10.3.10

Il bastone della legge contro le caste. (Un libro e un articolo di Michele Ainis)

Michele Ainis, messinese, è costituzionalista e giurista di vaglia, docente alla Terza Università di Roma; ma si distingue anche per coraggio e impegno civile. E’ autore di libri su temi scottanti: il penultimo è un pamphlet dedicato agli strappi giuridici che permettono lo strapotere vaticano sullo stato italiano, dal titolo Chiesa padrona (Garzanti, 2009); l’ultimo, La cura (Chiare lettere, 2009) mette in fila dieci proposte, una sorta di decalogo, come terapia d’urto per una Italia malata di “feudalesimo”. Illuminista anche nel suo fondamentale ottimismo ama citare il Voltaire che affermava: “Volete buone leggi? Bruciate quelle vecchie e fatene di nuove”. Ma aggiunge sempre che la massima non vale affatto per la nostra Costituzione, ché anzi “la terapia molte volte si trova nella Carta”. “Si tratta di ‘bruciare’ – ha detto nel novembre scorso a Federico Tulli, nel corso di una intervista per “Left-avvenimenti” – la disapplicazione delle regole. Perché ci sono soluzioni mai sperimentate e dunque tradite”.

Ainis è anche collaboratore assiduo de “La Stampa”. Il 20 febbraio scorso, nel pieno del nuovo scandalo italiano, vi ha pubblicato un articolo in cui rilancia alcune delle proposte de La cura, convinto com’è che il diritto possa creare condizioni che ostacolano l’espandersi della corruttela. E’ ovvio che non parla della stupidaggine destrorsa e berlusconica dell’inasprimento delle pene, misura assolutamente inutile, ma di leggi e di riforme. Non condivido al cento per cento quello che scrive e propone nel libro e nell’articolo, ma una grandissima parte di esse dovrebbe fare parte del programma di una sinistra vera e nuova. Mi piace soprattutto la sua insistenza contro l’inamovibilità di politici e grandi burocrati e per le incompatibilità. Con “micropolis”, con Renato Covino soprattutto, mi sono trovato a combattere una battaglia di principio per scampare la Regione Umbria da poltrone a vita e incrostazioni di potere. Credo che sia tempo di costruire, intorno al principio, iniziativa e consenso in tutta Italia. Intanto ringrazio il professore Ainis e posto qui il suo articolo, insieme a un estratto dal suo decalogo. (s.l.l.)



Il potere senza data di scadenza

Michele Ainis

Uno sdegno collettivo monta nella società italiana. Si spegnerà presto, lo sappiamo già per esperienza. D’altronde la tensione etica è come quella erotica. Non dura a lungo. Nel frattempo la corruzione occupa tutta la nostra scena pubblica.

Inchieste giudiziarie, grida d’allarme della Corte dei conti, statistiche nerissime (da Eurispes a Transparency International), dibattiti di seconda mano sul rapporto fra società politica e società civile. Infine l’esecrazione risuona nei pulpiti più alti, dal presidente del Consiglio al papa. La terapia? Sempre la stessa, inasprire pene e penitenze. Come se un anno di galera in più possa dissuadere il peccatore.

Tuttavia non è vero che il diritto sia impotente a curare la nostra etica pubblica. E specularmente non è vero che in Italia quest’ultima voli rasoterra per un tratto antropologico, per un cranio di Lombroso che ci hanno trasmesso i nostri avi. Gli italiani, al pari degli esquimesi o degli indiani, non sono né diavoli né santi. O meglio sono gli uni e gli altri, dipende dalle regole del gioco. Se alle nostre latitudini è in gran voga l'intrallazzo, dobbiamo domandarci cos’abbiano di speciale queste regole rispetto agli altri Stati. Se l’intrallazzo governa la seconda repubblica al pari della prima, dobbiamo inoltre chiederci quali regole siano sopravvissute con la medesima divisa dopo Tangentopoli.

Ma la risposta non è affatto complicata, perché la corruzione galleggia sempre in un sistema chiuso, oligarchico, senza ricambio di classi dirigenti. Nuota a suo agio dove il mare è opaco. Dove i controllori coincidono con i controllati. Dove manca ogni separazione fra economia e politica, così come fra amministrazione e governo. Dove infine la cultura del merito sta solo sui libri, perché nella vita reale l’appartenenza trionfa sulla competenza.

È a questi mali che dovremmo dedicarci. Rovesciando le regole che li hanno allevati, a cominciare dalla scarsa trasparenza degli appalti così come dei concorsi. Mettiamo tutto online, come dice Brunetta; ma stabiliamo inoltre che in ogni procedura i commissari siano sempre sorteggiati, e che rispondano delle proprie scelte. Scriviamo una legge sulle lobby, quale esiste negli Usa fin dal 1946. Sbarazziamoci dello scandalo giuridico che permette al governo di nominare i giudici contabili e amministrativi. Sminiamo il campo dai troppi conflitti d’interesse benedetti dalla legge. Eliminiamo lo spoil system, restituendo ai funzionari pubblici la neutralità promessa dalla Carta. Insomma poniamo il diritto al servizio dell’etica pubblica, invece di baloccarci con la riforma del bicameralismo.

E c’è poi un’ultima regola su cui dovremmo usare lo scalpello: quella che rende immarcescibili le facce dei potenti. Difatti un potere senza data di scadenza può inebriare anche gli astemi. Ti senti invincibile, ma il senso d’impunità è il primo alimento della corruzione. Per questa ragione nell’antica Grecia le maggiori cariche duravano un anno o anche soltanto un giorno, come nel caso dell’epistate dei pritani, il capo dello stato. Per la medesima ragione potevano ricoprirsi una sola volta nella vita, o al massimo due volte. In democrazia - diceva Aristotele - si governa e si viene governati a turno. Tuttavia il principio della rotazione delle cariche non è affatto un fossile giuridico, se vincola la stessa presidenza degli Stati Uniti. Invece Bertolaso ha iniziato a dirigere la Protezione civile nel 1996, tre lustri fa. In Italia è la regola, e infatti alle prossime regionali Errani e Formigoni s’apprestano a toccare il ventennio di comando, benché una legge del 2004 renda assai dubbia la loro elezione. Ecco, la legge. Usiamo il bastone del diritto per vietare le poltrone a vita, nella società politica non meno che nella società civile. Se non altro costringeremo corrotti e corruttori a rinnovare l’agendina telefonica.

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