
lavoro in un anno - Violazioni contrattuali nelle fabbriche minori di
Todi e Pantalla - Lo sfruttamento degli apprendisti
TERNI, 16 marzo
Sono morti cinquanta
operai in un solo anno nella regione umbra, sul lavoro. E nello
stesso anno si sono registrati quindicimila infortuni. Questi i dati
drammatici, ufficiali, che si ri feriscono a due anni fa. Ed a fianco
di queste cifre drammatiche sta l'altra: trentamila disoccupati. Per
trovare la causa che ha prodotto questa svolta si deve andare nelle
fabbriche. Il padronato della grande e piccola industria licenzia gli
operai, riduce gli organici e nel contempo riesce a far aumentare la
produzione. E per rispondere a questa formula si violano le leggi, i
contratti, si colpisce la salute dei lavoratori.
La nostra rivelazione sui
«dieci comandamenti» inviati ai «capi» della Terni ha suscitato
allarme tra gli operai ed anche discussioni tra gli stessi «capi».
A questi, per dissipare ogni dubbio, vogliamo ripetere che noi non
siamo contro a tutto quanto si fa in una azienda pubblica, nella
organizzazione del lavoro, nel riammodernamento tecnologico, nello
sviluppo tecnico, nel riassetto interno. Siamo contrari invece a
tutte quelle misure che pongono gli uomini sul piano delle macchine.
Ora la Temi dovrà
dimostrare cosa intende con i suoi «10 comandamenti»: il banco di
prova è fornito dalla trattativa in corso sugli orari di lavoro,
sull'ambiente di lavoro, sulle ferie e le festività, sugli organici
e sulla introduzione della quarta squadra.
La sfruttamento si ripete
di fabbrica in fabbrica ed eccoci a Todi, dove ritorna la stona che
abbiamo denunciato per la Pozzi o per il Cotonificio Gerli di
Spoleto, proprio ieri. Licenziarono ottanta operai nel 66 perché
c'era la «crisi di mercato» ed alle Fornaci Toppetti rimasero 250
operai: la «crisi» è superata, la produzione è ritopnata a
livelli normali ma gli organici sono ridotti di ottanta unità. Da
questo fatto dipende l'intensificato sfruttamento operaio, che si
esercita negando il lavoro ai disoccupati, violando la legislazione,
colpendo la salute dei lavoratori, costretti a lavorare anche nei
giorni festivi, a non godersi delle ferie ed a rimanere tutto a
salari infami.
Abbiamo cercato a caso
due buste paga: paga base di un operaio 64 mila lire; scopriamo poi
che un altro operaio ha lavorato per 88 ore «straordinarie ». Alle
Fornaci Tappetti le violazioni contrattuali non avvengono con tanti
sottorfigi ma alla luce del sole. Sulla busta paga si legge che di
sabato l’operaio lavora otto ore come gli altri giorni della
settimana. quando il contratto invece prevede la riduzione di quattro
ore di lavoro.
È certo che poi si mette
in moto anche qui la macchina degli «accorgimenti». Ecco allora che
per 50 operai si fissa il cottimo e per gli altri, che sono costretti
a stare al ritmo di questi 50 operai si instaura il lavoro ad
economia. E la domenica è sempre segnata in nero sul calendario di
questi operai. Lavoratori che non usufruiscono dei riposi retribuiti
e delle ferie. Con questa politica Toppetti ha mantenuto ed aumentato
i livelli produttivi diminuendo i costi di produzione, diminuendo i
livelli di occupazione. colpendo tutta la economia della zona e la
salute dei lavoratori.
Dalla vecchia fabbrica
alla nuova azienda, da Todi a Pantalla la strada è breve e la
politica di Toppetti è quella dei fratelli Granieri. proprietari
delle tre fabbriche di Pantalla: la ILFE. per gli infissi, la Tedas,
la Elcom; altri duecento operai. Sono fabbriche nuove dove prevalgono
la manodopera giovanile. gli apprendisti. E' proprio sui giovani,
sugli apprendisti che lo sfruttamento è più pesante e si esercita
anche a buon mercato, con un salario che, quando tutto va bene, è di
trentamila lire al mese. Queste violazioni sono state oggetto di
indagini dell'Ispettorato del lavoro ma si attendono ancora le
conclusioni.
Ma per questi ragazzi la
conclusione è sempre la stessa quando arriva la cartolina rosa per
il servizio militare arriva anche la lettera di licenziamento. «Vanno
in pensione a venti anni» questi giovani. Ed in queste fabbriche
giovani si praticano i vecchi sistemi — ci dice il segretario della
Camera del lavoro Gonnellini — del padronato che rifiuta la
presenza del sindacato, che nega la libertà nella fabbrica.
l'Unità, domenica 17
marzo 1968
Nessun commento:
Posta un commento