20.9.10

Helga Koenigsdorf, la fine della DDR, la stanchezza dell'89.

Helga Koenigsdorf, scrittrice, poetessa e matematica della DDR, visse per molti anni dentro quella strana “patria” e quella strana “nazione”. Fu iscritta al partito comunista e in quanto tale partecipò a diversi congressi internazionali di intellettuali. Già qualche anno prima del fatidico 1989 cominciò a sentire insopportabile la menzogna che saturava quell’ambiente e si tuffò nella “rivoluzione civile” convinta che fosse l’occasione per fondare un’opinione pubblica di soggetti capaci di dire “io”. La sua riflessione degli anni 90 esprime pertanto di un doppio scacco: la difficoltà di elaborare il lutto per la patria perduta e la sostanziale sconfitta dell’89. Le due citazioni risalgono ai primissimi anni 90 e sono tratte da due brevi interviste che ho recuperato in un ritaglio di “Famiglia cristiana” e in uno da “il manifesto”, ma in nessuno dei due ho registrato la data. (S.L.L.)



“La mia intelligenza si era addormentata. Quando salivo i gradi della scala gerarchica del potere, non tanto in alto, ma comunque a un livello in cui le messinscena diventavano evidenti, in cui mi era consentito di dire soltanto ciò che era stabilito - come ho sofferto solo per questo avvilimento! -, a un livello in cui si parlava degli esseri umani con un linguaggio funzionale, un bel giorno la mia mano si bloccò, così che alle riunioni non potevo più scrivere niente. Il mio corpo era più desto della mia intelligenza. Oppose un rifiuto”.

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“In quell’autunno siamo stati eroi, folli e commedianti, ci siamo scordati dei nostri anni e dei nostri amori, perché nelle strade vinceva il futuro. Prima chiudevamo gli occhi e non gettavamo più quasi ombra, ora nemmeno noi stessi sappiamo quanta stanchezza ci avvolge”.

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