26.8.10

"Luxury" e "cafonal". Un libro fotografico sui nuovi ricchi.

Ordinano champagne per lavarsi le mani, adornano i collari dei cani con oro e diamanti e si muovono solo su jet privati. Sono i nuovi Paperoni che il fotografo della Magnum Martin Parr ha seguito da Dubai a Mosca, da New York a Monaco, tra fiere del lusso, sfilate di moda e corse dei cavalli, tra il 2004 e il 2008. Il risultato è nel volume Luxury (ed. Chris Boot, 40 dollari, 120 pagine), un mondo cafonal. Parr è nato a Epsom, in Inghilterra, nel 1952.

In questo post propongo alcune immagini tra quelle accessibili nella rete, l’intervista rilasciata da Parr a Micol Passariello ripresa da Repubblica-Web e un ampio stralcio dalla recensione di Giuseppe Culicchia apparsa su “La Stampa” il 27 dicembre 2009. (S.L.L.)


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Il cinismo di Martin. Un’intervista di Micol Passariello

Mr. Parr, nel suo ultimo lavoro, Luxury, mette sotto la lente i ricchissimi, perché? Sono davvero così interessanti?

"Povertà e stenti sono da sempre il baluardo della fotografia "impegnata". Io ho voluto fotografare ricchezza e lusso con lo stesso spirito. Piuttosto che raccontare guerre, carestie ed epidemie, preferisco ritrarre con piglio satirico manie, ossessioni e volgarità della gente. In questo caso ho scelto il microcosmo degli ultra-ricchi, perché, mentre il mondo sprofondava nel buio di una crisi sempre più nera, c'era chi se la spassava ballando da un party all'altro, da uno yacht a un superattico".

Ma la ricchezza è sempre esistita: dov'è la novità?

"La novità è in chi la possiede oggi. Questo è un ridicolo piccolo mondo dalle luci abbaglianti e i sorrisi smaglianti, che si muove tra la Millionaires Fair di Mosca, il Dubai Art Fair, l'Art Basel Miami, le sfilate di moda e le corse dei cavalli, i charities parties di Hollywood o il Motor Show di Beijing. Vive in hotel di lusso come il Ritz-Carlton di Mosca, il Burj-al-Arab di Dubai, il Four Seasons di New York o il Claridge's di Londra. Che stiano tra le temperature siderali moscovite o sotto il sole infuocato australiano, gli ultra-ricchi continuano a sorseggiare cocktail, accendere sigarette e a nascondersi dietro grandi occhiali da sole neri, come fossero star che cercano di passare inosservate (ma da chi?)".

Ritrae i suoi milionari con colori accesi e toni pop, come fossero i protagonisti di una soap alla Dinasty.

"Infatti sembrano usciti da una soap. Si credono chic ma sono la fiera del kitsch. La loro è una ricchezza ostentata, fatta di eccessi e sfarzi pacchiani. Fotografandoli non ho avuto pietà (e mi sono divertito). Ho ritratto bocche spalancate che s'ingozzavano di tartine, pance debordanti di grasso, macchie di sudore su abiti di haute couture, make-up pesanti sulle espressioni plastificate dei volti al botox e cappelli che sembrano torte nuziali multistrato. La parola d'ordine è grottesco, la modestia non fa parte di questi jet-setter internazionali, che rappresentano con fierezza il nuovo, superficiale mercato del lusso. Queste immagini sono l'epitaffio di una società ingorda, vorace e volgare destinata a esplodere alla svelta, come una bolla di sapone".

Il personaggio emblema di questo lusso kitsch?

"Un sultano arabo che, dopo la costosissima cena, ha ordinato una bottiglia magnum del miglior champagne per sciacquarsi le mani: la cultura annegata nel disprezzo".

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Tutto il mondo è cafonal. Un articolo di Giuseppe Culicchia

E' vero: mancano tra gli altri alcuni notevoli esemplari italiani non solo brianzoli, e oltre a questi soprattutto il capostipite made in Usa, Braddock Tarleton Washington, ovvero il proprietario del diamante «grosso come l'Hotel Ritz», immortalato da Francis Scott Fitzgerald nel celebre racconto omonimo. Ma Luxury, repertorio di arricchiti e parvenu del fotografo Martin Parr, appena pubblicato in America dall'editore Chris Boot con una prefazione di Paul Smith, non ha naturalmente la pretesa di essere esaustivo.

Trattasi semmai, per quanto attiene al genere, della famosa cosiddetta punta dell'iceberg, o se si preferisce, visto il soggetto, di una sorta di crème de la crème. E però, insieme, anche di un vero e proprio trattato di antropologia per immagini. L'obiettivo del reporter della Magnum è come si richiede in questi casi impietoso. Scorrono dunque trionfi o disastri, dipende dai punti di vista e da come ci si guarda allo specchio, di botulino e silicone; cani freschi di parrucchiere e gatti ingioiellati; matrone cariche di quantità industriali di gioielli ma con addosso lo stretto indispensabile in termini di stoffa ovviamente firmata e neo-milionari incerti sul da farsi quando si tratta di portare una bombetta alle corse dei cavalli; smorfie oscene a un tavolo con vista panoramica sulle nevi di St. Moritz e tacchi vertiginosi su gambette tozze in un grande albergo di Dubai; e poi ancora tubini leopardati in pura seta all'Art Basel di Miami Beach oppure chiazzati di pura maionese alle corse di Ascot, per tacere della ciccia che sborda da ogni dove, malgrado diete e massaggi e personal trainer e palestre e bisturi e prodotti di bellezza e soggiorni in beauty-farm.

Dappertutto, dalla Russia alla Florida, tra un matrimonio a Delhi e una vernice a Kassel, gli stessi identici nasi e zigomi immancabilmente rifatti, e le stesse identiche flute colme fino all'orlo dell'immancabile champagne. E tra gli accessori come si dice «indispensabili», ad Abu Dhabi come a Melbourne, gli scontati ma carissimi occhiali da sole di ogni marca e foggia e però sempre e comunque extra-large, e gli ovvii telefoni cellulari dorati o platinati oppure rosa o magari viola, con qualche mese di anticipo sulla moda della prossima (attuale) stagione. Per tacere dell'ubiquità del sigaro di grosso calibro, alla Millionaire Fair di Mosca e altrove, e del proliferare di cappellini va da sé stravaganti a ogni Grand Prix, fin nello Sri Lanka.

Insomma: se da un lato sarebbe vera e propria crudeltà mentale chiedere a un nouveau-riche di prendere a modello Lord Brummel, secondo cui com'e' noto la vera eleganza stava nel passare inosservati, dall'altro anche per i nouveau-riche il mondo al tempo della famosa globalizzazione pare essersi, più che ristretto, liofilizzato. Intercambiabili a questo punto, lo sappiamo, sono non solo gli status symbol e i tic, i luoghi e le manie, i divertimenti e gli svaghi, i consumi e i costumi, ma proprio le facce, le mani, i corpi. Di modo che in questa nostra epoca in cui perfino le marmellate sono ormai «limited edition», l'individualismo più sfrenato finisce col produrre la beffa atroce dell'omologazione a cascata, capillare. E le immagini a colori accesi di Martin Parr, impareggiabile collezionista di souvenir trash, sono la prova di come lo stile «cafonal» sia ormai egemone. Paul Smith, sarto britannico che proprio «cafonal» non e', scrive con un certo ottimismo che «la crisi economica mondiale porterà a un riassestamento dei nostri valori», tesi sostenuta nei mesi scorsi da più parti; ma subito dopo prosegue chiedendosi se mai i protagonisti degli scatti di Parr e i loro emuli in giro per il mondo capiranno che nessuno ha davvero bisogno di possedere tre yacht, o di volare sempre su jet privati.

La domanda, a fronte del recente allarme di Draghi per il fatto che la speculazione finanziaria che aveva appena portato il mondo sull'orlo del baratro è già ricominciata, e viste le prenotazioni raccolte da Richard Branson per la sua nuova impresa di turismo spaziale, appare purtroppo retorica. […]L'ostentazione grottesca che straripa dalle pagine di Luxury è oggi parte integrante del modello culturale dominante. […] Le fotografie di Luxury sono molto piu' che un semplice reportage sull'apoteosi planetaria del Kitsch o sugli usi e costumi dell'oligarchia finanziaria al potere ai quattro angoli del mondo: si tratta infatti di immagini complementari a quelle degli iceberg alla deriva o dei capodogli spiaggiati.

Martin Parr, fotografando lo spreco incalcolabile che ne e' all'origine, documenta il nostro tramonto.

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