17.5.10

Babbaluci (S.L.L.)


Babbaluci o Babbaluciu è, a Palermo e in Sicilia (ma in alcune aree si dice Vavaluci), il ben noto mollusco in toscano detto “chiocciola”. La “lumaca”, il consimile cornutissimo mollusco privo di guscio, è detto Mammaluccu. A Palermo i babbaluci si mangiano di preferenza d’estate e, per antica usanza, allietano la tavola nel giorno di san Giovanni Battista (24 giugno) e durante il fistinu di Santa Rosalia (dal 13 al 15 luglio). Il gran consumo, al limite dell'abuso, ha generato il detto:
Babbaluci a sucari
e fimmini a basari
‘un ponnu mai saziari
(Chiocciole da succhiare/ e donne da baciare/ non possono mai saziare).




Tuttavia Babbaluciu è usato anche come supremo insulto, concentrato di molti insulti: 
T’aju dittu babbaluciu. E quannu t’aju dittu babbaluciu t’aju dittu tutti cuosi: portancuoddhu, stricanterra, curnutu e bavusu (Ti ho detto chiocciola e quando ti ho detto chiocciola ti ho detto tutto: facchino, striscia a terra, bavoso e cornuto).



Sono tre i tipi di babbaluci consumati in Sicilia: i Babbaluci in senso stretto, piccoli e bianchi; gli Attuppateddi, chiusi da una membrana grossa e scura; infine i Crastuni (o giurbini o scataddhizzi) grossi e scuri.
In Sicilia è usanza mangiare i babbaluci con le mani, ma la tecnica per tirarli fuori dal guscio è davvero particolare: i siciliani doc procurano alla conchiglia, con un dente canino, un buco piccolo piccolo opposto all’apertura del nicchio testaceo, in modo da creare un canale d’aria che farà uscire il babbaluciu, nel momento della suzione.

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