24.2.19

Lo storico dei gatti che insegnò la buona creanza nella Francia del Settecento (Maurizio Schoepflin)


L’opera più celebre, sebbene poi rinnegata dall’autore stesso, di François-Augustin de Paradis de Moncrif, è una Histoire de Chats, pubblicata nel 1727, in difesa del gatto domestico; un testo con intenti assai probabilmente satirici che tuttavia non fu accolto positivamente da tutti, se è vero che il giorno in cui il Moncrif venne ammesso a far parte della prestigiosa Académie française, un povero e ignaro micio fu gettato nella sala della paludata istituzione, e se è vero che Voltaire intinse per l’ennesima volta la sua penna nel vetriolo per bollare la sciocchezza dello scritto dedicato ai felini. Vissuto fra il 1687 e il 1770, il parigino Moncrif, poeta, musicista e attore, fu assai protetto e apprezzato negli ambienti della corte e della nobiltà, fino a diventare segretario generale delle Poste. Egli rappresenta bene il modello dell’uomo settecentesco brillante e ricco di qualità, assai ricercato per la sua avvedutezza e le maniere cortesi. Testimonianza eloquente di tale personalità e di uno stile di vita che antepone l’etichetta all’etica sono gli Essais sur la Necessité et sur les Moyens de Plaire, del 1738, noti come L’arte di piacere (Medusa, 2009), una sorta di summa a uso di coloro che vogliono riscuotere l’altrui benevolenza e simpatia. Si tratta di un libretto che rispecchia alla perfezione lo spirito di un’Europa che, pur incubando i germi di profondi mutamenti culturali e politici, si presenta particolarmente attenta alla moda, alla frivolezza, alla galanteria; un’Europa che ama moltissimo frequentare salotti e alcove. Certo, come è stato più volte notato, a ben guardare a quella società apparentemente superficiale e ipocrita non furono estranei problemi e tensioni; tuttavia, essa sembrò preferire la levità e persino la banalità alla profondità dei drammi esistenziali. In fatto di buona creanza, Moncrif è un vero maestro: dispensa consigli preziosi per andare incontro alle attese e ai desideri dei propri simili e per farsi ben volere, convinto che, nell’impossibilità di realizzare i grandi valori dell’amore e della fraternità, sia opportuno almeno far trionfare la buona educazione e la gentilezza.
Egli considera l’uomo amabile e cortese preferibile a quello aggressivo e scontroso e giudica il garbo migliore della maleducazione. Lontano dai rigori della morale giansenista che un secolo prima aveva trovato in Pascal un eccelso interprete, non presago degli orrori che poco dopo la sua morte insanguineranno la Francia rivoluzionaria, Moncrif ci consegna un libriccino che è una piccola arma contro le non poche cadute di stile che caratterizzano il nostro modo di vivere e convivere.

Avvenire 21 gennaio 2010

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