Non pochi quotidiani hanno dedicato oggi lo spazio di prima pagina a un botta e risposta tra il ministro Alfano e l’Associazione Nazionale Magistrati, rappresentata dal suo presidente Luca Palamara, a proposito del cosiddetto “processo breve”. “La Stampa” così sintetizza il confronto nel sommario: I magistrati:“Non è una priorità”. Alfano:vogliono che nulla cambi.
La magistratura organizzata pensa insomma che “in un momento nel quale la giustizia è al collasso e si verificano allarmanti episodi di violenza e minacce” , disegni di legge come quello sul processo breve sono una perdita di tempo”. Le reali emergenze - dice Palamara – sono altre e le enumera: corruzione, criminalità organizzata, situazione carceraria, carenza di mezzi e risorse, informatizzazione, snellimento delle procedure”.
Il ministro sbandiera come successi del solo governo la cattura di pericolosi mafiosi a lungo latitanti e la confisca dei beni delle organizzazioni criminali, denuncia l’insopportabile lunghezza del processo penale e accusa la magistratura di comportarsi come una casta privilegiata che difende i propri privilegi.
Chi ha ragione?
La magistratura organizzata ha torto.
Innanzitutto per il metodo. Abbiamo da lungo tempo imparato che il correre dietro alle emergenze è la strada migliore per crearne sempre di nuove. Sappiamo anche che codesta prassi infausta al potere piace, perché ogni potere, incluso quello giudiziario, usa l’emergenza per aver mano libera nella sua azione, attraverso la riduzione della trasparenza e dei controlli.
Ma l’Anm ha torto anche nel merito: la lunghezza dei processi non è certo un’emergenza, ma è di sicuro una priorità, da qualche tempo anche costituzionale, visto che il diritto ad avere resa giustizia in tempi ragionevoli è stato, per ottime ragioni, costituzionalizzato. E’ un diritto fondamentale come il lavoro, la salute, l’istruzione, la libertà di stampa. Stupisce che la bandiera di un sistema giudiziario capace di emettere sentenze definitive in tempi ragionevoli non sia stata impugnata, per esempio, dalla associazione dei familiari delle vittime di Ustica. E stupisce che la critica della lentocrazia giudiziaria sia stata regalata alla destra.
Nel centrosinistra parlamentare solo la pattuglia dei radicali sembra avere la consapevolezza dell’iniquità classista dell’attuale stato delle cose. Ci sono le galere piene di poveri disgraziati, in attesa di giudizio e processati per direttissima. Ma per i reati dei “colletti” bianchi (una gamma vastissima, dalla frode in commercio alla corruzione in atti pubblici, ai reati bancari, all’usura, fino alle e a tante altre spaventose responsabilità per gl’infortuni sul lavoro, tanto per fare pochissimi esempi) le leggi farraginose, le indagini complicate, gli avvocati cavillosi, l’inefficienza del sistema, rendono il processo lentissimo e assai probabile l’impunità nella forma della prescrizione.
Com’è noto il disegno di legge del “processo breve” ha come sua ratio di indicare la durata massima dei processi penali in ciascuna delle sue fasi, distinguendo tra reati con pene previste fino a 10 anni (durata massima tre anni per il primo grado, due per l’appello, uno e mezzo per la Cassazione) e oltre 10 anni (quattro anni il primo grado, due per l’appello, uno e mezzo per la cassazione). Un ulteriore allungamento dei tempi è previsto per i reati di mafia, terrorismo ed eversione per i quali il processo nelle sue diverse fasi può arrivare fino a 10 anni ed essere ulteriormente prorogato. Sono, in realtà, indicazioni di tempo massimo appena decenti: sette anni e mezzo sotto processo per un imputato che può anche risultare innocente e sette anni e mezzo di attesa per le vittime che attendono giustizia sono ancora troppi. Mi pare peraltro che ci sia del vero nella critica che taluni fanno alla “casta” magistratuale e che un tempo era una critica “libertaria”, di sinistra. Non è in discussione la professionalità e la moralità di giudici e procuratori, ma è nelle cose che quanto più numerosa sia la gente sotto processo o in attesa di sentenze, tanto più palpabile sia l’influenza dei magistrati sulla società circostante.
Pertanto, qualunque cosa ne pensino i magistrati, associati e non, una o più riforme che agiscano sinergicamente su più aspetti del sistema, dalla legislazione all’organizzazione, per ridurre drasticamente la durata dei processi bisogna farle prima che si può. E per questo una sinistra che si appiattisce sul “no” dell’Anm e ignora il dolore dei tanti incriminati innocenti o dei tanti poveracci, pensionati, operai, popolani, vittime di raggiri, prepotenze, ingiustizie, i cui autori godono di una sostanziale impunità perché hanno denari, conoscenze e buoni avvocati, non mi piace proprio. E tuttavia, se ha torto la magistratura (e la sinistra che sulla magistratura si appiattisce), i berlusconidi e il loro governo hanno torto marcio, da fare schifo. Il disegno di legge di cui si parla, infatti, è una turlupinatura, un imbroglio colossale (oltre che una legge "ad personam"). Come in una celeberrima fiaba siciliana Berlusconi e Alfano vendono merda spacciandola per miele. La loro infatti è una legge per buttare a mare i processi, non per concluderli in tempi ragionevoli con una sentenza.
Facciamo un esempio. Mettiamo che, per la necessità di accurate perizie e controperizie, per il gran numero di testimoni da sentire, per i rinvii dovuti all’abilità degli avvocati il giudice di primo grado non riesca ad emettere la sentenza contro dei costruttori che hanno risparmiato (e quanto!) sui materiali nella costruzione di case popolari e dei controllori che accettando regali hanno chiuso un occhio sulle loro magagne. Il processo si archivia senza sentenza. Tante scuse agli imputati costruttori che tornano a costruire. Altrettante agli imputati controllori che tornano a (non) controllare. Ma ai parenti delle vittime del crollo, ai tanti che hanno perso casa, suppellettili e ricordi le scuse basteranno?
Altri esempi in forma di domanda. Quanti processi alle grandi industrie responsabili di cancerogeni inquinamenti in vaste aree intorno alle fabbriche si concluderanno nei tempi indicati? Quanti processi alle imprese responsabili di "omicidi bianchi"?
No, questa non è la legge del processo breve. E’ un’altra legge vergogna. La legge della prescrizione anticipata e dell’impunità garantita. Una legge che pertanto non cancella, ma moltiplica l’attuale ingiustizia.
Io credo che vada bloccata. E penso che l’opposizione politica, sociale, culturale, telematica non possa affidare alla magistratura il compito di “resistere, resistere, resistere”, come se si trattasse di un problema corporativo o di una questione di rapporti tra potere esecutivo e ordine giudiziario. Mi augurerei una mobilitazione a più livelli: partiti, sindacati dei lavoratori e associazioni dei consumatori, circoli, gruppi, associazioni culturali, popolo della rete. E, aspettando Vendola, sogno una sinistra che, mentre si oppone alle infamie di Alfano e Berlusconi, propone, per oggi e non per domani, il “processo breve e giusto”, quello che giunge a sentenza, che assolve se c’è da assolvere e condanna se c’è da condannare.
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