22.1.19

Davos. Per la 49esima volta ricchi sempre più ricchi parleranno di ineguaglianza tra un cocktail e l’altro (Gianluca Mercuri)

Trovo nella rassegna stampa del Corriere della Sera una nota sul Foro di Davos di cui riprendo una parte. Si basa su informazioni e giudizi provenienti da Time e dall'agenzia Bloomberg, le une e gli altri degni di attenzione. (S.L.L.)


Quanto va presa sul serio Davos? Quanto deve interessare alla gente comune il World Economic Forum, che oggi apre la sua 49esima edizione? Questa sorta di congresso mondiale delle élite, scrive “Time”, presta il fianco da sempre al sarcasmo: «Miliardari degli hedge fund che volano nella cittadina svizzera in jet privati che consumano un sacco di carburante per discutere di cambiamento climatico; ceo milionari che, tra un cocktail le l’altro, si scambiano idee sull’ineguaglianza; conversazioni infinite tra persone che si autorappresentano come “leader del pensiero”». Di certo, a dieci anni di distanza dalla grande recessione — perfino a Davos nel 2009 il clima fu «triste» — «l’élite globale è più che ricca che mai», come documenta Bloomberg. L’agenzia americana ha analizzato le fortune di una dozzina di tipici partecipanti al Forum (tra i più noti Gates, Zuckerberg e Soros) per scoprire che in questo decennio sono aumentate complessivamente di 175 miliardi di dollari. Lo specchio di quello che è successo nel pianeta, con il famoso 0,1% della popolazione mondiale che dal 2009 ha visto più che raddoppiare la sua ricchezza — da 3,4 a 8,9 trilioni di dollari — mentre nell’ultimo anno la metà più povera ha perso l’11% della propria. Il punto è che grazie al più lungo Toro borsistico della storia, al denaro a buon mercato e ai tagli fiscali di Trump, businessmen e finanzieri hanno davvero di che brindare, e pazienza se mentre ripetono in continuazione che l’ineguaglianza mette a rischio la stabilità sociale, «la biforcazione nell’economia mondiale è accelerata». Anand Giridharadas, autore di Winner Takes All: The Elite Charade of Changing the World, dice che lo stesso «imbroglio» socioeconomico che causò la crisi ha fatto sì che le perdite che ha causato siano state socializzate. E mentre i salari ristagnavano, in America i compensi dei ceo delle maggiori aziende oggi sono 312 volte maggiori della paga annuale media di un lavoratore tipico, mentre erano 200 volte maggiori nel 2009, 58 volte nel 1989 e 20 volte nel 1965. [...]

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