8.8.18

Diritti civili e dilemmi morali. Se il pasticciere nega la torta nuziale a una coppia gay (Ermanno Bencivenga)



Nel 2012 due uomini, David Mullins e Charlie Craig, in procinto di sposarsi in Massachusetts (il Colorado, dove vivevano, non ammetteva all’epoca i matrimoni omosessuali), si presentarono in una pasticceria di Lakewood, vicino Denver, per ordinare una torta nuziale. Il responsabile del negozio, Jack Phillips, si rifiutò dichiarando che una simile opera creativa, da lui realizzata, avrebbe violato le sue convinzioni religiose.
I due gli fecero causa presso la Commissione dei diritti civili dello Stato, che diede loro ragione, e la Corte d’appello del Colorado confermò il verdetto; ma il 4 giugno scorso la Corte suprema federale lo ha ribaltato, con una maggioranza di sette a due. Particolare di rilievo: a scrivere la sentenza è stato il giudice Anthony Kennedy, nominato alla Corte da Reagan nel 1987 e divenuto il suo membro più indipendente dalle affiliazioni politiche. Nel 2015 proprio Kennedy aveva fornito il quinto voto necessario per sanzionare la legalità dei matrimoni omosessuali in tutta la nazione, e aveva scritto la sentenza.
La parola «tolleranza» è spesso usata, con enfasi e senza molto riflettere, per designare una generica virtù positiva; ma, come ho mostrato nel mio libro Prendiamola con filosofia. può accadere che la tolleranza entri in contraddizione con sé stessa e causi l’insorgere di un dilemma morale (o legale). Il caso che ho descritto ne è un brillante esempio. Una coppia gay ha il diritto che vengano tollerate le sue preferenze sessuali. D’altra parte, una persona che svolge un lavoro creativo e in tale lavoro si esprime, ha il diritto che vengano tollerate le sue preferenze su che cosa è disposto o non è disposto a esprimere. E un diritto esclude l’altro; una forma di tolleranza si oppone all’altra.
Nel mio libro auspicavo che, di fronte a casi tanto controversi, la comunità istituisca un dialogo interno per stabilire priorità fra i diritti che si escludono, o eventualmente aree speciali in cui l’uno o l’altro diritto venga sospeso. Nel caso in questione, per esempio, si potrebbe proporre che una persona creativa che realizza un’opera per un committente stia esprimendo non le proprie opinioni ma quelle del committente. Non c’è speranza, però, che in un ambiente così radicalmente partigiano come quello degli attuali Stati Uniti (o, mi sembra, dell’attuale dappertutto) si riesca a condurre con civiltà e spirito costruttivo un dialogo del genere. Quindi il meglio che ci si possa aspettare è trovare una scappatoia, come quella che ha permesso a Kennedy di raccogliere una maggioranza più corposa del solito cinque a quattro che riflette lo scontro tra conservatori e progressisti (con il suo voto in bilico).
La Commissione dei diritti civili del Colorado, ahimè, si era comportata male. Dibattendo il caso, suoi membri avevano definito la fede di Phillips spregevole e lui stesso un bugiardo, e avevano paragonato il suo atteggiamento a quello di chi difende la schiavitù o l’Olocausto (senza che nessun altro membro obiettasse). Kennedy ha avuto facile gioco a dimostrare, su queste basi, che si era manifestata un’imperdonabile ostilità verso la religione, ben più grave del rifiuto di un servizio da parte di Phillips.
Immagino che Kennedy, paladino dei diritti degli omosessuali, abbia tirato un sospiro di sollievo nel non dover affrontare il problema in tutta la sua gravità e poterlo, di fatto, rimandare a data da destinarsi. Una data che, peraltro, non lo riguarderà più, visto che mercoledì 27 giugno ha annunciato il suo ritiro in pensione, lasciando questa e altre patate bollenti nelle mani dei suoi colleghi presenti e futuri. Ma per la filosofia le patate bollenti sono i casi più significativi e il dibattito su di essi è quello più importante; quindi per la filosofia questa è un’occasione mancata.

"Il Sole 24 ore Domenica", 1° luglio 2018


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