23.11.18

Genio e follia. Cesare Lombroso su Richard Wagner



Fin dall’età che per gli altri ragazzi è destinata ai giuochi dell’infanzia, si rivelarono in Wagner la passione per l’arte e per la gloria, e il tratto caratteristico della impossibilità di battere la via comune, di assoggettarsi alle leggi stabilite. Spirito fantastico, dominato da un misticismo esagerato, «faceva dei sogni in pieno giorno», scrive egli stesso, «durante i quali la nota fondamentale, le terze e le quinte mi apparivano in persona e mi rivelavano la loro significazione importante». A 17 anni compone un’ouverture a tessuto complicatissimo, e la scrive con tre inchiostri differenti, pei vari strumenti. Anche il suo egocentrismo è dimostrato dalla sua relazione con Meyerbeer, e con molti amici. La violenza delle sue emozioni è rivelata dall’importanza che attribuiva alle critiche altrui: «Mi si lodi, o mi si biasimi - scriveva - è come mi si pugnalassero le intestina».
Agilissimo, saliva sugli alberi più alti del giardino, ed era vanitosissimo della sua agilità. Nei momenti di eccitamento sembrava in preda alle febbre; tutto pieno di fuoco, incapace di star fermo, saltava, si dimenava, agitava a destra e a sinistra le sue braccia di ragno; le parole uscivano dalla sua bocca a fiotti, disordinate; sempre furioso, sempre in attitudine, scrive il Tissot, di battersi, di predicare una crociata. Incontrato un amico che da gran tempo non aveva veduto, si mise per la gioia col capo in basso ed i piedi in alto. Vero zoofilomaniaco ebbe amicissimi 13 cani, a molti dei quali elevò tombe: né se ne privò anche quando versava nella massima miseria.
Odiava (vere fobie) la barba, gli occhiali, i velluti, i merletti, e amava i vecchi vestiti che ricomprava dai servi (Kienz, Deutsche revue, 1900). Soffrì spesso di cefalea: «I miei nervi -scrive - sono sempre eccitati e stanchi, mai in riposo: il mio male è incurabile». Talora, invece, ha periodi di euforia, e gode di un’ebbrezza eterea in confronto alla quale l’eccitazione del vino gli pare infinitamente grossolana. Uno dei suoi tratti caratteristici fu l’instabilità delle idee e della condotta, rivelata specialmente dalle sue opinioni politiche e dai suoi atti, come pure dai viaggi frequentissimi spesso fatti senza alcuna necessità. Caratteri dominanti erano pure il bisogno di esteriorità e l’imprevidenza per la ricerca dei mezzi di sussistenza.
Andò soggetto a vere assenze, di cui una descritta in modo tipico dal Nouffiard. Ebbe, secondo il Nisbet, accessi epilettici prima di morire. Il rapporto tra l’ispirazione generale e l’accesso epilettico appare alle parole stesse di Wagner sul suo estro: «I miei occhi si oscurano, il mondo mortale scompare, e l’ispirazione di espande in lacrime divine». Anche la sua amicizia per Luigi II di Baviera, «il re psicopatico, lipemaniaco», dimostra l’affinità elettiva.

Da Nuovi Studi sul genio (1902) – in “La Stampa”, 3 aprile 2008

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