Gli anticomunisti di cinquant’anni fa, specie nel Sud, ove la base del Pci era composta in prevalenza da braccianti e mezzadri poco o punto scolarizzati, rappresentavano il militante di sinistra come un militonto, capace di negare anche l’evidenza con l’unica motivazione: “L’Unità non lo dice”.
Era una immagine di comodo che lasciava trapelare un profondo disprezzo per il popolo lavoratore, ma che conteneva qualche elemento di verità. Nell’addavenì Baffone c’erano messianismo e fideismo, cose che esaltano la combattività, ma di rado favoriscono lo spirito critico.
L’impressione è che oggi le parti si siano rovesciate. Esiste un popolo della destra, una sorta di zoccolo duro che, qualsiasi cosa accada, qualunque argomento si porti, continua a credere nelle favola bella di Silvio. Chi sono? Credo che siano da ricondurre a due grandi categorie. In primis un’area di persone anziane, uomini e donne, con pochi contatti, che costruisce la propria immagine del mondo attraverso la televisione berlusconizzata. C’è poi una folla di individui che escono di casa e spesso non mancano di rapporti umani e sociali, ma trasformano in fede religiosa il senso comune reazionario. Sono poliziotti, carabinieri e militari in genere, in attività o in pensione, sono bottegaie e bottegai di tanti settori tuttora grati per la grande rapina che il primo governo Berlusconi consentì loro al tempo del cambio della lira in euro. Costoro leggono (o almeno sfogliano) il quotidiano locale, ma anche “Il Giornale” della famiglia Berlusconi o “Libero”; bazzico poco il Nord, ma scommetto che lì alcuni leggono la Padania. Sono persone che incontri al mercato, al bar, sul bus, in treno, ai giardinetti e, quando parlano, ne noti subito il manicheismo. Per loro i cattivi sono stranieri, drogati, sindacati e comunisti (hanno cambiato nome ma sono sempre quelli). Per loro i politici sono tutti ladri, ma politici sono sempre quegli altri, non quelli della destra. Per loro Berlusconi farà anche qualche monelleria ma i veri porconi e pervertiti sono i froci e i magistrati. Questa credulità è a prova di bomba: non c’è notizia o argomento che possa scuoterla.
Ho desunto queste superficiali riflessioni dall’ascolto (a scrocco) di una conversazione al mercato tra un fruttivendolo e un anziano signore, uno dei catoni che mi accade di incontrare in bus. Commentavano gli articoli su Cucchi del quotidiano “Libero”. Se lo mostravano. Dicevano: “Hai visto quel ragazzo di Roma. E’ stata la droga, altro che le botte”. E giù parolacce ai comunisti, ai sindacati, ai rumeni, a quel frocio di Pannella.
Ho voluto comprare “Libero” per vedere di persona che cosa ci fosse scritto. Sull’argomento ci sono due articoli che coprono quasi per intero la pagina 21. Uno, di cronaca, di una Fabiana Ferri: La verità su Cucchi: non è morto per le botte; l’altro di commento della più nota Maria Giovanna Maglie dal titolo Giovanardi aveva ragione. Stefano l’ha ucciso la droga. Probabilmente – mi sono detto – si basavano sui titoli ultrabugiardi che confermavano i loro pregiudizi e non avevano letto gli articoli. Credo che però valga la pena di esaminare il tutto un po’ più approfonditamente per comprendere il meccanismo della falsificazione.
Il pezzo della Ferri ha anche un sommario Il pestaggio degli agenti c’è stato, ma non letale. Sotto accusa i medici. Strano modo di esprimersi e forse di pensare: lascia intendere che nella giusta misura (chissà chi la fissa!) i detenuti si possono anche picchiare, specie se sono quelli delle “direttissime”, piccoli spacciatori, ladruncoli tossici o zingari, marocchini. Potrei dire che è una scelta “di classe”: i medici ospedalieri come quasi tutti i pubblici dipendenti sono tra i bersagli di questo giornalismo, anche se non quanto i gli insegnanti o i magistrati, ma non lo sono i carabinieri, i poliziotti, i finanzieri, le guardie carcerarie. Dal tempo della caserma Diaz il messaggio alle forze dell’ordine di questa destra è un inequivocabile incoraggiamento dello “sbirrismo” e cioè: “Esercitate liberamente uno strapotere sui poveracci, maltrattateli e picchiateli, purché siate servili e condiscendenti con i potenti di ogni specie e categoria. La cronaca della Ferri è incentrata di conseguenza su un solo concetto: i periti nominati dal Parlamento dicono che è morto di disidratazione perdendo 10 chili in sei giorni, pertanto gli agenti con la sua morte non c’entrano nulla.
Il commento della Maglie, ex di tante testate e tante idee (ex “L’Unità”, ex Rai, ex Radio Radicale, ex “Il giornale”, ex Radio Sole 24 ore, ex “Il Foglio”), non corrisponde a quel “l’ha ucciso la droga” che nel titolo lascia pensare a un’overdose o a un taglio sbagliato delle sostanze, ma, se possibile, è perfino peggio. La giornalista, infatti, non si limita a difendere gli sbirri, ma maramaldeggia e fa lo sciacallo, buttando fin dall’inizio la colpa sul povero Stefano, indicato come uno di quei giovani “fatti e corrotti di droga” che “se la sono andata a cercare la morte e alla fine ce l’hanno fatta a trovarla lungo la strada”. Anche lei dice “è morto di disidratazione e non di botte, anche se le botte le ha prese, di non accettare certe terapie ha scelto cocciutamente e stupidamente, probabilmente non calcolando le conseguenze nella sua mente malata”. Tutto questo prepara il colpo a sorpresa di Maria Giovanna: la difesa di quel Giovanardi che a caldo aveva detto: “era un zombie, è stata la droga”.
Sono tesi che non hanno bisogno di essere confutate. Basterebbe ricordare che la commissione parlamentare, presieduta dal senatore Marino, si occupava solo di quanto è accaduto a Cucchi nelle strutture sanitarie e che pertanto l’indicazione della causa immediata della morte non esclude affatto un concorso di colpa dei “picchiatori” in quello che per molti (me incluso) è un omicidio. Basterebbe aggiungere che il rifiuto delle terapie era una forma di lotta non violenta scelta da Stefano, per ottenere, com’era diritto , di incontrare l’avvocato. Ma questo “Libero non lo dice”.
Ho letto il tuo post, e non mi stupisce vedere che nessuno si sia scomodato di commentare. Visto peraltro le baggianate che scrivi.
RispondiEliminaQuel giorno in cui hai deciso di comprare Libero, credo tu non ti sia spinto oltre, ovvero credo tu nn abbia sborsato un obolo in più per acquistare anche il Corriere della Sera, o Repubblica. Lo dico con una certa sicurezza - ma posso anche sbagliare - perchè altrimenti ti saresti accorto che il pezzo di cronaca di "una Fabiana Ferri", non faceva altro che riportare, appunto, la CRONACA di quanto stabilito, quel giorno, dai consulenti tecnici della commissione parlamentare d'inchiesta sull'efficacia e l'efficienza del servizio sanitario nazionale - non esattamente un pincopallo qualunque - e non una parola in più. E in quel pezzo,al contrario di quanto sostieni, non c'è alcun commento (come in quello della Maglie, invece).
Prima di sparare a zero (questo è purtroppo il potere della rete: ciunque può scrivere cretinate senza che nessuno gli dica nulla)sarebbe, dunque,cosa buona e gusta, che tu ti informassi davvero.
Un giornalista.