24.9.18

Una parola. “Mentire” (Vincenzo Cerami)

Vincenzo Cerami
Si può mentire a fin di bene, quando la verità crea angustie pur non servendo a niente. Si può mentire a fini strumentali, come durante le elezioni, durante una guerra e nelle crisi d'amore. Ma si può mentire anche per nascondere qualche insuccesso, per esempio di ritorno dalla caccia o dalla pesca. Capita di mentire quando si sa che la verità non serve e quando si sa che chi ascolta non sa distinguere tra vero e falso. La menzogna ideale è del mentitore che parla a una folla sorda o, peggio, che dimentica. In questo caso verità e menzogna hanno lo stesso valore. È più facile, e più comodo mentire a coloro che non hanno futuro, vista l'impossibilità di verifica. Chi non ha futuro è un eterno moribondo, ogni promessa che gli si fa non è mai debito. Si dice che la mezza verità è una menzogna completa, e che le menzogne sono sempre ben vestite, mentre la verità va in giro nuda. Ciò che è vero esiste, la menzogna è un'invenzione.
Quanto detto fino ad ora non è del tutto esatto. Ci sono molte verità (probabilmente la maggior parte) che si possono dire solo attraverso una serie di invenzioni, di bugie. Ogni volta che risulta difficile convincere qualcuno che si sta dicendo il vero, si ricorre necessariamente a un sotterfugio retorico, a un piccolo raggiro semantico. Già il ricorso alla similitudine o alla metafora è un segno di incertezza sulla propria capacità di persuasione diretta: per dire una verità si inventa una bugia. Se così non fosse non esisterebbe la letteratura o per lo meno, la letteratura sarebbe solo voce di mentitori. Invece non c'è niente di più vero dell'infinito e dolente vorticare nell'aria di Paolo e Francesca. La verità è che non esiste la verità, ma esistono solo le sue metafore.

l’Unità, Domenica 24 Gennaio 2010

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