18.10.09

L'articolo della domenica. Il potere di Lui


Nei dizionari di politica si legge che, tra i termini che indicano un dominio politico arbitrario, violento, pressoché illimitato, "autocrazia" è il meno preciso, il più soggetto a oscillazioni di significato. A me la parola sembra tuttavia la più adatta a rendere le caratteristiche del potere che ci sovrasta. L'etimologia rimanda ad autòs, il più enfatico dei pronomi di terza persona nel greco antico, una specie di ipse o di ille latino, un Lui con la maiuscola, un Lui stesso che fa tutto da sè.
Autocrazie erano già nell'antichità e continuano ad essere quelle forme di potere politico che si fa da sè e da sè si legittima, un dominio fortemente personalizzato, in cui il Lui di turno straripa dall'alveo del pubblico ed entra prepotentemente nella vita quotidiana. A questo scopo lo spazio fisico viene riempito di immagini dell'autocrate, statue, disegni, ritratti, che dalle piazze e dalle strade penetrano nelle case private, con il compito di assistere i sudditi proteggendoli e controllandoli.
Nel Novecento la società di massa esalta queste presenze pervasive e i progetti totalitari sono quasi sempre accompagnati dal culto della personalità. Vi contribuiscono alcuni rituali: le grandi adunate, ma anche i momenti in cui Lui va a cavallo, miete il grano, prende in braccio un bimbo, carezza una bimba, piccona rovine. La vicinanza assistenziale prevede momenti di identificazione. E' un processo che, con il concorso di apparati ideologici talora assai complessi, mira ad una vera e propria sacralizzazione dell'autocrate. La sua vita, la sua salute, il suo stesso corpo divengono preziosi e perciò oggetto di minacce e insidie da parte delle forze del male.
Le piccole vicende dei giorni scorsi ci preoccupano anche in questa luce. Un dirigente di paese del Pd si fa scappare sulla rete uno stupidissimo "ci vorrebbe un killer"; si commenta: "è frutto di una campagna d'odio coordinata da nemici interni ed esterni". I giornali di destra chiamano addirittura in soccorso gli allarmi dei servizi segreti (ma non troppo).
Come è noto, alcuni oscuri attentati a Mussolini tra il 1925 e il 1926 accelerarono la stretta repressiva e legislativa e per alcuni, mai realizzati, si parlò di "processo alle intenzioni". Oggi vorrebbero fare addirittura il "processo ai desideri". Per tutti i grandi dittatori del Novecento, del resto, complotti e attentati, veri, presunti o inventati, sono sempre stati una manna: non solo giustificano la caccia alle streghe ma rafforzano l'immagine dell'autocrate, creando intorno a loro un'aura di invincibilità.
Il nostro Lui, mentre cerca nemici e orridi complotti, non manca di prodursi in altri riti, in cui la sua corporeità si esalta: un comizio beneventano in giovanili maniche di camicia nera in cui si proclama amato dal 78% degli italiani, un incontro all'Aquila coi volontari del servizio civile. Qui c'è produce un vero e proprio show, più scollacciato di quelli delle tv pubbliche e private omologate ai suoi modelli. Il richiamo a Noemi, una foto di gruppo in cui tutti fanno il segno delle corna, il grido dell'autocrate "chi mi ha toccato il c..o". E' in questa atmosfera di volgarità documentata dalle cronache che l'autocrate dei nostri tempi dà il meglio (il peggio) di sè.
E che di autocrazia si tratti lo dimostra il fatto che, pur senza statue, monumenti e santini, col solo concorso delle televisioni, tutti parlano di lui e se lo sentono al fianco, quelli che da sempre lo amano e quelli che ostentavano indifferenza a tutta la politica. Perfino noi che ci opponiamo o vorremmo opporci ci troviamo a fare i conti con questa immagine pervasiva e quasi ossessiva, ci sorprendiamo a pensare a Lui, a parlare di Lui, a sentirne presente l'ombra, di qualsiasi cosa stiamo trattando. Sarebbe una bella cosa, ad esempio, potere una volta parlare di codici, magistratura, giustizia, come se l'autocrate non ci fosse, ma non ci si riesce. Così per tanti altri argomenti.
Bisognerebbe tentare di resistere a questo ricatto, a questo assedio che ce lo porta nelle abitazioni e nei teste. Io faccio un voto: per una settimana proverò a ragionare di economia, di società, di ambiente a prescindere da Lui, facendo finta che l'Italia sia un paese normale. Ma è impresa al limite dell'impossibile, dell'inosabile.

1 commento:

  1. Hai ragione. Si finisce, parlando di questa burletta vivente (ma pericolosissima), per fare il suo gioco.
    Dato che non siamo riusciti a seppellirlo sotto una risata, dovremmo tentare di isolarlo con il silenzio...
    Potrebbe essere un'idea
    Un saluto, Laura

    Interessante il tuo blog. Ti ho linkato

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