30.3.10

"L'Ora", un giornale contro la mafia (S.L.L.)


Quando non c’era la Tv, o anche dopo, quando ancora la televisione funzionava solo il pomeriggio e i telegiornali erano pochi e ad orari fissi, erano i quotidiani del pomeriggio che davano notizia degli accadimenti del mattino con i primi commenti. 
Il Pci, che al tempo era all’avanguardia nella comunicazione politica, pensò bene di usare quel canale, economicamente poco redditizio in un paese che leggeva poco a tutte le ore del giorno e della notte, ma tante volte assai efficace. I grandi quotidiani, infatti, molto di rado si permettevano edizioni straordinarie. Erano perciò le locandine o le prime pagine di quei giornali minori ad attrarre il pubblico in paesi e città le cui strade, di pomeriggio, erano affollate di persone e non di automobili.
La testata più importante tra quelle legate al Pci fu “Paese sera”. Credo che desse una mano a costruire orientamento politico nelle borgate della capitale, quelle dove era fortemente insediata la speranza comunista. Ma non so dire altro: è un giornale che ho letto e comprato, ma in anni più vicini ad oggi. Negli anni Settanta e Ottanta era diventato un giornale del mattino ed ebbe direttori di valore come Beppe Fiori e Piero Pratesi.
L’altro glorioso giornale della sera legato al Pci fu il palermitano “L’Ora”, su cui credo di sapere qualcosa di più anche per memoria diretta. Ricordo al mio paese la gente ad affollarsi per avere nuove della strage mafiosa di Ciaculli o dell’uccisione del commissario Tandoj o della frana di Agrigento davanti all’unico giornalaio che vendeva quel quotidiano e che aveva la buona abitudine di esporne la prima pagina per attirare qualche acquirente. Ricordo anche la gioia e la meraviglia che provai per la campagna che “L’Ora” scatenò contro un deputato regionale della Dc, l’avvocato Dino Canzoneri, originario di Prizzi, per le sue relazioni con la mafia. Non ricordo l’anno e credo che non fossi ancora diventato comunista; ma i democristiani non mi piacevano già allora e i mafiosi ancora meno. Mio padre era un uomo di destra, ma mi aveva trasmesso un’avversione feroce per quella gentaccia. Ero perciò contento di quegli attacchi così diretti, di quel cognome stampato grosso in prima pagina.
Lo stupore si traduceva in un dilemma. Com’era possibile che “L’Ora” pubblicasse quelle cose e Canzoneri rimanesse deputato regionale? Oppure: com’era possibile che l’avvocato democristiano, giudicato senza colpe, rimanesse a Sala D’Ercole e che intanto si continuasse a pubblicare un quotidiano che osava quegli attacchi infondati? 
Di quella vicenda rammento altre cose: il Canzoneri, difensore in giudizio di Luciano Liggio, otteneva le sue preferenze nei paesi e nelle borgate cittadine a più alta concentrazione mafiosa ed osò dichiarare in Assemblea regionale che il boss di Corleone era un “sincero anticomunista” e per questo veniva perseguitato. Non si parlava ancora di toghe rosse, ma certi atteggiamenti erano diffusi già allora. Non saprei però dire se tutto ciò lo appresi da “L’Ora” o, almeno in parte, da altre successive letture.
Un’altra cosa però rammento. Erano gli anni in cui a Palermo spadroneggiava il trio Va-Li-Gio (così era indicata l’alleanza politico-affaristica tra il costruttore Vassallo, l’onorevole Gioia e il sindaco Lima). Il Vassallo, oltre che grande speculatore e appaltatore di lavori pubblici, era affidatario con l’imprenditore Cassina di importanti servizi comunali (la manutenzione strade e la “netturbe”, come la chiamavano a Palermo). “L’Ora”, allora, praticava un giornalismo d’inchiesta che non attendeva le veline della Questura o della Procura, in quell'epoca assai proclivi al disimpegno o all’insabbiamento, per individuare il malaffare. Cassina e Vassallo decisero di sfidare quel giornale anche sul suo terreno: impegnarono mezzi e pagarono pennivendoli per mettere su una testata pomeridiana concorrente, “Telestar”, che usava titoli gridati e predicava un anticomunismo di tipo vandeano, oltre a difendere sistematicamente, anche con depistaggi e calunnie dirette agli avversari, democristiani e mafiosi.
Su “L’Ora” vale la pena di leggere L’Ora dei ricordi, uno dei libriccini blu di Sellerio che raccoglie i ricordi di quel giornalismo di prima linea che pagò anche con i suoi morti ammazzati (Cosimo Cristina, Giovanni Spampinato, Mauro De Mauro). E’ opera di Vittorio Nisticò, che fu direttore del quotidiano palermitano dal 1954 al 1975. Nisticò proveniva dalla redazione di "Paese Sera", e appunto nel 1954, quando l’antico giornale progressista dei Florio, fu acquisito da una società legata al Pci, fu scelto per dirigere il giornale. Con il Pci siciliano ebbe tuttavia qualche problema. L'acquisizione del giornale da parte del partito doveva rimanere riservata e pochissimi funzionari ne erano a conoscenza e tuttavia così lui stesso racconta: "Già all'indomani del mio arrivo più di un dirigente locale si presentava al giornale con l'aria del padroncino di casa. [...] Non ebbi altra scelta che stabilire il divieto di cellule all'interno del giornale e, per i redattori, di assumere incarichi di pubblica militanza politica".
Alla fine di febbraio una mostra fotografica su Nisticò e su “L’ora”, curata tra gli altri da Michele Figurelli, è stata aperta a Palermo, al Palazzo Steri, sede del Rettorato dell’Università. Non trovo nella rete alcuna indicazione sulla durata. Spero che intorno a Pasqua sia ancora aperta. Vorrei vederla.

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