3.1.10

Stalin in seminario (da Roy Medvedev)

Roy Medvedev, georgiano di Tbilisi, figlio di un bolscevico ucciso dalla repressione stalinista e riabilitato al XX Congresso, storico di vaglia, fu, insieme al fratello Zhores, uno dei maggiori rappresentanti del dissenso in epoca brezhneviana. Studiò soprattutto l'epoca staliniana, con acutezza nei limiti di ciò che l'epoca consentiva. Nei suoi scritti non mancano, infatti, reticenze e la lettura dello stalinismo è molto legata alla figura del suo "eroe eponimo", il baffuto dittatore giorgiano che aveva costruito intorno a sè il culto della personalità. E' perciò meno attenta ai processi e alle stratificazioni sociali che strutturano l'Unione Sovietica staliniana. A margine di più ponderosi studi pubblicò un libretto Stalin sconosciuto, nel quale illustrò, da una angolazione particolare, i momenti topici della biografia di Baffone e gli aspetti meno noti della sua personalità. Ne ho tratto le notizie e la testimonianza che compongono questo breve post.

Nella formazione di Stalin furono decisivi i cinque anni di studio nella scuola ecclesiastica di Gori e i tre nel seminario ecclesiastico di Tiflis. Vi regnava un clima di oscurantismo, di ipocrisia e delazione, che educava ad un tempo sia alla scaltrezza e alla simulazione sia al dogmatismo e all'intolleranza. Secondo Medvedev, che insegnò a Tbilisi dal 1941 al 1946 e raccolse lì molte testimonianze, anche leggendarie sull'adolescenza di Stalin, era stato costui in persona a ordinare nel 1938 di risparmiare la vita ai suoi ex insegnanti del seminario a quel tempo ancora vivi. Per la figlia Svetlana che ne scrisse nel libro Soltanto un anno l'istruzione ecclesiastica era stata l'unica forma di educazione sistematica per il ragazzo in perenne conflitto con il padre e aveva contribuito a formarne il carattere: "Non fu mai dotato di sentimento religioso e le infinite preghiere forzate, in un giovane che non aveva fede, suscitavano il risultato opposto, lo spingevano a un estremo scetticismo verso ogni cosa celeste o spirituale. In luogo dell'esperienza religiosa autentica egli sviluppò in sè la tendenza all'ipocrisia, alla falsa devozione, alla doppiezza, difetti caratteristici di non piccola parte del clero, la quale crede solo esteriormente, in realtà non crede affatto [...]. Dalla sua esperienza del seminario aveva concluso che gli uomini sono per lo più intolleranti, volgari, che ingannanno ciascuno il proprio "gregge" e in tal modo lo tengono in pugno, che intrigano e mentiscono...".

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