28.12.18

Un grande editor. Severino Cesari legge “Io non ho paura”. Una lettera a Niccolò Ammaniti


Nell'ottobre scorso, in occasione dell'anniversario della morte di Severino Cesari, “la Repubblica” ha dedicato uno dei suoi inserti culturali (i “Robinson”) al ricordo del grande intellettuale (giornalista, editor, scrittore, poeta e ancora altro) di Città di Castello. Tra le testimonianze è presente quella di Nicolò Ammaniti, che vi ha aggiunto una lettera ricevuta da Cesari quando insieme stavano procedendo alla revisione di Io non ho paura, databile tra il 200 e il 2001, l'anno di uscita dell'importante romanzo. La lettera, che qui riprendo, è assai bella e molto ci dice del modo di lavorare di Cesari come editor e del rapporto che instaurava con i “suoi” scrittori. (S.L.L.)

Severino Cesari in una foto del 1996

Niccolò, bravo, è fortissimo.
L'ho letto stamattina presto in un bar caldo, era una bellissima sensazione di mente eccitata, mi ha preso molto. L'ossatura era bella poderosa già da prima, ora la ciccia intorno alle ossa è tanta di più, al punto giusto senza eccedere, le parti del corpo escono fuori belle tornite, viene voglia di un rapporto fisico con questo libro, anche più che con Ti prendo e ti porto via. Credo sia giusto il titolo, è stata una "certezza" di stamattina (ma continuiamo a pensarci naturalmente) perché ho avuto molto chiaro che proprio la paura è la chiave profonda di tutto:
mi è venuta forte questa domanda in testa:
qual è la paura peggiore e più inconfessabile di un bambino?

e tutto in fondo ruota nel libro intorno a questo motivo e alla lotta per dominare e vincere scomposto e disseminato in tanti motivi secondari della paura: - la paura che tuo padre sia un mostro - la paura che ti tagli le orecchie (o il pisello) e ti metta in un buco, che è la tomba - la paura di desiderare tua madre, con la quale infatti "lotti" o "balli" dunque la scopi - la paura della morte e dei morti - la paura del corteo dei mostri - la paura di dover competere con gli altri, perché per un bambino tutto è guerra e competizione continua - la paura degli orsetti lavatori, del signore dei vermi, di ciò che è ignoto insomma tutto ruota in modo narrativamente coerente, attraverso il punto di vista del bambino Michele che rimane tale anche se narrato da un adulto, intorno a una "familiarità" che si scopre "perturbante", inquietante, e questo è un motivo profondissimo, è IL motivo archetipico della paura, per ciascuno etc ed è bellissimo come adesso nei dialoghi tra i personaggi, tra Michele e la sorella, Michele e Salvatore tornano in un caso e nell'altro, "disseminate" e come intrufolandosi segretamente, corrodendo la normalità del linguaggio, queste paure, guidate e determinate dal mistero del bimbo nel buco; - nel dialogo perfetto con Salvatore la bellissima scenetta del figlio morto/zombie, esemplare per economia di linguaggio e molto comica (e paurosa insieme) - nel dialogo con la sorella sulla fiaba del bambino nel sacco si intrufolano, deformando la fiaba, tutte le paure - nell'abbraccio con il padre ecco in pieno l'unione di confortante/ inquietante, mostruoso/familiare - bella anche la scenetta del cane nell'acqua e le zecche, con Barbara che canta Bella ciao, mi sembra fondamentale aver esplicitato quel vuoi essere il mio fidanzato che era implicito già in Barbara, etc etc - bellissima la scenetta alla Taricone di Felice che canta double face in slip e anfibi, vecchia checca insomma sono molto contento di come stanno venendo fuori queste scene diciamo così "orizzontali", se il ritmo del libro, l'azione è l'aspetto "verticale" Proprio la combinazione di ritmo asciutto e nervoso dell'azione e dialoghi/ scenette buffe e tornite danno un sapore inconfondibilmente " ammanitiano" e al tempo stesso nuovo, proprio il driver non è la commedia ma un ritmo filato, implacabile, come se questo buco nel terreno esercitasse a ritroso una forza magnetica implacabile su tutto il libro, tirandolo a sé dettagli minimi in attesa della revisione finale: - il vecchio Sergio dice che l'acqua nella stanza è calda come piscio, Michele lo nota; evidentemente gli scoccia perché colpisce sua madre; forse sarebbe allora naturale che la mattina dopo, nella bella scenetta con la madre che è sollevata perché alla fine lui ha passato la notte con Sergio senza problemi, così vuol credere, sarebbe forse naturale che lui trovasse modo di dirle « ha detto che l'acqua era calda come piscio » , insomma forse serve un dettaglio cattivo di Michele sul vecchio?

- quando Michele ha paura di essere scoperto fuggendo via dalla buca, e pensa « sarebbe stata la fine » ( frase usata da te anche più avanti, nella parte non ancora revisionata) forse serve un'espressione più precisa: avrebbero incatenato anche me nel buco, mio padre mi avrebbe tagliato il pisello, altro che le orecchie?

- quando compare il Subuteo forse suona meglio " schierate" ( Juve e Torino) di " disposte"? ma queste e altre sono cose minime che fanno parte dell'ultima mano credo

un abbraccio Seve


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