10.1.10

L' articolo della domenica. La mossa del Cavaliere.


Dopo l'ondata di simpatia e l'obbligatoria solidarietà bipartisan scaturite dal lancio del duomo in miniatura, il Cavaliere può, dopo alcuni mesi sulla difensiva, passare al contrattacco.
Giocano a suo favore le evidenti debolezze degli antagonisti. D'Alema e il suo segretario Bersani, subita la miniscissione di Francesco Rutelli, sembrano voler giocare, costi quel che costi, la carta delle riforme condivise, assecondando nei fatti le spinte alla semplificazione autoritaria, alla concentrazione di poteri che è la linea predominante nella destra al governo.
A sottolineare questo carattere di opposizione "responsabile e dialogante" la maggioranza del Pd sembra aver scelto come asse per la politica delle alleanze l'accordo con i centristi clericaleggianti di Pier Ferdinando Casini. Alla vigilia di una complicata partita elettorale nelle Regioni tutto questo esalta la concorrenza dipietrista e spezza i legami con i gruppi residui della sinistra cosiddetta radicale. Nè si può dire pacificato il fronte interno: in non poche regioni le tensioni nel Pd restano fortissime e non tutte riconducibili alla dialettica congressuale o alla conflittualità tra i partiti di provenienza. La possibile (e allo stato degli atti probabile) sconfitta in regioni come Piemonte, Liguria, Marche, Lazio, Puglia, potrebbe acuirle ulteriormente.
Qualcuno si sarebbe aspettato e continua forse ad auspicare, in questa congiuntura, la clemenza di Berlusconi, il lancio da parte sua di un qualche salvagente. L'unica possibilità per D'Alema e Bersani di durare è, infatti, il conseguimento di qualche concessione, anche marginale, nel dialogo con Pdl e Lega, una sorta di "presentat arm" che attenui l'onta della resa.
E invece no. Il Cavaliere, un po' per temperamento un po' per necessità, non concede nulla. Teme, infatti, come la peste un vero dibattito pubblico. Preferirebbe, ad esempio, che la "riforma della giustizia", intrecciata ai suoi personali processi, sia letta come risposta ad un'emergenza e approvata senza tante storie, al limite per decreto. Sa anche che la crisi non è finita e che la confusione organizzata ("facimmo ammuina") nel dibattito politico è sempre utile al governo a frammentare la protesta e a conservare il consenso di pezzi importanti del mondo popolare. Si tratta, come molti osservatori indicano, di un consenso debole, della condiscendenza di chi non si fida del tutto, ma nel bisogno si affida.
Aggiungere all'agenda politica nuovi temi da usare come diversivo per non rispondere alle "domande calde", specie quando si tratta di domande sociali, è una tecnica che il Cavaliere ha spesso usato, ma questa volta mira più in alto. Ha deciso di scompaginare ulteriormente gli oppositori con una sortita a sorpresa: la "mossa del cavallo", si direbbe nel gioco degli scacchi, quella che aggira gli ostacoli e coglie il nemico sul fianco scoperto. Ha questo carattere il rilancio di un antico progetto di riforma fiscale. "Grande semplificazione - dice il Cav - e due sole aliquote al 23 e al 32" - lasciando intravedere una riduzione del carico fiscale per tutti.
Nel perdurare della grande crisi finanziaria e produttiva, con il debito pubblico a livelli altissimi, con i vincoli europei di bilanci, per quanto si tagli, anche in servizi essenziali come si è già fatto, il miracolo di abbassare le tasse a poveri e ricchissimi, a operai e industriali, a pensionati e percettori di rendite, insomma a tutte e a tutti, non si può fare, meno che mai con effetti importanti già nei tre anni residui della legislatura. Si può tutt'al più ottenere uno stralcio che dia un segnale, un'indicazione di tendenza che realizzi, più che un alleggerimento, una redistribuzione del carico fiscale attraverso lo spostamento dal livello centrale a quello periferico, dalle imposte sul reddito alle imposte sui consumi. Il fisco che così si prospetta è un Robin Hood alla rovescia: toglie ai poveri (e alla classe media) per dare ai ricchi e addirittura ai nababbi.
Non escludo che questo sia un obiettivo strategico della destra: masse impoverite, prive di diritti e di denari, si governano più facilmente. Ma l'obiettivo principale della mossa del cavaliere riguarda in verità più l'oggi che il domani. Il rilancio del tema e un provvedimento stralcio avranno l'effetto di gettare il panico e la confusione tra gli avversari, un centrosinistra e una sinistra che sulle tasse da tempo immemorabile balbettano, senza essere in grado di offrire una prospettiva, di fare un ragionamento chiaro. Si è notato un grande imbarazzo del Pd (e anche nel sindacato), mentre Di Pietro, annusando l'aria, dichiarava di essere d'accordo con il Cavaliere.

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