Sul fegato e lo stomaco di Angelo Capodicasa c’è accaduto di dire mirabilie, ma ci siamo accorti di aver detto poco del suo impegno politico.
La sua pagina nel sito della Camera ci informa della laurea in lettere e filosofia e del ruolo di dirigente di azienda privata. Questa specificazione, “privata”, ci induce a verifiche e domande. Partiamo da Wikipedia che ci documenta sui fasti della carriera dello statista di Joppolo. Apprendiamo che mentre era deputato regionale (lo è stato per 4 legislature dal 1986 al 2006) ha occupato anche le seguenti cariche: dal 1991 al 1996 vicepresidente dell’Assemblea regionale siciliana; dal 1991 al 1995 segretario regionale del Pds; dal 1998 al 2000 addirittura Presidente della Regione Siciliana. Nel 2005 lo ritroviamo segretario regionale dei Ds, ma l’anno appresso, a maggio, lascia l’Ars per essere nominato (c’era già il porcellum) deputato e viceministro alle Infrastrutture nel governo Prodi. A dicembre si accorge che non ce la fa più e dunque lascia la segreteria regionale dei Ds. In seguito alla caduta del governo Prodi e alle elezioni anticipate è rinominato (sempre col porcellum) a Montecitorio nel 2008. Da deputato semplice partecipa alle attività di commissione e di aula con interventi, interrogazioni, interpellanze e un tasso di partecipazione alle votazioni del 90 per cento ed oltre.
Domanda: quando avrà avuto il tempo di dirigere l’azienda, privata?
Domande connesse: l’azienda privata è privata privata o privatizzata, partecipata, concessionaria? Non si occuperà per caso di Infrastrutture?
Siamo certi che, se volesse, Capodicasa sarebbe in grado di chiarire tutti i nostri dubbi e dissipare tutti i nostri sospetti. Ma l’azienda, visto che è privata, avrà un nome. Perché non scriverlo?
Della poliedrica attività parlamentare di Capodicasa diremo un’altra volta. Qui c’interessa centrare l’attenzione su una proposta di legge di cui è primo firmatario, la 2255 dal titolo “Norme relative alla professione del consulente filosofico e istituzione del relativo albo professionale”.
Nuove domande. Cosa sarà mai il “consulente filosofico” e in che cosa consisterà la professione? Cerchiamo una risposta nel testo di presentazione di cui Capodicasa è autore o quantomeno coautore. Ci spiega come oggi “il singolo e i gruppi si rivolgano spesso al filosofo spinti prevalentemente dal desiderio di acquisire maggiore consapevolezza di loro stessi e del loro ruolo nella comunità; dalla volontà di comprendere, fino in fondo, il sistema di valori che sorregge ideologicamente la nostra società, per trovare un orientamento efficace e aderente a ciò che essi stessi sono e vogliono essere; dall’insinuarsi del dubbio metodico che porta a domandarsi se un certo modo di pensare e di essere siano davvero così scontati come sembra dal messaggio che si vuol far passare”.
Non avete mai visto la gente in fila per aspettare il responso dei filosofi? Quello che scrive C. vi sembra un po’ troppo? Abbiate pazienza, non è ancora tutto: “La consulenza filosofica non è una relazione di aiuto, quanto piuttosto una pratica che ha lo scopo di permettere all'individuo di giungere a una reale comprensione di sé in termini di conoscenza delle proprie potenzialità, del proprio ruolo nella comunità di riferimento, del proprio stile di pensiero, dei propri pre-concetti e conseguenti pre-giudizi (con i quali interpreta la realtà), del proprio sistema di valori". Si continua poi su questa linea in un continuo mescolarsi e confondersi di citazioni, banalità e sfondoni. Ci viene in mente Lenin e il “cretinismo parlamentare”. Chissà perché.
Finalmente la relazione arriva al cuore del problema: a che serve il consulente filosofico? “La consulenza filosofica non mira alla risoluzione di problematiche, semmai, il suo obiettivo principale, socraticamente inteso, è di conoscere se stessi per divenire ciò che si è”. Che vorrà dire? Ma Capodicasa non demorde e da dirigente d’azienda, privata, ci fa sapere che “le stesse aziende spesso chiamano il consulente filosofico anche per rimettere in discussione ciò che è assunto come base dell’azione organizzativa”. Minchia! Poi attraverso pregnanti argomentazioni il deputato del Pd ci spiega come e quanto il riconoscimento istituzionale della professione aiuterà a recuperare il versante “fronetico” della filosofia. Ma va! A questo punto ci viene in mente il Cardinale Ippolito d’Este. A Ludovico Ariosto che gli aveva dedicato l’Orlando furioso chiese: “Da dove avete preso tutte queste corbellerie?”.
Per finire in bellezza leggiamo l’articolato della legge proposta. L’articolo 1 definisce la professione in 7 lunghi commi. Il più importante come sempre è l’ultimo (in cauda venenum): “Il consulente filosofico può svolgere, presso le pubbliche amministrazioni e nei servizi pubblici e privati, attività di orientamento professionale e scolastico, nonché di mediazione scolastica; attività di coordinamento, di direzione, di monitoraggio, di mediazione e di supervisione degli interventi di natura formativa, educativa e filosofica, in qualsiasi ambito essi avvengano”. Basta così. Molto significativo è anche l’articolo 3 relativo all’istituzione e organizzazione dei corsi di formazione triennale per consulenti filosofici. Li istituisce “ Il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, d’intesa con associazioni e con enti pubblici e privati dotati di una consolidata esperienza nel campo della consulenza filosofica”.
Insomma, un’altra greppia.
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Appendice
I filosofi salariati
di Lorenzo Stecchetti (Olindo Guerrini)
Or non più tra le rabbie e le contese
povera e nuda va filosofia,
ma fa la ruota a scuola e per la via,
tira la paga e noi facciam le spese.
Se regnano la forca e il crimenlese
di San Tomaso fa l'apologia,
se torna in alto la democrazia
inneggia alla repubblica francese.
Ah, panciuta camorra di ruffiani,
che della verità strame vi fate,
ogni giorno che splende ha il suo domani!
A rivederci, maschere pagate,
a rivederci, illustri mangiapani.
a rivederci sulle barricate!
SCUSI MA LEI CHE MESTIERE FA, O HA FATTO? PERCHE' SU WIKIPEDIA NON C'E' TRACCIA DI LEI
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